“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE
Split banana
Quando una società raggiunge un punto di non ritorno l’unico modo che ha per continuare a sperare di andare avanti è migliorare la comunicazione tra gli individui che la compongono, che detta così appare come una banalità colossale, ma che – visti e considerati gli aspetti non certo semplici nel cercare di far interagire anche solo due soggetti antropologicamente incompatibili – diventa utopia allo stato puro. Quando poi si parla d’arte, di come il concetto dell’arte, dell’estetica in genere, e in modo particolare di come e perché qualcuno viene considerato un artista mentre qualcun altro no, non è mai retorico ripetere certe cose, specie se queste cose vengono spiegate con altre parole in epoche diverse. In questi giorni all’Art Basel di Miami si sta svolgendo una mostra d’arte contemporanea in cui più che altro si è parlato – anzi, ripensandoci se ne è parlato perfino troppo poco visto il determinismo dell’artista che ha concepito e realizzato l’opera, perché come minimo il dibattito avrebbe dovuto essere ampliato ad una ben più vasta platea e fatto proseguire nei secoli a venire talmente è straordinaria l’opera in questione – di “Comedian” (che tradotto significa “comico”) un’opera d’arte del valore di 120000 dollari concepita nonché realizzata dal maestro Maurizio Cattelan, il quale, nel suo inimitabile e sconfinato repertorio ha voluto ancora una volta dare un saggio del suo immenso senso per l’arte appiccicando una banana vera con uno scotch grigio sulla parete di un muro bianco. Secondo quanto riportato su “Fanpage.it”, il titolo (“Comedian”) è stato scelto perché si riferisce alla battuta di un personaggio della serie tv “Arrested Development”e perché in sostanza l’idea nasce dalla frase per cui i ricchi non sanno quanto costa una banana. Evidentemente ora se lo sarà dimenticato pure lui, il maestro, quanto costa una banana, anche perché pare che l’abbiano pure battuta all’asta per 150000 dollari e, come se non bastasse, è arrivato anche un altro artista, tale David Datuna, il quale quella banana se le è mangiata dopo averla staccata dal muro filmando la scena e definendola lui stesso come una sua performance l’ha intitolata “Hungry artist”(ovvero “L’artista affamato”) spiegando, va da sé, che solo a lui – essendo un artista come il maestro – poteva venire in mente di mangiarsi la banana oltre che il concetto stesso di banana, proprio perché è come se un artista si mangiasse un altro artista. Speriamo soltanto che entrambi non si ricordino di rivedere “Johnny Stecchino” : dall’essere un artista a diventare un Ministro dei Rapporti con il Parlamento, oppure un boss mafioso latitante in cerca di un “aspirante” sosia da essere sacrificato al posto suo, il passo è breve. Ovviamente non mancherà chi dissente in toto da questa palese presa in giro nei confronti del maestro, identificandosi in filosofi, saggisti, critici d’arte – tutti quanti a dire che in arte non vale ciò che vale per la filosofia : ovvero che ciò che può essere dimostrato senza prove non si può negare, e che dunque il valore di una banana inteso come oggetto in sé ha un valore eccome quando viene esposto in un contesto determinato a segnalare la perdita di quel valore per il consumatore dello stesso oggetto, a prescindere dal fatto che sia un frutto e che perciò possa anche marcire – i quali, non senza una certa ipocrisia intellettuale, postuleranno in difesa in questo caso della banana tacciando i comuni mortali di incomprensione. Per fortuna però è risaputo quanto questi fenomeni del determinismo si scandalizzino di più nel vedere una banana esposta in un mercato della frutta piuttosto che essere venduta in una mostra d’arte contemporanea.