Empatia d’epurazione
14 Novembre 2018
Dilettanti o professionisti ?
27 Novembre 2018
Show all

Senza titoli

“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

Senza titoli

Il cambiamento è sotto gli occhi di tutti e nessuno se ne accorge,
tant’è che la metà dei più attenti è per assurdo d’accordo con i più
distratti nonostante entrambi non lo vogliano ammettere.
E’ vero che detta così – senza nessuno subito pronto a prendere in
giro chi l’avesse pronunciata – potrebbe sembrare un’aforisma, anzi,
più che un aforisma un vero e proprio espediente per attrarre in
qualche modo l’attenzione del lettore, cosa che d’altronde cerca di
fare chiunque abbia un minimo di visibilità in Rete o in qualunque altro
luogo virtuale o reale dove il proprio modo di esprimersi sopra le
righe rasenti quel malcelato vanto che alberga nell’animo di ognuno,
meglio noto/a come esibizione. Dire però che tutto potrebbe essere
visto come esibizione è paradossalmente riduttivo, perchè la
prospettiva di chi pensa che qualcuno possa esibirsi – mentre invece
altro non sta facendo se non che dire la sua – ne limita il giudizio,
circoscrivendolo a ciò che viene detto o fatto in un particolare
istante : va da sé che questo non significa che se la D’Urso invita
Bocelli alla sua trasmissione esortandolo più volte a guardare un video
sia un’esibizionista, vuol dire solo che in quel particolare momento
della sua vita artistica ha sentito il dovere di far finta di sbagliarsi
per rendere poi omaggio a un grande tenore (ed è a rigor di logica che
viene spontaneo usare un tono canzonatorio sia per il personaggio che
per l’episodio in sé) così come non vuol dire che Bufalino ostentasse un
malcelato vanto intellettuale quando proferì il suo noto “Esistono due
categorie di stupidi, una che crede a tutto e una che crede a niente e
purtroppo io appartengo a entrambe le categorie”, ma significa
piuttosto che l’autoironia esibita in quel particolare momento della
sua vita potrebbe essere vista come un tratto fondamentale della
sua filosofia. Da dove si dovrebbe iniziare dunque per cominciare a
capire perché l’esibizionismo ha perseverato nel tempo facendo si
che i rapporti interpersonali degenerassero? Chi sarebbe il più adatto
a ricoprire ruoli da protagonista qualora si dovesse stilare un
elenco di esibizionisti, chi scende in piazza per manifestare che la
libertà di stampa è un diritto inalienabile malgrado tale diritto sia
strumentalizzato da un potere che ha voluto orientare il pensiero
verso una comoda omologazione, oppure chi vorrebbe imbavagliare
gli organi di stampa politicizzata all’unico scopo di orientare
l’opinione pubblica verso lo stesso pensiero? E soprattutto che cosa
centrerebbe l’esibizionismo con la libertà di pensiero e d’espressione?
Se fossimo tutti costretti ad essere un po’ meno esibizionisti si
autolimiterebbe automaticamente il giudizio dei saggi nei confronti
del popolo, e viceversa, consentendo così agli uni e agli altri di evitare
di stare a sentire deliranti esternazioni? Forse, è probabile, magari
lo fosse, sta di fatto però che la realtà è ben diversa e per smontare
i detriti di fango sommati alle inutili e stagnanti notizie false diramate
di continuo con un ritmo e con una veemenza impressionante da una
certa parte di stampa nei confronti dell’esecutivo in questo ultimo
periodo, nemmeno le metaforiche ruspe di propaganda filo
governativa (vedi la parte restante di stampa) basterebbero a
bonificare l’arduo terreno di scontro. Quando Cacciari dice che chi
attacca la stampa è un parvenu del potere stando quotidianamente
seduto sul pulpito di qualche salotto televisivo solo per emanare
sentenze – per altro discutibili – o per profetizzare eventuali scenari
geopolitici, sta sfoggiando un tipo di esibizione la cui causa risiede
purtroppo ancora nell’eccessiva considerazione che il sistema
mediatico ha configurato per chiunque abbia una predisposizione
innata a divulgarla, oppure la matrice della sua estrazione
sociale gli consente solo di giudicare, senza approfondire?
Vero è che anche in questo caso il giudizio è limitato e che per
approfondirlo ci vorrebbe un confronto serio e costruttivo, ma
è altrettanto vero che certi confronti non soltanto sono inutili e
dannosi alla comunicazione in sé, ma sono pure deliberatamente
forzati per esacerbare gli animi all’unico scopo di far aumentare
gli ascolti. Anch’io a modo mio sto facendo esibizione nominando
Tizio Caio e Sempronio per attrarre l’attenzione di qualcuno,
eppure non mi sognerei mai e poi mai di dire una cosa per un’altra.
In buona sostanza, a chi credere? Alla stampa politicizzata oppure
all’informazione libera e indipendente?