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13 Dicembre 2017
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8 Gennaio 2018
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Principio fondante

“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

Principio fondante

Secondo diversi osservatori il solo fatto di voler indire un
referendum per decidere se tornare alle vecchie lire o rimanere
nell’attuale sistema monetario europeo vuol dire una cosa sola :
che i promotori di tale iniziativa – qualora si dovesse andare alle
urne – sarebbero (e in ogni caso sono) degli incompetenti e degli
irresponsabili. Secondo altri invece con (e dalla) comparsa dell’euro
sui mercati internazionali si è verificata la più colossale speculazione
finanziaria mai praticata prima, e la chiave di lettura che questi
osservatori danno per interpretare la loro personale visione
(riguardante il tornare alla lira o il restare nell’euro) è che i
promotori incarnerebbero un realismo popolare, mentre la
responsabilità dei cosiddetti competenti verrebbe sempre e
comunque dimostrata a favore degli speculatori.
Lo spaccato sociale è evidente (a prescindere dai sondaggi) e con
ogni probabilità entrambi i fronti contrapposti continueranno a
schierarsi per delle ragioni che trascendono la rispettive condizioni
economiche in cui versano e che si fondano su un unico principio
(se così lo si può definire) – vale a dire il sapere di avere paura del
diverso, non del diverso in quanto ignoto (e perciò incontrollabile
a priori) ma, per assurdo, proprio di quel diverso che è noto a tutti
(quindi, da una parte, che le minoranze possano coalizzarsi in
pericolose associazioni, vedi extracomunitari, emarginati, insomma
tutte quelle persone che stanno al di sotto della soglia di povertà e
che sono aumentate e che continuano ad aumentare a vista d’occhio,
e dall’altra che altre minoranze, di tutt’altro genere, possano
continuare a legiferare abusando di quel potere oligarchico
distribuito nei vari canali delle istituzioni). Questo “principio” –
insinuatosi con una certa prepotenza nell’animo generale con
l’avvento della progressiva globalizzazione dei sistemi monetari
e del libero scambio – ha fatto si che la maggioranza dei Paesi più
industrializzati adattasse delle politiche di sostegno e di integrazione
mirate esclusivamente a tutelare gli interessi esistenti, che è un po’
come dire che se uno straniero venisse in Europa perchè scappa da
guerre indicibili e contribuisse a pagare le tasse in modo corretto
e continuativo allora andrebbe bene, altrimenti, se ci venisse soltanto,
le frontiere verrebbero chiuse a tutti e le quote di ripartizione
(imposte dall’ONU) del flusso ininterrotto dei migranti non sarebbero più
suddivise in base alle strutture ricettive che ogni Paese europeo è in
grado di offrire, ma verrebbero usate come strumento ricattatorio
(da parte di Paesi economicamente più forti) per cercare di sanare
debiti di tutt’altra natura – e comunque incolmabili.
Probabilmente se lo Stato italiano avesse applicato le stesse
politiche – senza però avvalersi di quel principio fondante che oggi
accomuna troppe forze conservatrici – la legge sullo ius soli sarebbe
passata in breve tempo, così come ne sarebbero state approvate
molte altre senza alcun se e senza alcun ma, a partire proprio da una
riforma del sistema monetario dopo un’eventuale battaglia
referendaria. Non a caso l’effetto Brexit è tutt’ora al centro del
dibattito mediatico : questa notte è stata infatti approvata la legge
che cancella le norme dell’UE e che revoca la potestà legislativa
dell’UE sul Regno Unito, la cui ratifica consentirà di incorporare
qualcosa come dodicimila regolamenti comunitari all’interno del
diritto britannico prima della definitiva separazione prevista nel
marzo del 2019. Risultato : conservatori soddisfatti, laburisti delusi.
Per altro anche sul fronte catalano le cose sembrano andare a favore
degli indipendentisti, mentre la sola voce che merita una certa fiducia
da parte degli unionisti pare essere quella di una fragile ma al tempo
stesso indomita e agguerrita trentaseienne. Ora, indipendentemente
da come la si pensi a riguardo della moneta europea, che cosa
bisognerebbe fare per scongiurare l’inevitabile effetto domino e la
conseguente non che prevedibile disintegrazione dell’UE.?
La richiesta di indipendenza di uno Stato, o di una Regione, se non
addirittura di una Provincia, dovrebbe essere presa in considerazione
in quanto diritto ad avere una propria autonomia, oppure usata per
stigmatizzare l’origine di un secessionismo che porterà ad una
suddivisione incalcolabile di nuovi confini che si delimiteranno tra
un’altrettanta incalcolabile serie di micro Stati ?