Selfie made man
16 Agosto 2019
04/09/2019
4 Settembre 2019
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Nel segno della continuità

“L’OSSERVATORE SPIATO”

RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

  Nel segno della continuità

 

Puntualmente – ogni qualvolta si ripresenta una crisi istituzionale dettata dagli interessi di turno (in questo caso, parafrasando Winston Churcill, da un “tiranno” che pensava di avere un briciolo di potere – spunta fuori una parola chiave usata da questo piuttosto che da quel leader di partito, il quale (o i quali, a seconda delle epoche) pensando di rappresentare una buona parte del proprio elettorato, ne abusa fino alla nausea per cercare in qualche modo di mediare la trattativa e formare una maggioranza parlamentare che possa durare per un’intera legislatura. Questa volta la parola chiave è discontinuità, e ad abusarne, pronunciandola fino alla nausea – non soltanto il diretto interessato beninteso, ma ovviamente ci sono pure quei bravi giornalisti che commentano ininterrottamente le fasi delle consultazioni e del possibile incarico dato dal Quirinale al supposto neo Presidente del Consiglio, a fargli da eco, e sempre con quel sorriso stampato in faccia di chi sa che di crisi in crisi può garantirsi la continuità del proprio posto di lavoro a tempo indeterminato, questo sia detto per inciso – è stato e purtroppo lo sarà ancora l’attuale segretario nazionale del PD N. Zingaretti, che non appena ha fiutato l’eventuale alleanza con i penta stellati si è subito sentito in dovere di parlare di discontinuità (se non altro per dare un segnale forte di coerenza e di sano e puro interesse per il Paese a chi pensava invece che il solo vero interesse per i DEM fossero le poltrone). Se il vero interesse (non solo per i DEM, questo vale per tutti sia chiaro) fosse invece quello di fare le riforme necessarie a salvare questo Paese dal fallimento, la prima cosa che farebbero (una volta insediatasi la nuova coalizione di governo, che non è affatto innaturale, come qualcuno potrebbe invece pensare, ma che è frutto di anni e anni di reciproci elogi dei rispettivi operati) sarebbe, nel segno della discontinuità, da parte dei 5stelle far approvare al PD il famoso taglio dei 345 parlamentari, mentre da parte del PD fare eleggere come vice premier un nome (di alto profilo si capisce) che appartenga ai DEM, anche perché il segretario della discontinuità ha già “ceduto” sulla nomina del premier dichiarando a microfoni unificati qualche giorno prima almeno una dozzina di volte che il professor Conte non era adatto a ricoprire quel ruolo. Ergo, se il buongiorno si vede dal mattino, si può facilmente intuire che la strada per le riforme necessarie sarà tutta in discesa e che finalmente potremmo fare affidamento su un governo di legislatura forte, saldo, unito e coeso, ma soprattuttamente (parafrasando il personaggio più famoso, a ragion veduta, di un comico che si limita a fare il suo mestiere) degno di rappresentare un popolo che lo ha eletto. Quale sarebbe l’alternativa nel caso saltasse il banco? Ma il centro destra, no ? Chi meglio di loro potrebbe perorare le cause degli italiani  ? Soltanto loro sarebbero in grado di generare crescita, sviluppo e occupazione, è evidente, considerato però che l’accordo tra PD e 5stelle garantirà almeno altre tre legislature consecutive gli amici del centro destra dovranno saper pazientare ancora un po’prima di dar libero sfogo alle loro innate competenze, in ogni caso, quando toccherà di nuovo al Selfie made man e soci riprendersi in mano le sorti di questo povero ma ricco Paese, spunterà di certo ancora un’altra parola chiave, forse un po’ più comprensibile alla maggioranza dei teledipendenti, ma comunque sempre in auge, ovvero : continuità. E’ evidente dunque, qualora appunto il Presidente della Repubblica dovesse sciogliere le Camere perchè il secondo incarico dato al professor Conte darebbe esito negativo e di conseguenza si tornasse alle urne, che l’affluenza degli aventi diritto al voto triplicherebbe e che l’astensionismo non potrebbe subito diventare che un vago e lontanissimo ricordo. In effetti l’unica parola chiave degna di essere pronunciata da un politico in questo ennesimo delicato momento – indipendentemente dal partito di appartenenza – e usata sia come un mantra, per riuscire a fare le riforme necessarie, (in primis proprio quella elettorale) ma più che altro come deterrente, per evitare che i cittadini che si astengono dal voto perché si sentono fondamentalmente presi in giro (già soltanto perché in ogni dichiarazione politica di qualunque esponente spunta fuori che stanno lavorando per l’interesse del Paese e che perciò proprio quelle parole, nello specifico, dovrebbero essere vietate tramite un emendamento che favorisca l’approvazione bicamerale di un ddl che ne impedisca l’abuso, anche perché dovrebbe essere quanto meno assodato che chi sceglie di fare politica lo fa per l’interesse del Paese) continuino la loro originale protesta astenendosi lo stesso, ma di fatto formando la più grande coalizione mai esistita, è, o meglio, dovrebbe essere, orientamento.