Io mi chiamo Pasquale Caputo
11 Aprile 2018
Freak reporter
25 Aprile 2018
Show all

Masterfile

“L’OSSERVATORE SPIATO”

RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

 

 

 

Masterfile

 

 

“Se non hai almeno duemila utenti attivi sul tuo blog o sul tuo sito

creato con WordPress, l’unica piattaforma adorata da Google, e non

sai proprio come fare per autopromuoverti nella giungla dell’editoria

on line (del self publishing in particolare) imparando per forza di cose

ad usare in modo corretto i fantastici strumenti che la tecnologia ti

mette a disposizione, diventando così a tua volta l’imprenditore di te

stesso, allora è meglio se lasci perdere”.

In sostanza pare essere questo il messaggio che trapela da i

promotori del tecno stress – una patologia che non è ancora stata

definita come tale esclusivamente perché non conviene ancora a

nessuno. Sembra quasi, anzi, a dirla tutta sembra proprio che questi

signori si divertano ad incentivare scrittori emergenti (i quali, ignari,

affidano a loro i loro contenuti) al solo scopo di promuovere nuovi

racconti, nuovi romanzi, antologie inedite, insomma tutto ciò che

potrebbe galvanizzare uno scrittore emergente. Non si curano dei

loro interessi nella maniera più assoluta, lo fanno rigorosamente

gratis, e soprattutto nel modo più trasparente possibile. Tanto per

fare un esempio, se tramite questi signori realizzassi un tuo sito

responsive – mettendoci tutto sommato non molto tempo per

configurarlo – e poi ti venisse in mente di chiedere assistenza per

indicizzarlo, loro si farebbero subito in quattro per posizionarlo al

meglio nella ricerca di Google Analytics : nell’attimo stesso in cui si

verrebbe costretti a pagare per il servizio offerto (la realizzazione

del sito)  scatterebbe automaticamente l’app. di assistenza

(scaricabile sul proprio browser) che ti consentirebbe di imparare

a memoria tutte le tecniche digitali per aumentare il tuo traffico on

line in meno di un’ora con un webinar o un video tutorial appropriato.

E’ vero che detto così potrebbe anche far pensare a come Johnny

Mnemonic o Neo (di Matrix) facessero a guidare un elicottero

senza esserne capaci, oppure a imparare una lingua asiatica tramite

un corso accelerato contenuto in un file compresso che gli veniva

immesso direttamente nella corteccia cerebrale, ma è anche vero

che questi signori stanno compromettendo non soltanto il mondo

dell’editoria – causando delle conseguenze a dir poco nefaste a diversi

interessati, non che tecno stressati – ma anche a quello dell’arte, in

senso lato. Che la tecnologia sopprima la creatività non è un mistero,

anche se paradossalmente molti nuovi creativi si sono sia formati che

ispirati con l’avvento delle nuove tecnologie, ma pensare che l’arte

stessa debba dipendere dalla tecnologia è piuttosto avvilente

(sempre che per arte si sottintenda arte e non spazzatura, e anche

se per definirle entrambe in modo esaustivo non basterebbero

50 milioni di gigabyte). A questo proposito, evitando perciò inutili

digressioni, ritengo sia utile ricordare che oltre l’unità di misura

dell’informazione di dati più comunemente usata (il gigabyte appunto)

esistono già dei files che possono contenere infiniti spazi di memoria

multimediale dove, forse, qualcun altro potrebbe già aver creato gli

algoritmi adatti per rendere il servizio informatico ancora più

“indipendente” per questi signori. Ma è soltanto una congettura,

una congettura sottintesa si capisce.