27 gennaio 2017
27 Gennaio 2017
Finestre spalancate
19 Aprile 2017
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libertà condizionata

“L’OSSERVATORE SPIATO”
Rivista occasionale in rete

LIBERTA’ CONDIZIONATA

“Non voglio essere un martire della libertà, voglio diventare un
aguzzino, il maggior responsabile delle condanne che devono essere
inflitte a quelli che continuano a togliercela”. A dirlo, in tono furioso,
fu un attempato e distinto signore dall’alto di una cassetta da frutta
– rovesciata a mo di piedistallo – in quel di Hyde Park, a Londra, nei
primi anni ’90. Tenendo conto che sono passati appena trent’anni
(quasi) e che Quelli che continuano a togliercela si sono estinti
definitivamente, si può proprio dire che il peggio è passato e che il
futuro non potrà che essere prospero. Pertanto – a nome di tutta la
redazione e mantenendo fede a sani principi di ironia morfocoattiva
(lo ricordiamo per l’ennesima volta, soprattutto per chi si dovesse
per puro caso trovare a leggere queste poche righe, che l’ironia
morfocoattiva è necessaria tanto nella forma quanto nella sostanza)
– proveremo a spiegare le ragioni che hanno portato finalmente a
sentirci degli uomini liberi. La prima, la più importante e fondamentale,
è che oggi come oggi abbiamo la possibilità di ricordarci tutto, di tutto
quello che è successo da allora ai giorni nostri, tant’è che qualora
dovessimo verificare l’analisi di un qualsiasi fatto di cronaca ci
basterebbe scaricare in podcast un filmato di repertorio in cui sia
presente Bruno Vespa a curare i relativi approfondimenti – per cominciare a
provare quella sensazione. La libertà è un valore essenziale, troppo pieno
di significati per non capire che dovremmo essere tutti grati
incondizionatamente all’operato di paladini integerrimi e incorruttibili
come l’antesignano maculato degli analisti (ovviamente ci scusiamo per non
aver citato altri, anche per una sorta di rispetto nei confronti del
numeroso pubblico che lo segue). C’è però un aspetto – per certi versi
anomalo – che vincola la libertà di pensiero e di espressione alla memoria
storica che questi personaggi hanno saputo infondere per
salvaguardarla in qualche modo da individui senza alcuna importanza
collettiva, vale a dire che il loro esibizionismo è così latente che
sarebbero disposti perfino di rendere l’anima al Diavolo pur di non
apparire. La seconda ragione – meno importante, ma che rientra allo
stesso modo nei parametri dei fondamentali – è che le banalità che
sono solite emergere in salotti più o meno “zerbineggianti” (non è
nostra intenzione coniare alcun neologismo, sia chiaro) sono ancora
viste come perle di saggezza, altrimenti non si spiegherebbe il
fenomeno della condivisione perché sarebbero quasi tutti costretti
a tacere per evitare di ripetere cose dette da terzi, favorendo così
le condizioni ideali per sentirsi liberi di esprimersi nella maniera più
conveniente. In ultimo – pensando a quel poco che ancora resta di
libertà e soprattutto agli effetti prodotti da questo “genere di
libertà” – non possiamo che essere d’accordo con l’attempato
signore londinese.