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Espresso libero

        “L’OSSERVATORE SPIATO”

RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

                   Espresso libero

  “A Matteo Salvini basta qualche ora, una foto e poche parole per

  spazzare via i dubbi maliziosi de Il Fatto Quotidiano.

  Il giornale diretto da Marco Travaglio (e non solo lui) esultava oggi in

  edicola per il fatto che lunedì, alla presentazione del manifesto

  sovranista di Salvini per le europee a Milano, non saranno presenti

  i due grandi interlocutori del leader leghista, il Presidente ungherese

  Viktor Orban e la leader del raggruppamento francese Marine Le Pen.

  E Salvini allora che fa? Si incontra a Parigi proprio con la Le Pen.”

  Trafiletto questo citato testualmente da un articolo di “Libero”

  pubblicato venerdì scorso 5 Aprile che titola “Matteo Salvini umilia

  Travaglio e il Fatto con una foto (in cui si vede la coppia Salvini/Le Pen

  all’interno dell’Eliseo) : la Le Pen gli dà buca, lui si vendica così”.

  Altra notizia.

  “Un’inchiesta giornalistica internazionale denominata Implant Files

  denuncia che nel mondo esistono milioni di protesi difettose (e quindi

  mortali) impiantate nel corpo dei pazienti e accende i riflettori sulle

  carenze nei controlli. L’ennesimo scandalo legato al redditizio ambito

  della sanità e allo strapotere delle lobby è stato denunciato sui

  principali media internazionali (tra i quali Le Monde e L’Espresso)

  grazie al lavoro dell’International Consortium of Investigative

  Journalists (ICIJ) realizzato da più di 250 giornalisti in 36 Paesi.

  Anche queste poche righe sono state estrapolate da un articolo, in

  questo caso pubblicato da “L’Espresso” il 27 Novembre dello scorso

  anno. Nonostante gli argomenti trattati in questi due articoli siano

  completamente diversi e sebbene gli stralci estratti ne indichino

  soltanto a grandi linee i contenuti, ciò che risulta più evidente è che

  nel primo traspare quel solito noioso (se non a volte perfino ridicolo)

  tono accusativo, che tende a denigrare l’altrui operato e che in sintesi

  ricalca sia il contraddittorio parlamentare che il per così dire

  intrattenimento (intrattenimento inteso come nulla artistico

  propinato nella sconfinata varietà dei palinsesti) inducendo il lettore/

  spettatore ad entrare progressivamente in quella fase di

  assuefazione da battibecco che – malgrado l’intervento sporadico di

  qualche acuto interlocutore – porta quasi sempre ad inasprire delle

  polemiche che invece dovrebbero essere evitate, mentre nel secondo,

  considerata l’importanza propria del lavoro svolto da quei giornalisti

  che hanno saputo informare l’opinione pubblica su certi scandali,

  così come per altro per milioni di altri scandali che comunque

  continueranno a susseguirsi, quello che risulta più evidente è che

  invece di provocare quanto meno una rivolta sociale l’opinione pubblica

  paradossalmente tende non tanto a dimenticare in fretta quegli scandali

  quanto ad approfondire la suddetta fase di assuefazione. Per questo

  per tornare a riconquistare la fiducia nell’opinione pubblica il

  giornalismo dovrebbe, forse, limitarsi alla cronaca, senza fare né

  troppi paternalismi né tantomeno senza dare quell’impressione ormai

  fin troppo credibile di appartenere e di rappresentare il peggio di una

  casta politicizzata. La fiducia è un valore che si costruisce nel tempo,

  è un attimo perderla. Il cercare di aumentarla ingegnandosi in

  iniziative discutibili, come il mettere dei bollini di comprovata

  autenticità della notizia divulgata nell’articolo di turno – come per es.

  il trust editing, che indurrebbe a pensare più ad una sorta di

  certificazione aziendale tipo ISO 9000 piuttosto che ad infondere nel

  lettore la certezza che non sono delle fake news quelle che sta

  leggendo – causerebbe l’effetto opposto, primo perché la valanga di

  informazioni che circolano in Rete attraverso i social media sono

  incontrollabili, ed essendo oltretutto pure paragonabili all’attendibilità

  di quelle che vengono trasmesse in radio o in t.v. possono generare

  confusione coinvolgendo un po’ tutti, compresi i siti che se ne

  occupano e che, così facendo, creano un conseguente rimpallo di

  responsabilità per ciò che riguarda informazione e disinformazione,

  e secondo perché si corre il rischio di discriminare il tanto declamato

  pluralismo. Non è facile ammetterlo, purtroppo però quando si parla

  di informazione in questo Paese ogni tanto occorre ricordare che se

  ognuno facesse il suo lavoro senza denigrare o, peggio, calunniare

  l’avversario di turno, o peggio ancora senza accettare per forza di

  cose l’invito a partecipare a qualsiasi talk show di riferimento mirato

  esclusivamente a fare audience come se si dovesse accettare il fatto

  che gli antibiotici sono dei farmaci insostituibili, forse anche in politica

  prevarrebbe il buon senso. Il fatto poi che anche se ogni tanto questo

  principio così banale venisse ricordato non cambierebbe più di tanto

  la situazione per quanto riguarda la scelta delle priorità editoriali,

la dice lunga sul fatto che avrebbe dovuto essere al tempo stesso

dimenticato, o meglio, mai stato espresso.