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Empatia d’epurazione

“L’OSSERVATORE SPIATO”
Rivista occasionale in Rete

Empatia d’epurazione

L’attuale storica e per certi versi stoica (per non dire grottesca) presa
di posizione liberale da parte della stampa politicizzata riflette ciò che
da sempre ha caratterizzato la tutela della libertà di pensiero in un paese
democratico, ovvero che le opposizioni di governo sono costrette a difendere
certe minoranze mentre la maggioranza cerca di imporre diktat necessari ad
oscurare chi non è sulla stessa frequenza d’onda. L’aspetto più evidente
però in tutta questa faccenda – tenendo anche conto delle parole del presidente
della Repubblica, il quale ha di recente esortato a ragion veduta (indirettamente)
alcuni esponenti dell’esecutivo ad usare in modo costruttivo le critiche, magari
riflettendo invece di apostrofare certi giornalisti con volgari epiteti – è che
i giornalisti che non percepiscono alcun finanziamento politico e che si limitano
a informare l’opinione pubblica sui fatti avvenuti non fanno vittimismo, mentre
quelli che sono costretti a pubblicare tutto ciò che viene loro imposto da qualcun
altro continuano a manifestare il proprio sdegno nei confronti delle istituzioni.
E’ paradossale, ma è così. Fatevene una ragione. Del resto mettetevi nei panni di
quei poveri cronisti politicizzati, costretti ad elemosinare logiche condivisioni
da parte di qualche loro simile per avere uno straccio di visibilità in più, ma
soprattutto per finire con il dover cambiare mestiere per sopravvivere (che tra
le altre cose a qualcuno gioverebbe pure) : come non provare una compassione
infinita per chi è stato strumentalizzato da quello stesso potere che ha consentito
di migliorare le condizioni di vita prevalentemente a qualche affiliato della criminalità
organizzata? Oppure come non ricordare i favolosi tempi dell’editto bulgaro, dell’epurazione
istantanea? Sarebbe un’omissione imperdonabile nei confronti dell’opinione pubblica.
Eppure, a parte le note sarcastiche, quel che è più preoccupante a riguardo della libertà
di pensiero e d’espressione è che la consapevolezza dell’opinione pubblica circa gli pseudo
allarmismi e le sedicenti informazioni purtroppo divulgate dalla maggior parte della stampa
nazionale è aumentata in modo esponenziale. E’ preoccupante perchè questo Paese in fondo è
sempre stato ingovernabile, e ora che il potere è in mano (per così dire) al popolo, è il
popolo stesso – che avrebbe sempre dovuto essere unito ma che in realtà non lo sarà mai –
ad essere in balia di un caos politico senza precedenti nonostante sia rappresentato dagli eletti,
e che dunque potrebbe generare nella peggiore delle ipotesi delle rivolte sociali pericolose,
causate per assurdo proprio da quei giornalisti che paventano dei totalitarismi inesistenti.
Approfondire l’argomento, trattarlo con le debite domande e risposte articolate che un tema
simile richiede, è sinonimo di emancipazione, di una volontà ben precisa da parte degli
interessati di capire le ragioni di questa sfiducia nei confronti del quarto potere attraverso
un confronto più aperto a chi quel potere sta cercando in ogni modo di sottrarglielo
sottolineando (ci mancherebbe pure che non lo facesse) il fatto inequivocabile che
quotidianamente le anticipazioni date da certi giornali a proposito di qualsiasi evento
politico vengano quasi subito smentite da altri compromettendone la veridicità, un confronto
meno vincolato ai palinsesti televisivi, evitando sia di parlarne troppo che di parlarne
troppo poco perchè questo dovrebbe essere uno di temi fondanti della libertà di stampa in
uno Stato di diritto. Quella parte di stampa che è scesa in piazza al grido di
#giulemanidall’informazione ponendo al centro della loro protesta l’art.21 della Costituzione
dovrebbe sapere molto bene che tutti hanno il diritto di esprimere la propria opinione, non
solo i giornalisti che leggono, scrivono e parlano esclusivamente perchè sono pagati da
qualcuno che dice loro come devono leggere, scrivere e parlare, perchè questa è la realtà nuda
e cruda al di là di ogni ragionevole preconcetto ed è con questa realtà che si difende
uno Stato di diritto.