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Emergenza punto zero

         “L’OSSERVATORE SPIATO”

     RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

         

Emergenza punto zero

L’esimersi dal commentare o dal recensire articoli di attualità per cercare di descrivere una prospettiva ancora più catastrofica di quel che viene descritta ogni giorno sotto diversi punti di vista potrebbe paradossalmente far riflettere i guru del marketing 3.0, oppure i teorici sostenitori della psicocibernetica che in sostanza propinano da sempre di avere un perenne pensiero positivo, insomma, gli strateghi della comunicazione ? Difficile rispondere, se non altro è proprio perché tramite le neuroscienze usate nella pianificazione di programmi punto zero attivati per una pubblicità “istituzionale” che mira esclusivamente ad orientare le preferenze degli utenti non curandosi affatto delle loro reali esigenze e che continua ad imperversare nonostante sia stata oltremodo definita umanista, che gli strateghi della comunicazione fondano il loro credo. Per non essere troppo ripetitivo sull’argomento, ma soprattutto per comprendere meglio l’enorme rischio – in termini di omologazione – che la società sta correndo, occorre ricordare due cose importanti : in primo luogo, la potenziale perdita di un linguaggio diretto e universale (esempio, un relatore rappresentante di un’impresa fondata sul marketing 3.0 magari avrebbe detto “sarebbe opportuno evocare le linee guida intrinseche allo storytelling contenuto” invece che “occorre ricordare due cose importanti” nello stesso contesto in un contraddittorio, per capirci, che di per sé potrebbe anche avere lo stesso significato, ma che invece altro non fa che dare adito a troppe interpretazioni). E su questo punto ci si dovrebbe poter soffermare un po’ più a lungo rispetto alla media del tempo che si impiega per leggere un articolo inerente, ma per poterlo fare bisognerebbe rallentare il ritmo di vita e di pensiero cui ormai siamo soliti sostenere (va da sé che per poter porre un freno simile sarebbe indispensabile cominciare a dissentire da chi finge di interessarsi ad uno stile di vita più lento, nonché consono ad instaurare relazioni più umane, all’unico scopo di trarre profitto da comportamenti condizionati dall’abuso delle attività praticate legalmente da chi specula sia in Rete, con le visualizzazioni più demenziali, che in TV, con le comparsate di turno) ; in secondo luogo, tenendo conto anche del ruolo ricoperto nelle imprese e nelle istituzioni da questi speculatori, l’eventuale assuefazione ad accettare il voto di scambio come qualcosa di inevitabile oltre che irrinunciabile, a prescindere dall’offerta politica messa in campo. Del resto, conoscendo l’utente fin nei suoi più intimi pensieri, considerata la mole di informazioni che quotidianamente concede in Rete in modo spontaneo, quel ruolo è in grado di consentire loro addirittura di far diventare obsolete perfino le campagne elettorali sbandierate dai vari schieramenti. Paventare rischi del genere però non vuol dire per forza di cose essere costretti a subire quel tipo di strapotere promozionale limitandosi a segnalarlo, significa invece credere che ci siano ancora delle persone che – nonostante quello strapotere – continuano a combattere l’omologazione. Un esempio, chiaro, di che cosa si intende con il credere che esistano ancora queste persone, può rendere meglio il senso di questa riflessione : nella scelta – da parte dei vari direttori di reti televisive – di veicolare la diversità di genere non come fattore discriminante ma come elemento fondamentale per poter rivolgersi a un pubblico specifico cercando comunque di garantire pluralismo al nobile fine di salvaguardare una società inclusiva e tollerante, queste persone si mostreranno sempre contrarie, in quanto sapranno sempre da che cosa è motivata quella scelta (altro che per tutelare una società inclusiva e tollerante, è dal profitto che è motivata), con quale criterio verrà ripetuta e perfino dove potrà spingersi la produzione ininterrotta di trasmissioni che nulla hanno a che vedere con lo spettacolo, quindi, cercando di proporre delle alternative efficaci quanto meno ad arginare le opportunità di guadagno ricavate dalla scelta stessa, continueranno la loro guerra dimostrando che l’epurazione definitiva di quelle trasmissioni sarà l’unico modo che la società potrà avere per tutelarsi dalla disinformazione nonché dall’abitudine a idolatrare starlette di quart’ordine. Dire che è banale affermare che di emergenze di questo come di altri generi ce ne sono a iosa e che purtroppo sono all’ordine del giorno è un modo come un altro per farsi pubblicità, per richiamare l’attenzione di un pubblico informato su molte cose, un pubblico che sa che l’ostinarsi nel non voler capire che il progresso non può e non deve ridursi alla sola ricerca scientifica e tecnologica potrebbe limitare quell’immenso patrimonio di risorse umane che servono per offrire un futuro migliore alle nuove generazioni. Compassione e amore : saranno queste le “nuove” parole chiave generate dagli strateghi della comunicazione per attrarre un pubblico più ampio, oppure, forse, queste parole torneranno in auge come sentimenti reali ed inequivocabili, propri dell’essere umano ? Anche in questo caso è difficile rispondere, anche se in realtà – qualora si dovesse improvvisare di sana pianta uno slogan pertinente – la prima opzione avrebbe molte più probabilità di successo.