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“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

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L’uso dell’espressione “sono cose dette secoli fa, ma che risultano
essere attuali ancora oggi” è sempre più ricorrente, a prescindere
che si tratti di un articolo di giornale, di una recensione letteraria,
o di un commento a un dibattito storico (oppure a un’intervista di
natura politica) e ciò che non sfugge all’osservatore attento è che
una parte degli addetti ai lavori – quelli che si occupano di
comunicazione – continua a dirlo, anche in più occasioni.
Questo però non dovrebbe tanto limitarsi a spiegazioni implicite –
anche perchè il minimo accenno ad una relativa tesi in proposito,
fatta da qualche anonimo convinto, non desterebbe più all’istante
l’interesse dell’osservatore – quanto invece dovrebbe cercare di
causare delle riflessioni in merito. Oggi la comunicazione sta subendo
la peggior metamorfosi radicale mai avvertita prima dalla nostra
“evoluta” società interattiva : paradossalmente infatti, in un’era
dove la comunicazione multimediale è all’apice del suo successo e in
cui ognuno di noi dovrebbe avere il diritto di essere ascoltato
(non solo per dire sui social network che cosa sta pensando in quel
preciso istante) siamo purtroppo costretti ad assistere giorno per
giorno a uno scempio verbale senza precedenti, orientato da diktat
mediatici a dir poco aberranti e propinato da una classe dirigente
irresponsabile (sotto questo punto di vista) e sempre meno preparata
al cambiamento. Questo peggioramento – dettato da i fautori dei
modelli comunicativi in essere – non può far altro che inculcare
nell’opinione pubblica quella da una parte triste e dall’altra gaia
consapevolezza che siamo finalmente giunti a un punto di non ritorno
per quel che riguarda il nostro modo di interagire (sia che si parli,
sia che si scriva, o sia che magari si salvi la vita di qualcuno
compiendo un gesto eroico, non tanto per l’atto in sé quanto per
farsi in qualche modo pubblicità) e, come d’altronde è logico che lo
sia, gli esempi lampanti rappresentati da i loro più autorevoli
esponenti non mancano, a partire dal remoto intervento (sempre che
per remoto si voglia intendere un periodo di tempo che non
oltrepassi la soglia dei due anni, vista la velocità dei tempi che stiamo
vivendo) di uno psicologo cognitivo, di nazionalità canadese, il quale,
durante un congresso mirato a sensibilizzare l’opinione pubblica a
riguardo di un declino della violenza – o per meglio dire, a quello che
secondo lui abbiamo avuto la fortuna di assistere osservando
un progressivo ed evidente calo di episodi violenti vivendo in un’epoca
come la nostra – ha dato il meglio di se in fatto di comunicazione
fuorviante : secondo quanto affermato, in sintesi – tramite studi e
ricerche approfondite, con tanto di rifermenti storici – visto che in
epoche passate si veniva sistematicamente sventrati, torturati o
decapitati nella migliore delle ipotesi (anche per futili motivi) e grazie
soprattutto al nostro modo di pensare ad uno Stato democratico che
ci avrebbe permesso se non di eliminare quanto meno di ridurre
l’impatto devastante che la barbarie ha sulle nostre vite da sempre,
ci sarebbe stato di fatto un vero e proprio declino della violenza,
e ovviamente il modo migliore per dirlo convincendo di questo gli
astanti non poteva che essere l’olocausto (inteso come argomento
da affrontare per dimostrare che non è vero che quello fu uno dei
periodi più oscuri e violenti dell’umanità). E’ vero che in passato ci
furono genocidi ed eventi tragici di portata (per certi versi)
addirittura superiore rispetto ai crimini commessi dai nazisti, ma
ciò non vuol dire che da prima di allora ad oggi si sia registrato un
declino della violenza – significa piuttosto che si sta mettendo a
repentaglio il presente, strumentalizzandolo, facendo paragoni
assurdi e illudendo l’opinione pubblica a puro titolo gratuito
(pardon, remunerativo, considerati i proventi ricavati da
quell’intervento). E questo non è soltanto che uno dei tanti aspetti
paradigmatici che gli esponenti della mala comunicazione continuano
ad esibire senza farsi il minimo scrupolo sulla responsabilità che
invece dovrebbero avere nei confronti dell’opinione pubblica, quando
tendono ad erigersi a depositari di una verità di comodo, che fa
comodo esclusivamente a loro. Ecco perché tentare di immaginare una
denuncia da parte di qualche ente contro questi usurpatori della
comunicazione continua ad essere un’utopia, ecco perché delle cose
dette secoli fa continuano a risultare attuali ancora oggi.