“L’OSSERVATORE SPIATO” RIVISTA OCCASIONALE IN RETE
A che cosa dunque è servito il sacrificio umano del giudice Borsellino – la cui ricorrenza non può fare altro che evocare le modalità e la barbarie dimostrate dagli organi istituzional mafiosi e culminate con il suo efferato assassinio avvenuto trentun anni fa – se ancora oggi si continua ad evitare accuratamente, oltre che in modo vile e rivoltante, di attribuirne la responsabilità? Alle nuove generazioni, per spronarle alla lotta continua contro le talpe delle organizzazioni criminali infiltrate negli organi di Stato? Ai membri della Commissione antimafia – sorta proprio per fare luce in merito alle stragi di Capaci e Via D’Amelio – che non sono ancora riusciti a fare le dovute pressioni per far sì che la Verità trapelasse in modo inequivocabile, inconfutabilmente? Perché in questo Paese – qualora un magistrato (o un politico) venisse ucciso da un sicario in circostanze inappellabili, magari addirittura con una vasta platea di telespettatori collegati in diretta per assistere all’esecuzione materiale avvenuta per mezzo di arma da fuoco in una stanza di 16 metri quadri senza porte nè tantomeno finestre – il colpevole non è mai il sicario? È vero o non è vero che allora fu messa in atto una trattativa Stato/Mafia volta a negoziare l’intercessione tra i rispettivi rappresentanti per riuscire in qualche modo a porre fine a quelle stragi in cambio di preziose informazioni, oppure, magari tra qualche anno, sorgerà una nuova Commissione pronta a confutare quanto appena detto, o, peggio, a negare addirittura che quei fatti di cronaca nera siano realmente avvenuti? La Storia insegna che non si impara mai abbastanza dai propri errori, ma anche che – oggi più che mai, a forza di omissioni, reticenze e disinformazione – la Storia stessa potrebbe essere travisata a proprio piacimento. Quindi, forse, per sensibilizzare ulteriormente l’opinione pubblica a prendere coscienza di quanto, di come, e soprattutto del perché avvennero tali stragi, sarebbe il caso di fare una propaganda spietata contro l’operato istituzional mafioso, alla stregua degli ormai “normali” programmi spazzatura che vengono quotidianamente trasmessi da qualsiasi emittente al solo scopo dimostrativo di distrarre quante più coscienze possibili. Ma invece l’attuale esecutivo – nella fattispecie rappresentato da un integerrimo Guardasigilli, che cosa pensa di fare? Di cancellare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa proprio perché, secondo tale Ministro, oggi come oggi sarebbe un reato non reato, ovvero, non influirebbe in modo determinante per le varie Procure incaricate di svolgere le indagini necessarie alla cattura dei boss operativi e dei latitanti di turno. Piuttosto bisognerebbe circoscriverlo ai soli attori coinvolti, il reato commesso, tipizzarlo, (per usare un intercalare dell’integerrimo Guardasigilli) facendo in modo che magari, in un prossimo futuro, gli inquirenti potrebbero nemmeno più usufruire delle intercettazioni intercorse tra mafiosi e soggetti esterni alla criminalità organizzata, giusto per agevolarne il compito. Pertanto – così come qualsiasi dichiarazione di tale portata non può nè tantomeno potrebbe fare altro che innescare le consuete polemiche – per effetto di questa dichiarazione, invece di essere uniti e coesi all’unanimità contro un eventuale e oltremodo paradossale disegno di legge, si generano sistematicamente gli schieramenti di maggioranza e di opposizione, dimenticando forse quanti individui, oltre ai giudici Falcone e Borsellino, hanno sacrificato la propria esistenza contro l’operato di corrotti e corruttori, di collusi e di traditori fedeli, la cui solida stretta di mano ostentata anche con un certo orgoglio nei Palazzi di Giustizia, implica a priori una condanna a morte per chiunque volesse scoprire i fili che legano gli intrecci esistenti tra Stato e criminalità organizzata, una condanna pianificata nei minimi dettagli.