Il missionario di Ostia
14 Novembre 2017
Distopia congenita
29 Novembre 2017
Show all

Compro ergo so

“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

Compro ergo so

Escludendo quelle rare denunce per molestie sessuali (sporte di
recente) – come se l’ennesimo oltre che scabroso vaso di Pandora
scoperchiato fosse una novità assoluta a causa e delle donne, che
mai si sognerebbero di provocare gli uomini, e degli uomini, che
vorrebbero sempre stare al loro posto – seguite dalla meritata
qualificazione ai mondiali della nazionale di calcio che fotografa con
un’inquadratura grandangolare ad alta definizione l’andamento socio
economico di questo nostro Bel Paese, per non parlare poi della
prematura scomparsa di un grande statista (lo statista degli
statisti) – che purtroppo non ha soltanto lasciato un vuoto
incolmabile,ma che porterà inevitabilmente un periodo (breve, si spera)
direcessione, in cui emergeranno gli sbagli commessi dalle precedenti
amministrazioni che si sono avvicendate durante l’ultimo mezzo
secolo – di quale altro argomento di attualità si dovrebbe parlare
(per non derubricare i generi citati) se non di competenze ?
Se il politico di lungo corso parlamentare, putacaso un
costituzionalista, si indigna perché l’eventuale prossimo nuovo
inquilino di Palazzo Chigi ha il coraggio di votare dei ddl contrari
ai vitalizi, tanto per fare un esempio, o se il giornalista (casualmente
noto e affermato) che conduce un filo diretto con i radio ascoltatori
va su tutte le furie con uno di loro perché secondo lui (secondo il
giornalista) in Rete circolano soltanto fandonie “proprio perché
invece le riviste autorevoli che fanno informazione in Rete avevano
e avranno sempre le necessarie competenze per essere credibili”,
o ancora, così come se – a prescindere dall’attività svolta – chiunque
si metta a urlare invece che parlare perché sa che è l’unico modo che
ha (oltre quello di interrompere di continuo l’interlocutore di turno)
per far valere le sue, di competenze, allora qualcosa deve essere
andato storto (forse) ; qualcosa di molto serio, che riguarda i ruoli
che noi tutti ricopriamo. Tutti sanno che le competenze professionali
si acquisiscono attraverso un percorso formativo che inizia con il
seguire l’indirizzo scientifico cui ci si sente più portati – esercitando
già al tempo stesso la professione di riferimento, per chi ne ha la
possibilità – e che nella più rosea delle previsioni finisce con il
contribuire a migliorare le condizioni di vita sociale (o almeno, così
dovrebbe essere : il medico che guarisce il paziente, l’avvocato che
rende giustizia alla figlia dell’operaio morto sul lavoro per mancanza
delle norme di sicurezza, e via dicendo). Evidentemente però non è
così, anzi, addirittura chi magari le competenze le ha (ma che a
forza di essere onnipresente nei vari spazi pubblici dimentica
spesso sia come si dovrebbero affrontare le tematiche più rilevanti
e sia la buona educazione) non pensa ad altro che spettacolarizzare
il dibattito, a volte ironizzando, ma sapendo comunque di non essere in
grado di poter fare qualcosa di concreto, e a volte degenerando in
alterchi insensati al solo scopo di obbligare gli spettatori a dover
parlare di lui (o lei e di tutti quelli come loro). Del resto, se si
dovesse ancora continuare a guardare e ad ascoltare questi abitudinari
partecipanti a trasmissioni che inquinano l’etere la maggioranza degli
utenti attivi riuscirebbe ad organizzare un evento speciale dove chi
ha dimostrato di saperla lunga in materia sarebbe perfino capace di
convincere il resto delle persone a cancellare l’ipocrisia insita sia nel
loro dna che in quello di questi formidabili partecipanti, e fare pure
delle proposte sensate per tentare di arginare il fenomeno della
spettacolarizzazione. Battute a parte, l’argomento trattato merita
un’attenzione particolare – vuoi per l’inadeguatezza della classe
dirigente (per il carico di responsabilità sociale ricoperto dai suoi più
autorevoli esponenti) e vuoi dal pericolo generato dalla paradossale
mancanza di comunicazione nell’era della rivoluzione informatica.
Quando un insegnante ha delle difficoltà oggettive a far seguire la sua
lezione a degli alunni iperconnessi – sia dal punto di vista tecnologico
che da quello pedagogico, e il primo, essendo fuorviante, non potrà
certo essere complementare al secondo, che forse è già stato
compromesso, ma che di solito viene strumentalizzato da chi è
abituato a tacciare di incompetenza chi dice che suo figlio (a) non ha
ricevuto un’adeguata educazione – è perché, purtroppo, esiste
un’enorme problema di comunicazione di fondo, che non si risolve con
il rapido adattamento a delle logiche imposizioni dettate da un
consumismo orientato sempre più verso l’acquisto di nuovi prodotti
tecnologici. Occorre fermarsi, riflettere, dare modo ai giovani di non
spazientirsi di fronte a un qualsiasi percorso formativo, e per fare
questo è indispensabile coinvolgerli direttamente e indurli a pensare
senza fretta, senza obbligarli a raccontare il profilo del loro iter
professionale con termini coniati appositamente e finalizzati ad una
eventuale assunzione da parte di aziende che fatturano utili grazie al
consumo di prodotti che favoriscono la paradossale incomunicabilità.
Oggi sono talmente rari e al tempo stesso così incalcolabili gli spunti
di riflessione che dovrebbero indurre le persone a capire l’importanza
del pensare almeno senza aver la paura di fare delle pause per non
fare la figura dell’incompetente, che per tornare a una discreta
normalità non basterebbe l’intero e complesso sistema di
comunicazione composto da i migliori professionisti del settore.
E se la mettessimo in questo modo (in fondo bisogna pur essere
ottimisti) : se per comprendere meglio la complessità di certi
fenomeni ci affidassimo a qualcuno che inventasse delle nuove figure
professionali (come ad esempio il traduttore generazionale) sarebbe
di una qualche utilità ? O se, per migliorare ulteriormente il continuo
e idilliaco flusso comunicativo che si percepisce ogni qualvolta si
manifesta un’interazione umana, comprassimo il triplo dei prodotti
tecnologici cui siamo soliti acquistare non saremmo forse più tutti
comprensivi nei confronti del prossimo ?