“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE
Che si tratti di stallo o di arrocco se il
popolo si alzasse finirebbe il gioco
Secondo i più recenti dati statistici diffusi dagli organi d’informazione
nazionale, ogni anno i rifiuti (la percentuale maggiore è composta
dalla plastica, seguita a ruota dal vetro e dal metallo) riversati in
mare (che una cospicua rappresentanza di paladini dell’ambiente
quali sono gli usurpatori del villaggio che quotidianamente rispettano
l’habitat in cui vivono) ammonterebbero a circa 150 tonnellate.
Per contro (e per fortuna) in Italia esistono ancora delle associazioni
come Legambiente che cercano di salvaguardare il mondo in cui
viviamo monitorando le aree interessate e implementando la
consapevolezza generale che soltanto con la pratica di una buona
economia circolare – ovvero riciclando i rifiuti di continuo evitando
così di generare ulteriore immondizia e, allo stesso tempo,
costringendo le fabbriche e le industrie che producono determinati
materiali a modificare il loro operato – riusciremo in qualche modo
a tutelarci da questa enorme piaga sociale. Posto che sondaggi e che
statistiche di questo tipo servissero a capire il reale quantitativo di
immondizia prodotta – e ammesso e non concesso che una buona
raccolta differenziata fatta seguendo le ovvie norme che la regolano
contribuisse a ridurre notevolmente l’impatto ambientale –
cambierebbe qualcosa da un punto di vista politico se la cognizione
collettiva nazionale a riguardo di simili tematiche si adeguasse allo
standard scandinavo, o a quello nipponico ? Probabilmente no, anzi,
no di sicuro. E’ triste doverlo ammettere, ma quando si tratta di
certe cose quei limiti che dovrebbero esserci per non far peggiorare
le situazioni (o quanto meno per arginare i danni provocati dalle
stesse) o non esistono, oppure spariscono all’istante, tant’è che
proprio in questi giorni stiamo assistendo all’ennesima proposta di
economia circolare – rivisitata ovviamente in chiave post/pre
elettorale o, se preferite, di perenne stallo. Dichiarare che il Paese
ha bisogno di un governo di servizio, neutrale, che non ha nulla a che
vedere con i tecnocrati (aspettando così la formazione di un
esecutivo politico entro fine anno) ha un forte valore semantico :
è sinonimo di responsabilità – specie nella misura in cui chi ha fatto
tali dichiarazioni sostiene anche che è compito dei dirigenti delle
maggiori forze politiche elette assumersi l’onere di dare un governo
a questo Paese. Fortunatamente però gli italiani sono un popolo che
tutto sommato ha delle risorse, oltre che avere molte potenzialità,
tra cui una facoltà mnemonica invidiabile : per questo occorre
ricordare – nella fattispecie ai tanti direttori di giornale che giorno
dopo giorno si divertono a far scrivere a dei brillanti opinionisti
articoli dogmatici – che oggi come oggi è diventato più che mai
indispensabile redigere un editoriale imperniato su argomenti
ritenuti banali, proprio perché quegli articoli fanno dimenticare ai
lettori i problemi quotidiani che si devono affrontare, e anche perché –
tramite quelle tradizionali e inimitabili opinioni seducenti contenute
all’interno dello stesso – risultano essere quasi sempre imparziali,
evitando così di condizionare l’opinione pubblica.
Ironia a parte, stiamo rischiando davvero grosso : il fallimento
politico (com’è purtroppo noto, o se preferite come la Storia
dovrebbe insegnarci) genera un succedaneo naturale nelle
sorti di un popolo che ha bisogno di essere guidato, ovvero sia il
regime militare. La gente questo lo sa, anche se finge di interessarsi
ad altro per non dover pensare a come farsi spolpare da un altro
genere di dittatura, che non ha colore, e che proprio a causa della
mancanza di responsabilità esibita dai suoi più autorevoli
rappresentanti esorta lo stesso popolo a tornare alle urne
ricordando che la partecipazione al voto è lo strumento simbolo di
una democrazia e, al tempo stesso, che l’astenersi a tale diritto vuol
dire essere irresponsabile. Troppo comodo come discorso. E’ un po’
come se un professionista – poniamo un medico chirurgo – dicesse a
un suo paziente che la patologia che gli hanno diagnosticato non è di
sua competenza e che quindi non lo può operare, ma che comunque
può farsi operare da altri chirurghi specializzati. Anzi, più che comodo
si potrebbe dire che è un discorso di arrocco in fase di apertura
(per usare una metafora scacchistica). Senza contare che la causa
principale del perenne stallo, in cui pare evidente che non ci siamo mai
abituati a fare una mossa decisiva per decretare scacco matto, sta
proprio nell’ignorare le esigenze della collettività, che è stremata e
non ne può davvero più di sentire e di vedere il marcio ovunque
volga lo sguardo. Arrivati a questo punto quanto potrebbe essere
efficace un ritorno ad un sano e pratico esercizio quotidiano
di iconoclastia ? – parlando in termini di economia circolare, è chiaro.