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Burkini fasi

“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

BURKINI FASI

C’è nell’aria troppa poca esasperazione per poter sperare di poter
finalmente vedere dal vivo un omicidio compiuto con il più legittimo
dei moventi : l’essere reo confesso di aver preso a martellate la
propria consorte perchè l’attimo prima gli aveva detto in malo modo
che non era ancora riuscita a preparare la valigia per le vacanze –
il tutto ripetuto più volte, si capisce – dovrebbe essere più che
sufficiente come prova attenuante per l’avvocato difensore (pur che
si tratti di un soggetto difendibile, beninteso, nel senso che se possiedi
qualcosa su cui possono spolparti sei difendibile, altrimenti no).
La stessa cosa vale per la “troppo poco” discussa questione burkini :
se a dichiarare che in spiaggia ognuno è libero di vestirsi come vuole
è un’affermata giornalista araba va tutto bene, nel senso che la
“verità” che traspare da quelle parole riflette – e non potrebbe
essere altrimenti – la comune opinione che è legittimo farlo, se non
addirittura sacrosanto in uno Stato laico come la Francia, mentre
invece se la stessa identica risposta (testuale) viene per così dire
offerta da una qualunque donna di religione musulmana, anonima,
allora l’opinione pubblica cambia, diventa subito nazionalista,
schierandosi a favore di quelli che pensano che gli arabi farebbero
meglio a starsene a casa loro e che, in fondo, quando noi andiamo da
loro sono loro che ci costringono a vestirsi secondo le loro usanze e
i loro costumi. Pertanto, considerata la nostra consapevolezza di
appartenere ad una civiltà emancipata, oltre che egemone, che cosa
ci sentiremo di dire di fronte a una suora che vuole farsi il bagno?
“Ma le suore non si fanno mica il bagno in spiaggia! ” – replicherebbe
nell’immediato senza alcun dubbio qualche brillante opinionista.
Ed è evidente che non se lo fanno, ma non certo a causa della
religione – e non soltanto quella cristiana che, al contrario, esorta
le abluzioni. Va da sé che dovrebbe essere logico che ognuno di noi
possa vestirsi o non vestirsi come meglio crede, così come dovrebbe
essere altrettanto logico che gli Stati in questione convergano su pari
diritti nei rispettivi paesi, ma è proprio in virtù di questi due
condizionali che si continuano a generare dibattiti inutili, o meglio
utili soltanto a chi rende parlarne. Da diverso tempo viviamo
ormai immersi in un periodo molto delicato per la nostra società,
dove, forse, sarebbe il caso di cominciare a trattare – con delle
fasi progressive, proprio come quelle fasi in cui a mano a mano
vengono sistematicamente trucidati e sterminati inermi popoli
africani – e ad approfondire con un certo rigore solo più argomenti
che non dovrebbero diventare di dominio pubblico, soprattutto nel
“rispetto” di quelle persone abituate a cambiare troppo spesso il
proprio punto di vista.