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Aspettando l’incarico

“L’OSSERVATORE SPIATO”

RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

 

 

 

Aspettando l’incarico

 

 

E’ possibile che la spasmodica attesa in vista della formazione di

un nuovo esecutivo possa trasformarsi in una pièce teatrale scritta

nell’immediato dopoguerra, qualora i tempi superassero addirittura

quelli dimostrati di recente dal governo tedesco, per non parlare di

quelli visti nel governo spagnolo ? E’ possibile, certo che è possibile,

tutto è possibile con un po’ di immaginazione, basta non cambiare i

personaggi né tanto meno lo scenario e il gioco è fatto : è chiaro

invece il contrario, ovvero che sarebbe sufficiente cambiare sia i

personaggi che lo scenario per far si che ciò diventi possibile, ma

trattandosi di “Aspettando Godot” e sapendo al tempo stesso quanto

sia facile trovare un accordo politico è molto più probabile che si

tratti di un tentativo impossibile. E’ possibile o impossibile, oppure

potrebbe essere sia l’uno che l’altro ? Dipende, da molte cose.

Tanto per cominciare l’assurdo è una condizione esistenziale

inevitabile, di conseguenza sarebbe preferibile farsene una ragione

piuttosto di capire perchè, per esempio, prima si nasce e poi si muore.

E’ però anche vero che non è così semplice da accettare una simile

condizione, in ogni caso, per tentare di rispondere a questa domanda,

è necessario chiarire che l’assurdo è una condizione anche divina

oltre che umana e che – in quanto tale – non fa sconti proprio a

nessuno (figurarsi a dei politici). Dunque, in primo luogo è bene

rinfrescare la memoria riguardante la trama del capolavoro di

Beckett (altrimenti non si capirebbe una benemerita fava) :

su una desolata strada di campagna ci sono Vladimiro ed Estragone

(detti anche Didi e Gogo) due barboni vagabondi che si lamentano di

continuo per dover patire sia il freddo che la fame mentre stanno

aspettando un certo signor Godot, il quale però non compare mai sulla

scena, ma che si limita ogni tanto a mandare un ragazzo da loro per

dire che quel giorno non può venire, ma che verrà di sicuro l’indomani.

Sulla scena c’è soltanto un albero spoglio e delle foglie cadute

(a testimoniare in qualche modo il passare del tempo). A un certo

punto entrano in scena altri due personaggi : uno è Pozzo, che si

definisce il proprietario della terra dove stanno Didi e Gogo, e l’altro

è Lucky, il suo servo, che lo tiene al guinzaglio con una corda.

Pozzo è un tiranno ma al tempo stesso finge di avere pietà trattando

però Lucky peggio di una bestia incarognita. Una volta usciti di scena,

Didi e Gogo incontrano nuovamente il ragazzo (il messaggero di Godot)

e, rimanendo fermi, gli chiedono se possono andare loro da Godot e il

ragazzo risponde di si (però non lo fanno). Nel secondo atto Didi e Gogo

si ritrovano nello stesso posto davanti all’albero e continuano a

parlare, a volte ironizzando altre volte bofonchiando qualcosa privo

di un apparente senso compiuto. Quindi ritornano il servo e il padrone

(questa volta però la corda che li unisce è molto più corta). Quando poi

escono di scena per la seconda volta rientra il messaggero di Godot,

il quale dice ancora che per quel giorno proprio non si può presentare,

ma che di sicuro si presenterà l’indomani. Vladimiro ed Estragone

dunque gli richiedono le stesse cose che gli hanno chiesto nel primo

atto (rimanendo comunque immobili, relegati al loro posto).

Ora, che sia inutile offrire ulteriori spunti per cercare di dare delle

ennesime interpretazioni a un testo fondamentale del teatro

dell’assurdo, che ha condizionato non soltanto la maggior parte della

drammaturgia del novecento, ma che si è imposto sia alla critica che

soprattutto al pubblico come un evento di grande utilità per essere

stato così largamente diffuso e rappresentato, nel tempo e in tutto

il mondo, è scontato, così come per altro sarebbe pure scontato

evitare di capire perché la gente prima nasce e poi muore – nel caso

la maggioranza di questa gente se lo chiedesse (a cosa potrebbe

servire dal momento che si trova qui, in questo mondo).

Partendo perciò dall’opzione possibile – possibile inteso come l’attesa

di un nuovo governo possa trasformarsi in un dramma, d’ispirazione

beckettiana – si sostituiranno ai personaggi citati le varie forze

politiche attuali e allo scenario il nostro tanto amato quanto

vituperato Bel Paese : oggi in Italia ci sono due vincitori, M5S e Lega,

due partiti che hanno due visioni diametralmente opposte, che stanno

aspettando l’incarico di governo dal Presidente della Repubblica, il

quale non compare mai sulla scena in prima persona, ma che manda a

dire attraverso la stampa che per quel giorno non lo darà, anzi, che

forse darà un incarico esplorativo, ma che comunque lo darà di sicuro

l’indomani. L’albero rappresenta il potere, ovvero la criminalità

organizzata, mentre le foglie cadute sono ascrivibili alle troppe

vittime che si sono susseguite per combattere quel genere di potere.

A un certo punto entrano in scena F.I. e P.D. Dopo più di un ventennio

passato a legiferare non facendo altro che sostenere leggi ad

personam, nonostante i crimini commessi e commissionati, F.I. si

presenta da M5S e Lega autodefinendosi il proprietario della terra

dove risiedono, mentre P.D., che si è sempre dimostrato ligio al

proprio dovere di servire sia lo Stato che F.I. , si ostina (senza

nemmeno sapere perché) a voler essere quel tipo di servo.

Una volta usciti di scena P.D. e F.I., M5S e Lega incontrano ancora la

stampa, che fa da tramite tra loro e il Presidente della Repubblica,

per chiedere (malgrado siano fermi sulle loro posizioni) se possono

salire loro al Colle per l’incarico, e la stampa risponde di si

(anche se in realtà restano dove sono). Dunque i due vincitori delle

recenti elezioni politiche si ritrovano nello stesso posto continuando

a chiedere le stesse cose restando però fermi sulle loro posizioni,

vale a dire sapendo che pur immaginando un’ipotetica alleanza non

riuscirebbero mai a rispettare i tempi per concludere insieme il

mandato di una legislatura, e ovviamente si ripresentano sia F.I. che

P.D. (questa volta però con dei super tecnici e dei super competenti,

i quali dimostrano altresì di appartenere ad un’ala moderata dei

partiti che rappresentano e quindi in grado di poter dialogare con

chiunque sia capace di risollevare le sorti del Paese). Poi però accade

qualcosa di “inspiegabile” che fa nuovamente precipitare P.D. e F.I.

nel baratro, sotto la soglia del 20%. Di conseguenza, usciti di scena

per la seconda volta, la stampa (quella sovvenzionata e con un innato

senso per la responsabilità di edizione, beninteso) si ripresenta da

M5S e Lega dicendo loro che il Presidente della Repubblica non lo

darà per quel giorno, nemmeno quello esplorativo, ma che di sicuro

lo darà l’indomani. Colti perciò impreparati, sia M5S che Lega restano

attoniti e, a dispetto dei ripetuti avvertimenti alla stampa di

informare il Presidente della Repubblica di voler salire lo stesso al

Colle, restano sulle loro posizioni, inconsapevoli del fatto che

l’incarico – quand’anche di certo arrivasse dopo le consultazioni –

porterebbe inevitabilmente a ripetere gli stessi errori.

Nel caso invece sia impossibile che tutto ciò avvenga – ovvero che

non si ripetano gli stessi errori commessi dalle precedenti non che

fallimentari amministrazioni  e che quindi non si compia per l’ennesima

volta un’altra inedita rappresentazione del teatro dell’assurdo –

sarebbe forse meglio credere a qualcuno che parli quando è arrivato

il momento di parlare, ma che se ne stia anche rigorosamente zitto

quando è giunta l’ora di tacere.