“L’OSSERVATORE SPIATO” RIVISTA OCCASIONALE IN RETE
Il pragmatismo politico dimostrato in queste prime settimane di insediamento del neo eletto POTUS sta finalmente cominciando a donare i suoi primi preziosi frutti. Durante il corso del tanto chiacchierato quanto necessario incontro tra il POTUS e il Premier israeliano mirato a ridefinire il futuro di Gaza, infatti, è emerso che la Striscia potrebbe quasi certamente passare sotto il controllo statunitense, auspicando così che una pace duratura possa placare la follia belligerante perpetrata in Medio Oriente e, al contempo, mitigare le assurde pretese del popolo palestinese di voler tornare ad abitare nelle proprie case (anche se distrutte). E c’è di più, ovviamente: se, da una parte, l’amministrazione USA ha manifestato una legittima soddisfazione per l’esito del congelamento dei dazi imposti a Canada e Messico – che si impegneranno senza se e senza ma a risolvere una volta per tutte i problemi legati all’immigrazione clandestina – dall’altra parte, ovvero da quella delle lungimiranti politiche attuate dall’UE, i dazi imposti anche al vecchio Continente non potranno che favorire il confronto costruttivo – secondo gli analisti più accreditati – al fine di competere ad armi pari in ogni settore del libero scambio, a partire proprio dall’impiego delle intelligenze artificiali. In termini realistici, invece, una delle maggiori motivazioni – in merito alla già cosiddetta guerra dei dazi – che l’attuale amministrazione USA intende portare avanti è senza dubbio quella di spingere l’acceleratore sui fondi pubblici destinati agli armamenti, che i Ministeri della Difesa di ogni singolo Paese a guida democratica dovranno intraprendere affinché possano indebitarsi e far prosperare in questo modo l’economia a Strisce e Stelle. D’altra parte né Hamas – che tramite le proprie autorità ha dichiarato che un piano per la ricostruzione di Gaza che dovrebbe passare sotto il controllo USA dopo oltre 15 mesi di barbarie indicibili da parte dell’IDF è ridicolo – né tantomeno Hezbollah e qualsiasi altro Paese arabo potrà mai essere in accordo per negoziare un simile piano di ricostruzione. Inoltre, attraverso il proprio Ministro degli Esteri, l’Arabia Saudita, replicando alle esternazioni del POTUS (congiunta a quella del Premier israeliano, il quale ha continuato a dire che i soli obiettivi rimasti sono liberare gli ostaggi e distruggere definitivamente Hamas) ha fatto sapere che (testuale): «Non ci sarà alcuna “normalizzazione” delle relazioni con Israele senza la creazione di uno Stato Palestinese indipendente.» Dunque, la logica conseguenza di queste giustificate reazioni non può che portare a porsi la stessa identica domanda che si pone dal 1948, ovvero: per quale ragione si è dovuto costituire lo Stato d’Israele nel cuore dei territori arabi? Fino a che non ci sarà la volontà di rispondere a questa domanda non ci potrà mai essere pace.