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Per un pugno di centimetri

“L’OSSERVATORE SPIATO” RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

Per un pugno di centimetri

Difficile dire che cosa sarebbe potuto davvero succedere se uno dei proiettili indirizzati all’ex Presidente degli USA D. Trump non lo avesse mancato di un soffio, così come è difficile – per non dire impossibile – non pensare alle motivazioni delle evidenti falle del sistema di sicurezza, nonché alle conseguenze che tali motivazioni potrebbero scatenare qualora fossero smentite o confermate a favore o contro le relative ipotesi nell’immediato, invece che come al solito a distanza di 40/50 anni. Certo è che due uomini sono morti: il primo, perché per sua sfortuna si è trovato sulla traiettoria di quei proiettili, e il secondo, perché si trattava dello stesso attentatore. È un’evidenza reale, inconfutabile, che indurrebbe spontaneamente a chiedersi perché l’appena ventenne attentatore è stato subito ucciso, invece di essere prima catturato e poi interrogato, eppure a quanto pare sono in pochi che se lo stanno chiedendo, o meglio, che lo rendono manifesto. Secondo gli osservatori e gli analisti più accreditati della stampa internazionale, l’attentato a D. Trump, ma soprattutto l’immagine dell’ex POTUS al recente comizio che ha tenuto in Pennsylvania – il quale, con l’orecchio ancora insanguinato ha alzato il pugno al cielo incitando la folla a combattere – è, e a “ragion veduta” rimarrà un’icona di protesta e di antisistema nell’immaginario collettivo, utile sia a rinforzare il proprio elettorato che per mietere ulteriori consensi in vista delle ormai quasi imminenti presidenziali. In particolar modo c’è chi tra questi osservatori si è distinto azzardando anche delle ipotesi complottiste, sostenendo in buona sostanza che l’attentato sarebbe stato fatto sia per lo scopo appena menzionato che per quello di sollevarlo dagli innumerevoli capi d’accusa, qualora venisse rieletto. Ora, al di là della retorica del buonismo e del consueto appello unitario nel condannare ogni forma di violenza – che tra virgolette trascende come sempre le fazioni e gli schieramenti – perché addirittura nell’opinione dei maggiori esponenti dell’Informazione si sta instillando, goccia dopo goccia, quel fastidiosissimo e incurabile morbo (meglio noto come complottismo) che da sempre hanno cercato di debellare? Che cos’è che stanno realmente temendo: l’ascesa del tycoon più opinabilmente amato dagli americani, oppure di perdere la loro stessa credibilità? Che cosa potrebbe davvero succedere nel caso perdessero in modo irreversibile la loro credibilità, al di là dell’eterno dibattito su chi diventerà il prossimo POTUS?