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Il Critico

“L’OSSERVATORE SPIATO” RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

Il critico

La critica letteraria è una cosa seria, lo è sempre stata. Quando però si trasforma in mera apologia d’esibizione nel vano tentativo di stroncare o di elogiare dei capolavori senza tempo, assume le sembianze di una (per usare una definizione di fantozziana memoria) cagata pazzesca, diventa una cosa ridicola. Non volendo fare apposta il nome e il cognome di tale improvvisato critico – non tanto per paura di una sua proverbiale replica, quanto per evitare di pubblicarlo deliberatamente, proprio per non dargli troppa importanza – è il caso di citare un autorevole esponente di questa nuova e fresca ondata di luminari della critica letteraria, il quale, non senza una precisa documentazione (ovvero citando stralci direttamente dal testo in questione e su quella base strutturare la sua stroncatura) si è arrogato il diritto di dileggiare “Il giovane Holden” di J.D. Salinger. Premesso che in casi come questi l’omissione del virgolettato è d’obbligo, dall’articolo letto risulta subito chiaro come la sua geniale invettiva riesca ad evolversi progressivamente coinvolgendo e oltremodo convincendo una miriade di detrattori pronti ad emularlo : anche se le parole non saranno certo le stesse (a dispetto del senso, che invece è per fortuna immutabile) nell’esordire nel suo encomio a Holden Caulfield, il Critico si giustifica sostenendo che la stragrande maggioranza di studenti che si sono imbattuti per la prima volta nell’opera di Salinger lo hanno dovuto fare più per imposizione che per scelta. Cosa che, se fosse vera, non avrebbe avuto ragione di influenzare un’intera generazione, o quanto meno non sarebbe entrata in modo così preponderante nelle loro teste. Poi, una volta chiarito questo aspetto correlato all’educazione letteraria, avvalendosi di numeri più o meno attendibili (come ogni critico che si rispetti è solito fare) ha iniziato a sciorinare tutta la sua vena ispiratrice con una serie di pillole di saggezza aristotelica davvero invidiabile. A partire proprio dal linguaggio usato in “The Catcher in the Rye” (questo il titolo originale del libro, che per ovvie ragioni di traduzione, che comunque bisognerebbe spiegare al Critico, hanno voluto intitolare “Il giovane Holden”) il Critico muove uno dei suoi più giustificati j’accuse sul fatto che secondo lui Salinger, con il passare del tempo, non è più da considerarsi un autore cult, anzi, che non lo è mai stato proprio perché avrebbe perso quella naturale freschezza di cui poteva godere in passato facendo breccia soprattutto nei cuori degli adolescenti attraverso la sua parlata originale, con il suo tipico intercalare, che oggi, dopo che sono passati molti anni dalla sua pubblicazione, risulterebbe stucchevole e che perciò non sarebbe più adatto per un pubblico giovane. È vero che il tempo passa e che le parole assumono dei significati diversi a seconda delle epoche vissute, ma occorre anche ricordare, anzi, urge ricordare, soprattutto a chi si sente in grado di pontificare dispensando consigli di lettura a destra e a manca, che le parole usate in testi che sono riusciti a convincere sia il pubblico che la critica indipendentemente dalla conoscenza o meno di un’estetica relazionale di fondo, non si dimenticano, così come non si dimenticano quelle contenute in certe canzoni che sono diventate (e lo saranno sempre) delle pietre miliari della musica di ogni tempo. È un dato oggettivo, bisogna farsene una ragione. Se poi si associa il personaggio principale a un disoccupato, alla perenne ricerca di voler fare un po’ quel che gli pare e piace sfruttando al massimo il sostentamento da parte dei genitori, tacciandolo d’esser null’altro che un tabagista e un parassita sociale, allora vuol dire proprio che di quel testo si è capito tutto, che si è riusciti a penetrare inconfutabilmente negli insondabili abissi dell’autore. Invece, in buona sintesi, significa soltanto che si preferisce dileggiare un autore del passato nella vana e illusoria speranza di essere letto da qualcuno che magari riuscirebbe addirittura a trovarlo interessante, il Critico, dimenticandosi però al contempo che quel genere di critica è buona esclusivamente per generare gli stessi parassiti sociali da lui evocati.