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Le priorità di Sion

“L’OSSERVATORE SPIATO” RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

Le priorità di Sion

Da circa 73 anni a questa parte – ovvero da quando lo Stato d’Israele proclamò la propria indipendenza in nome della sovranità che gli spettava di diritto, difendendo il popolo ebreo dagli attacchi pressochè immediati degli Stati arabi – le politiche di espansione del Paese degli Eletti sono un continuo susseguirsi di indicibili atti di guerra, giustificati in primis dall’amministrazione governativa USA e strumentalizzati in nome proprio di quella Shoah, che invece dovrebbe ricordare che l’espansionismo e l’invasione di territori che appartengono ad altri popoli non possono fare altro che continuare a fomentare altre guerre e altri genocidi. In termini di numeri e di “motivazioni” di questi genocidi – a cominciare da quello perpetrato nei confronti delle tribù degli Indiani d’America – l’entità è facilmente ascrivibile ai più diversi responsabili, che ne detengono il triste primato. La progressiva impennata di raid aerei e attacchi via terra sferrati in questi giorni senza tregua nella striscia di Gaza dall’esercito israeliano ad Hamas – che ha sì, attaccato per prima, ma che forse è stata costretta a farlo proprio per evitare di vedere scomparire nel nulla più assoluto il popolo palestinese – è il risultato inequivocabile degli enormi interessi economici che alcuni Stati sovrani hanno nel generare conflitti, indipendentemente dalle latitudini (anche se in questo caso si potrebbe affermare che questa è la madre di tutti i più recenti conflitti). Generando conflitti produci debiti, è risaputo, e controllando i debiti sostanzialmente riesci ad assoggettare i popoli nonostante esploda la violenza e la disperazione. Risultato : chi i conflitti li genera continua a governare, mentre chi invece anela soltanto a vivere in pace nella propria terra continua a subire vessazioni e ad essere trucidato. Strumentalizzare la Shoah per giustificare l’intensificazione delle rappresaglie israeliane nei confronti dei palestinesi non è soltanto un atto deplorevole, è anche purtroppo una constatazione implicita di fallimento. Una società, o per meglio dire una buona parte di società che si considera civile evitando di ammettere questo fallimento, non è una società civile, è una società malata, “legalmente costretta” a commettere abusi di potere inaccettabili. Chi lo fa, chi strumentalizza la Shoah per giustificare simili abusi di potere, non fa altro che indebolire quotidianamente l’umanità sapendo al contempo che illudendosi di avere il controllo totale sui popoli potrà continuare a vivere sereno per il resto dei suoi giorni nell’assurda convinzione di essersi sentito in dovere di operare nell’interesse del proprio Paese d’appartenenza. Governare però non vuol dire incentivare la coercizione al nichilismo cercando di rendere tutti più vulnerabili per evidenti mancanze di prospettive, significa infondere nelle coscienze più individualiste la speranza che un giorno si possa rifondare la politica globale parlando proprio di coscienze, di visioni future e, considerato che nella fattispecie si tratta del popolo eletto, di un ritorno a riconsiderare gli aspetti fondanti del teocentrismo, quello non contaminato, privo di quell’antropocentrismo scientifico così idolatrato in questo periodo pandemico, tanto da riuscire ad imporre addirittura dei diktat politici. E invece no. Nel Paese degli Eletti le politiche di espansione cominciarono ad imperversare già nel 1948, forse perchè i loro autorevoli rappresentanti speravano già di occupare anche la Siria e l’Egitto orientale prima di poter festeggiare il centenario di indipendenza, chissà, resta il fatto che purtroppo non sono i soli ad attuarle.