“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE
Venti tra venti
L’uso forzato e per certi versi compulsivo che si sta facendo di qualsiasi strumento digitale per cercare in qualche modo di evitare le inevitabili conseguenze socioeconomiche causate da questi drammatici giorni di pandemia, costringe a una domanda che trascende la recente immissione di liquidità nei mercati finanziari (750 mld di euro) da parte della BCE : quando tutto questo che sta accadendo diventerà un lontano ricordo (anche se le probabilità che finisca in un oblio rigenerante e a breve termine sono davvero scarse) a che cosa servirà investire nelle infrastrutture per ampliare l’uso della banda larga, se già oggi – nonostante le risorse umane competenti e necessari a gestire le operazioni telematiche fondamentali che diventeranno a quanto pare indispensabili (vedi I.A./I.O.T./Blockchain/realtà aumentata) non manchino – chi è schierato a favore di tali investimenti vede come un nemico, e non come un antagonista, chi vorrebbe orientare la maggior parte degli interinali e dei precari verso professioni di manovalanza specializzata? Intorno la fine dello scorso millennio – quando già si ipotizzava un sistema di comunicazione satellitare che si sarebbe poi sviluppato e che sarebbe stato in grado di connettere chiunque in ogni parte del mondo, rendendo vano addirittura il viaggio fisico – la globalizzazione era agli albori della sua ascesa, e sebbene abbia poi dimostrato di fatto tanto i vantaggi quanto gli svantaggi sono state le popolazioni a subirne le conseguenze, non certo quei pochi che sono stati determinati nel volerla e imporla come modello o stile di vita da adottare. La rivoluzione digitale, che è stata riconosciuta come elemento fondante della globalizzazione e che continua da una parte a venire incontro alle esigenze dell’uomo mentre dall’altra a snaturarne l’etica, oggi deve, o per meglio dire, non può fare a meno di dover affrontare l’aspetto più interessante connesso ai rapporti socioeconomici, ovvero regolare le norme per il rispetto della privacy. La Storia ha dimostrato come e perchè i governi, le associazioni, le fondazioni, le multinazionali, gli enti coinvolti in scandali legati al furto legalizzato e all’elaborazione di dati sensibili – furto reso possibile anche dal consenso di chi li ha spontaneamente concessi illudendosi di avere voce in capitolo – abbiano tutelato i propri interessi partendo proprio dall’abuso di potere indiscriminato in termini di privacy. Oggi in Cina, che pare stia per tornare alla “normalità” (nel senso che in Hubei la popolazione è tornata con una certa timidezza a produrre) per monitorare lo stato di salute dei cittadini ma soprattutto per metterli in condizione di seguire pubblicamente i propri comportamenti in merito alla trasgressione delle ordinanze imposte dal regime, sono state create due app tramite cui è possibile verificare in tempo reale sia chi rispetta o meno la quarantena riuscendo a risalire a tutte le persone entrate in contatto con chi risulta essere infetto e sia per registrare gli spostamenti di chi accede in un qualsiasi edificio, in modo tale da tracciare tutti i movimenti, con un conseguente e prevedibile mantenimento di questo assurdo controllo anche dopo, finita l’emergenza da Covid-19. Dunque che cos’è più importante, la privacy o la salute dell’individuo? La digitalizzazione, che serve a monitorare gli individui costringendoli a mantenere una distanza di sicurezza obbligatoria ma al tempo stesso a controllarli in ogni loro singolo pensiero o gesto e in ogni caso “rendendoli immuni” al contagio, oppure l’occupazione indiscriminata, che dovrebbe mirare a un ritorno degli investimenti sugli antichi mestieri che magari torneranno ad essere necessari proprio a causa di un eccesso di operatori digitali? Di che cosa si dovranno occupare le amministrazioni governative quando e se mai usciremo da questo stallo? Che nulla sarà più ormai come prima bisogna metterselo in testa fin da questo momento, e considerato che l’accesso alla conoscenza è sempre stato visto come uno strumento di emancipazione, oltre che di riduzione degli errori commessi in passato, forse è di questo che già oggi si dovrebbero occupare : ovvero interrogarsi sul come e sul perchè le ingiustizie sociali causate sia da comportamenti che da stili di vita sbagliati – oltre che indotti – abbiano potuto radicalmente cambiare il nostro modo di vivere.