“L’OSSERVATORE SPIATO” RIVISTA OCCASIONALE IN RETE
Lettera a un bambino già nato
In quel lucido e a volte cinico contenitore di immagini, notizie, scene che si potrebbero anche fare a meno di guardare ma che la realtà oggettiva non fa che riflettere come uno specchio giorno dopo giorno, quale è Blob, che in fondo resta ancora l’estremo baluardo a tutela dell’utente dall’inquinamento acustico/visivo propinato, ieri sera, durante la consueta rassegna di sovrapposizioni filmate e montate ad arte per offrire un servizio pubblico utile, nonché condivisibile, è comparso il cantante Tiziano Ferro che ha iniziato un monologo – bisogna dirlo – primigenio, nel senso che ha cominciato ad elencare una serie di parole discriminanti per ricordare che le parole hanno un peso, e subito dopo, in perfetto stile in cui la trasmissione di Enrico Ghezzi ha abituato i telespettatori a divertirsi riflettendo, sul teleschermo sono comparse le cosiddette sardine del neonato movimento politico cantando la celeberrima Bella Ciao. Vero è che le parole hanno un peso e che non ci voleva certo un luminare dell’ontologia come Tiziano Ferro per ricordarlo, altrettanto vero però è che una trasmissione come Blob, definita da gli stessi vertici dell’azienda nazionale di Viale Mazzini come irriverente, a volte esagera nel segnalare cose di questo genere, non tanto perché dimostrando con l’immediata sovrapposizione di immagini che le parole in quei casi sono davvero inutili, quanto perché l’irriverenza non dovrebbe essere relegata a dipendere da un colore politico : prendersela con le cosiddette sardine, ovvero con qualche migliaia di cittadini aizzati da tre studenti (il che la dice lunga su troppe cose) che stanno per scoprire che cosa significa la parola politica, ma che più che altro sono nati o insorti per scongiurare il ritorno del Selfie Made Man illudendosi di poter scacciare il demone fascista insito nel cuore di ogni italiano e ignorando al tempo stesso il valore semantico della parola fascismo, è – per usare un noto slogan pubblicitario che era in auge qualche annetto fa – vincere facile, è come sparare sulla Croce Rossa e, paradossalmente, nel difendere la presa di posizione dal punto di vista di questa voce dell’irriverenza (vale a dire sostenendo che il significato delle parole viene meno proprio facendo vedere attraverso le immagini che chi dice cose banali è destinato a venire subito smentito da chi purtroppo ne dice altre, che in ogni caso non portano a nulla) non si fa altro che alimentare la convinzione che nell’immaginario collettivo si ripete come un mantra, ovvero che la politica decide al posto tuo quello che tu, astensionista, ti rifiuti di vedere. Eppure – a meno che non insorga una commissione di spionaggio istituita da un’associazione segreta di liberi individui nata per monitorare l’operato fallimentare dei politici di qualsiasi colore, costringendoli magari a rendicontare sullo smartphone di ogni onesto cittadino gli errori commessi in sede parlamentare, così come in ogni altra sede competente, a partire proprio da quella piazza che coinvolge i cittadini solo per protestare ma mai per proporre azioni davvero concrete – il partito dell’astensionismo continua a risalire nei sondaggi. Di chi è la colpa? Ma delle parole no? La strumentalizzazione delle parole che viene fatta in questo Paese è paragonabile forse soltanto a quella ostinata abitudine – tipica di chi dimostra di avere la vocazione da Statista – di svegliarsi un bel mattino e di fondare un partito o un movimento in grado di assumersi la responsabilità civile di guidarlo, dimenticandosi probabilmente che le conseguenze delle loro parole originate dal loro stesso agire non fanno altro che indebolire la rappresentanza di un qualsiasi Paese democratico. L’ingovernabilità di questo Paese ha regnato e purtroppo regnerà sovrana, a causa sia del retaggio dei Romani che di quello dei Mafiosi – aggiungere altro sarebbe soltanto un modo come un altro per fare retorica nel vano tentativo di esautorare gli eletti.