“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE
Quindici Marzo Duemiladiciannove
Il solo fatto che oggi milioni di studenti manifestino in tutto il mondo
Il solo fatto che oggi milioni di studenti manifestino in tutto il mondo
il proprio dissenso rivolto alle contraddizioni politiche palesate in
materia di tutela ambientale dalla maggioranza dei governi – per non
parafrasare la maggior parte dei politici di professione che sono soliti
dichiarare “dal consenso ricevuto da tutti gli elettori, all’unanimità”, che
risuonerebbe più come un’eco smisuratamente totalitaria e dunque
per certi versi pure tacciabile di eversione – dovrebbe mettere a
tacere sia chi si ostina a voler ad ogni costo realizzare grandi opere
inutili (che poi queste grandi opere siano utili o meno dovrebbe
esclusivamente dipendere dal sapere o dal non sapere come
salvaguardare l’ambiente in cui l’uomo pensa nonché progetta di
vivere riuscendo neanche ad immaginare quanto la forza della Natura
potrebbe rivoltarsi contro) che chi continua a pianificare vie
commerciali in grado di espandere cultura e stili di vita diversi al
fine di consolidare l’egemonia propria, di un qualsiasi Stato.
A quanto pare invece, tra vecchie storie trite e ritrite, come quella
di avere l’obbligo di esportare la democrazia in Paesi non civilizzati,
e nuovi esempi da seguire, come la avveniristica Via della Seta, chi
governa sta continuando a fregarsene e degli studenti e di quelli che
oggi hanno qualche anno in più. Una delle maggiori responsabilità
nell’aver negato futuro e prospettive ai nostri giovani è causata
proprio da chi oggi si ritrova con qualche anno in più rispetto ai
manifestanti. Che cosa sarebbe cambiato se gli allora studenti
avessero fatto sentire la loro voce sui continui abusi edilizi e scarichi
di rifiuti tossici che nel tempo non hanno fatto altro che inquinare le
falde acquifere contribuendo a provocare un perenne dissesto
idrogeologico? Domanda capitale, è vero, ma per rispondere
occorrerebbe semplicemente farsene altre, di domande. La ragione
per cui chi non se le pone, o meglio, la ragione per cui anche nel caso
chi se le ponesse eviterebbe di scendere in piazza per manifestarle,
è nota, ovvero è una ragione di comodo, di quel non voler farsi
coinvolgere apposta per non dover un giorno difendersi da accuse
infamanti o, peggio, da moniti pericolosi. Non sto dicendo che sarebbe
arrivato il momento che diventassimo tutti dei giornalisti d’inchiesta
pronti ad immolarsi per una nobile causa, sto soltanto cercando di
segnalare che se hai avuto la fortuna di arrivare alla soglia dei 50
anni e hai sempre pensato al benessere tuo e a quello della tua
famiglia, primo non ti devi lamentare delle scelte che i politici fanno
al posto tuo in quanto invece di votare magari te ne sei andato da
un’altra parte, fregandotene, e secondo perché se i tuoi figli non
trovano un lavoro adeguato agli studi che sono riusciti a conseguire
è anche colpa tua, così com’è anche colpa mia e di tutti quelli che non
sono stati capaci ad esprimere le ragioni profonde di un astensionismo
che ha causato i disastri che sono davanti ai nostri occhi minuto per
minuto. Perché però, nonostante i disastri, l’astensionismo continua
ad essere il primo partito nazionale, ma soprattutto quali sono le
ragioni profonde che impediscono di votare agli aventi diritto un’unica
forza rappresentativa che non crolli dopo nemmeno un anno di
legislatura? Banalità a parte, la comunicazione gioca un ruolo
determinante nella strategia politica di un movimento o di un partito
e quella adottata dal M5S non è di certo la migliore, anche perché ha
dimostrato una certa sudditanza nei confronti del coinquilino di
Palazzo Chigi – specie in temi scottanti come l’immunità parlamentare
(si pensi al caso Diciotti). L’assumere poi come portavoce un ex
concorrente del Grande Fratello non credo possa annoverarsi tra le
mosse più azzeccate, per non parlare anche di altre scelte, tutte
discutibili (come del resto in un qualsiasi altro partito) che hanno
comunque inciso sul ribasso dei consensi ottenuti da i 5 Stelle quando
erano all’opposizione. Paradossalmente, forse, dovrebbero essere
ancora più intransigenti con la stampa e con i mezzi di comunicazione,
o magari addirittura dovrebbero nemmeno farsi più vedere (come
dimostrarono nei comportamenti al loro esordio, quando evitavano
di farsi intervistare dai giornalisti) in modo tale da risvegliare
l’indole latente dell’astensionismo, vale a dire quella parte di noi
tutti, nemmeno poi così nascosta, dove in coscienza sappiamo quanto
sia raro (se non unico) il caso in cui un politico decida di esserlo per
vocazione e a prescindere dalle competenze, un’indole che purtroppo
o per fortuna consente ancora di riconoscere chi è capace o chi non
è capace di prendere in giro gli elettori. Incrementare dunque le
conferenze sull’ecologia, sensibilizzare l’opinione pubblica con eventi
mirati ad inculcare (e in tal caso bisogna proprio sottolinearlo, il
verbo, in quanto il metterlo in pratica è diventata un’esigenza
prioritaria) la consapevolezza di tutelare il patrimonio naturale e
ambientale del pianeta, dovrebbero essere le linee guida di un
movimento politico di oggi, specie quando gli esponenti delle
opposizioni si permettono di gridare al disastro economico causato
dalla perdita di fondi stanziati apposta per una mancata realizzazione
delle necessarie infrastrutture che servirebbero a rendere più
veloce un mondo che sta già andando fin troppo in fretta verso una
destinazione non tanto certa quanto dettata da un’irresponsabile
auto imposizione. Per iniziare un consapevole percorso politico
dunque, mirato non dico a debellare ma quanto meno ad arginare
l’astensionismo, non ci sono rimaste molte altre alternative, è
diventato indispensabile agire, pensare come quella ragazzina
svedese che marinava la scuola di venerdì per protestare contro il
Parlamento del suo Stato.