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E la base russò

        “L’OSSERVATORE SPIATO”

   RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

                                        

  E la base russò

 

Malgrado la notizia dell’arresto ai domiciliari dei genitori del

  cosiddetto rottamatore per l’ennesima accusa di false fatturazioni

  prodotte a insaputa degli stessi imprenditori coinvolti, che

  ammonterebbero a una cospicua cifra di altrettanti cosiddetti

  piccioli, nonostante il M5S non abbia mai di fatto votato l’art. 68

  della Costituzione (l’immunità parlamentare) eccetto questa volta,

  ovvero per il caso Diciotti, e sebbene lo stesso caso riguardasse in

  fin dei conti l’art 96 (lo stato d’accusa sia per il Presidente del

  Consiglio dei Ministri che per i Ministri) con la conseguente e nota

  presa di posizione da parte di tutto l’esecutivo, la scelta di demandare

  ai circa centomila iscritti della piattaforma Rousseau la risposta a un

  quesito – posto per altro in modo ambiguo – circa l’interesse che lo

  Stato avrebbe dovuto avere nel trattenere o meno a bordo di

  quell’imbarcazione tutti quei migranti è di per sé un chiaro esempio

  di come si possa progressivamente imparare, frequentando certi

  ambienti, a scaricare la responsabilità. Il fatto poi che all’apparenza

  mediatica il contratto di governo risulti sempre essere un espediente

  inattaccabile delle due forze di maggioranza, gioca a favore soltanto

  di quella verde, e anche se mossi da questa critica i responsabili

  della magistratura di Catania – che hanno iscritto nel registro degli

  indagati il Ministro degli Interni portando lo stesso Presidente del

  Consiglio ad auto denunciarsi per il presunto reato di sequestro di

  persona – bastassero da soli a far risvegliare dal torpore sociale

  prima che politico in cui è sprofondata la classe dirigente della forza

  gialla, probabilmente si continuerebbe a discutere di come valutare

  un’alternativa di governo valida e rappresentativa. E’ vero che senza

  la decisione di non far sbarcare i migranti dalla Diciotti

  temporaneamente (presa all’unanimità dal Consiglio dei Ministri)

  l’UE non avrebbe certo accolto le condizioni imposte dal governo

  italiano evitando di suddividersi l’onere di ripartire equamente gli

  stessi nel territorio europeo, però è anche vero che secondo i

  trattati internazionali sanciti dall’ONU in buona sostanza gli Stati di

  frontiera più vicini ai fenomeni di immigrazione avrebbero il compito

  di espletare delle politiche in grado quanto meno di arginarne il flusso

  ininterrotto. Restando in tema di responsabilità dunque la decisione di

  farli scendere o meno dall’imbarcazione fino a prova contraria

  spettava, così come spetta tutt’ora,  sia al Presidente del Consiglio

  che al  Ministro degli Interni. Ad ogni modo, secondo l’art. 96, supponendo

  che il Parlamento dopo il processo li avesse posti in stato d’accusa

  per il suddetto reato commesso durante l’esercizio delle loro funzioni,

  articolo che rimanda la questione all’art. 90, in cui si evince che il

  Presidente della Repubblica invece non è responsabile degli atti compiuti

  nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per tradimento oppure

 per attentato alla Costituzione, chi avrebbe dovuto essere processato

  e perché – se tutti i membri del Consiglio erano d’accordo – sarebbe

  mancata la volontà politica di mettere in stato d’accusa gli stessi

  magistrati per illegittimità costituzionale di una norma che di legge

  che avrebbe dovuto servire per difendere i confini di Stato invece che

  per chiedere l’autorizzazione a procedere nei confronti dei presunti

  indagati? Chi dovrebbe essere più responsabile nell’agire su questioni

  di estrema importanza come quelle di salvare vite umane, gli iscritti

  alla piattaforma Rousseau, oppure la classe dirigente di questo

  ingovernabile Paese?