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B come burattini

          “L’OSSERVATORE SPIATO”

    RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

  

                        B come burattini

 

Per chi nel pomeriggio di ieri si fosse casualmente o con deliberata

  “ambizione” sintonizzato su Canale 5 e avesse assistito al monologo

  dell’Autore – ovvero del burattinaio, dell’artefice del come saper

  fare impresa in questo Paese riuscendo a ridistribuire ricchezza

  e soprattutto dignità alla maggior parte della popolazione senza mai

  insospettire anima viva sulla Sua integerrima condotta, del faro

  illuminante per milioni e milioni di imprenditori nazionali, insomma,

  come Lui stesso ha avuto modo di definirsi, del Sacerdote della

  democrazia – propinato ininterrottamente per quasi mezz’ora sotto

  lo sguardo attonito e al tempo stesso affascinato della plurititolata

  conduttrice (plurititolata per usare un eufemismo, considerato

  l’alto profilo istituzionale che ricopre nella trasmissione che

 conduce) lo spettacolo è stato a dir poco esilarante. Che fosse accolto

  da un’ovazione prima durante e dopo il Suo intervento era prevedibile

  e, anzi, pare pure strano che qualche spettatore in studio non si sia

  catapultato dagli spalti nel tentativo di dirgli qualcosa o anche solo di

  attirare la Sua attenzione in modo tale che il Suo sguardo divino lo

  degnasse di un immenso e irripetibile istante, il fatto che però si sia

  in un certo senso limitato a dire con la consueta umiltà che Lo

  contraddistingue che gli italiani sono diventati tutti matti ad aver

  dato la fiducia di governo a una coalizione che non li rappresenta e che

  proprio in ragione di questo, alla veneranda età di 82 anni, si è sentito

  in dovere di scendere ancora una volta in campo per unire l’Europa

  acquistando un appartamento a Bruxelles la dice lunga sulla Sua più

  che giustificata presa di posizione : magari trent’anni fa avrebbe

  detto che si sarebbe comprato l’Emiciclo che si trova nella stessa

  città, ad ogni modo, finalmente, è tornato in auge, complice forse la

  vittoria nel feudo abruzzese e il conseguente crollo dei grillini 3.I

  (incapaci, incompetenti e inutili) sta di fatto che è tornato a far

  sentire la Sua voce e di questo nessuno dovrebbe osare lamentarsi – 

  specie in momenti così cruciali per le sorti del Vecchio Continente.

  Secondo gli analisti più accreditati (economici e non) i fattori che

  determinano il blocco della crescita e dello sviluppo europeo sono

  troppi, a partire dall’ipotetica mancata realizzazione del TAV Torino/

  Lione, che farebbe perdere non soltanto qualcosa come 50000 posti

  di lavoro, ma che sarebbe l’essenza stessa dell’UE, il volano delle

  imprese, del rafforzamento nonché del consolidamento della moneta,

  in pratica il punto di partenza per riuscire finalmente a costruire una

  grande Europa – con tanto di Parlamento ed esercito militare uniti

  sotto un’unica bandiera, tutti pronti a difendere l’inarrestabile ascesa

  del colosso cinese. Ora, al di là dell’analisi costi benefici (accessibile a

  chiunque sul sito del MIT) divulgata proprio ieri suscitando una

  valanga di polemiche – per altro logiche – tra governo e opposizione,

  resta da chiarire come e perché lo scontro che divide sia gli organi

  istituzionali che l’opinione pubblica continui ad essere politico,

  nonostante sia i costi che i benefici abbiano poco a che vedere con

  chi sulla questione si avvalora di pretesti ideologici.

  Le ragioni dell’opposizione circa la validità o meno dell’analisi costi

  benefici sono legittime, basterebbe pensare che da tale analisi si

  evincono soltanto costi e pressoché zero benefici, oltre al fatto

  quanto meno paradossale che sia stata menzionata la perdita delle

  accise sulla benzina causata dal mancato transito automobilistico,

  ciò che però non convince affatto restano le cause che hanno portato

  a realizzare prima i lavori di scavo e poi a pianificare il dirottamento

  del suddetto traffico su rotaie : se infatti è vero che da un punto di

  vista ambientale l’impatto ecologico determinato dall’assenza del

  passaggio di mezzi pesanti su gomma sarebbe considerevole, è anche

  vero che lo stesso impatto ecologico determinato dal voler traforare

  ad ogni costo delle montagne che contengono amianto al solo scopo di

  velocizzare un trasporto che già di per sé è veloce potrebbe perfino

  essere ritenuto molto più che considerevole – viste le tematiche che

  quotidianamente si affrontano nelle opportune sedi circa la questione

  ambientale – e visto che queste cause sono di fatto politiche (lo sono

  sempre state) la domanda (sul come e perché lo scontro che divide

  sia l’opinione pubblica che le istituzioni continui ad essere politico)

  non può che risultare retorica. A sostenere questa tesi ci ha pensato

  l’euro burocrate capogruppo Guy Verhofstadt dando del burattino al

  Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, dimenticando forse

  (o meglio, tempestivamente ricordatogli dallo stesso premier italiano)

  di essere lui uno dei tanti burattini telecomandati da lobbisti e

  speculatori senza vergogna che in parte, purtroppo, appartengono

  anche a quel Parlamento europeo che con ogni probabilità non

  rieleggerà alle prossime elezioni di Maggio gli stessi capo gruppi.

  L’Europa non ha bisogno di burattini, né tantomeno di burattinai,

  l’Europa ha bisogno di persone che sappiano guidare il processo di

  unificazione attraverso una rete capillare di controllori che abbiano

  esclusivamente la responsabilità di vigilare sull’operato di chi decide

  di mettersi al servizio del popolo, perché il reale progresso di un

  popolo si misura dal comportamento dei suoi membri più autorevoli

  e perché, nel caso questa autorevolezza venisse a mancare, non si

  dovrebbe perdere un solo istante nel pensare a come doverli

  sostituire. Quel che di certo riempie d’orgoglio patriottico rimane

  comunque la pertinente oltre che copiosa presa di posizione del

  Quirinale in difesa del popolo italiano, che, tramite l’attuale Presidente

  della Repubblica, ha dato per l’ennesima volta l’impressione di essere

  un’istituzione che sa come e quando dovrebbe intervenire nel

  dibattito pubblico – segno questo di inequivocabile autorevolezza

  rappresentativa.