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La macchina della fiducia

“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

La macchina della fiducia

Un complesso sistema tecnologico apparentemente semplice da
favorirne la comprensione, basato sulle transazioni di cripto valute
e incentivate da i governi per dimostrare trasparenza e tracciabilità
di ogni singola operazione in ambito economico e politico facendo leva
per l’ennesima volta sulla keyword più usata per attrarre potenziali
validatori : trust. Di questo passo è ragionevole supporre che parole
come appunto fiducia e parola chiave possano definitivamente
scomparire dall’edizione di nuovi dizionari della lingua italiana – per
non dire che potrebbe addirittura eclissarsi la stessa lingua – sta di
fatto che il fenomeno Blockchain sta condizionando la vita di tutti,
così come per altro ha fatto Internet e così come farà l’inevitabile
susseguirsi di derive tecnologiche fondate sul know how delle
cosiddette industrie punto zero. Per capire che cos’è e come funziona
Blockchain basta fare una ricerca su Internet, leggere un articolo
descrittivo – che ne riassuma il meccanismo – e magari condividerlo
sui social esaltandone o screditandone l’utilità. Perché però ci si
dovrebbe assoggettare senza se e senza ma a un sistema tecnologico
di transazioni – che per il suo naturale evolversi consequenziale potrà
diventare determinante per l’economia e per la democrazia – quando
di fatto è già stato deciso che avremmo dovuto orientarci verso quel
sistema per eleggere le autorità democraticamente ? E perché – da
come si evince dal meccanismo (incatenato?) descritto, che consente
di garantire le stesse funzionalità garantite dalle banche senza però
che ci sia più bisogno di un’autorità centrale che verifichi e che
autorizzi la legittimità di una transazione – se ci si dovesse chiedere
in quale modo si potrebbe verificare quel tipo di transazione (visto
che nel meccanismo non è prevista la presenza di un’autorità centrale
che possa fare i dovuti controlli) la risposta che viene data da chi
spiega come e perché usare la Blockchain in sostanza sarebbe quella
di decentralizzare le autorità, in modo che tutti gli utenti possano
controllare e modificare le regole che compongono la governance
della Blockchain ? Per quale oscura ragione (altrimenti tradotta
simultaneamente in trasparente dai sostenitori, va da sé) tutti gli
utenti possono “controllare, verificare, essere insomma certi” che
tramite il meccanismo propinato le transazioni di Bitcoin e di altre
cripto valute sono affidabili, oltre che di sicuro investimento, se non
perché verrebbero indotti ad investire in cripto valute alimentando
un mercato che potrebbe dirsi appena uscito dagli scandali legati
alle bolle finanziarie (vedi Lehmann brothers, debiti subprime) ?
Qualche anno fa (era l’ultimo giorno di Ottobre del 2015) “L’Economist”
osò descrivere le straordinarie potenzialità offerte dalla Blockchain
come il nuovo modo di fare economia, vale a dire di come la tecnologia
improntata su i Bitcoin avrebbe potuto trasformarla e soprattutto
farla funzionare definendo a caratteri cubitali la Blockchain come
La Macchina della Fiducia, partendo dal presupposto che fu ingiusto
nonché sleale tacciare i Bitcoin di avere una pessima reputazione
(atta a favorire l’illegalità, in sintesi) perché la cripto valuta in
questione godeva già all’epoca di una certa stabilità e soprattutto
perché la Blockchain poteva mettere in condizione chi non aveva
fiducia nei suoi collaboratori di evitare di avere come intermediari
delle autorità neutre, centrali. E infatti, non essendoci intermediari a
gestire le transazioni, la Blockchain abbatte i costi delle commissioni
bancarie, di conseguenza diventa fondamentale per le banche e per gli
istituti finanziari investire in questa nuova tecnologia, così come per
le assicurazioni, che per prevenire frodi e gestire al meglio il rischio,
massimizzano sia i fondi che i capitali, per non parlare delle industrie
punto zero o delle industrie agro alimentari, dove si può sfruttare al
massimo la logica decentralizzata della Blockchain per produrre altre
tecnologie in grado di supportare la produzione “senza costi
aggiuntivi” che indebiterebbero ulteriormente l’azienda, oppure di risalire
alla filiera di un prodotto “essendo certi” sia del suo percorso
identificativo (dalle fasi del raccolto alla messa in tavola) che della
sua “assoluta immunità” dal rischio di subire contraffazioni.
Alla luce di questo sarebbe pertanto superfluo immaginare l’uso della
Blockchain nella pubblica amministrazione o, peggio, nella sanità,
proprio perché – investendo in questa nuova tecnologia – ci si
renderebbe conto di persona del progresso messo in atto da ogni validatore
che partecipasse alla formazione dell’interminabile catena di
blocchi finanziari creati apposta per implementare il benessere comune.