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Querelante & querelato

“L’OSSERVATORE SPIATO”

RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

 

Querelante e querelato

 

 

Se fosse vero che la querela per diffamazione a mezzo stampa usata

contro la libertà di pensiero e di espressione si fonda su un principio

incontrovertibile – quale è l’offesa recata al querelante dal querelato

per aver leso il diritto ad esercitare la professione che svolge –

tacciandolo magari di falsa testimonianza  o di ipocrisia – che cosa

dovrebbe fare il querelato per difendersi, suggerire al proprio legale

che quello che lo ha querelato è il portavoce pro tempore di un

magnate che controlla l’informazione (assumendosi tutti i rischi che

che una simile azione comporterebbe, compresi quelli del legale che

lo rappresenta) oppure limitarsi a seguire il corso della giustizia

sperando di venire sicuramente assolto ? Perché quando un

arcinoto pregiudicato plurimo (poniamo il querelante) che controlla

le Camere dei deputati, oltre che l’informazione, si lamenta del fatto

che i quotidiani nazionali più autorevoli hanno continuato ad infangare

la sua integerrima azione politica soltanto perché è stato l’unico a

degnarsi di salvare un Paese che stava rischiando di affondare

proprio nel fango prodotto dalle sue azioni, un’orda di servi inutili

alla collettività (appartenenti alle classi sociali più disparate) è subito

pronta a schierarsi in sua difesa, mentre al tempo stesso quando un

anonimo incensurato (il querelato) che lavora per sé e per la sua

famiglia, oltre che per lo Stato, (scusate la rima) si lamenta del fatto

che gli stessi quotidiani hanno continuato imperterriti ad evitare di

offrire alla pubblica opinione delle notizie corrette a riguardo del

querelante, la stessa orda di leccapiedi gli si schiera contro, se non

perché gli individui che formano quell’orda agiscono in qualsiasi

settore del sociale con lo stesso modus operandi del querelante ?

Un qualsiasi giudice o magistrato (intendendo una persona che

avrebbe svolto in modo imparziale il proprio incarico qualora gli fosse

stato commissionato,  insomma,  un tutore della legge incorruttibile,

deontologicamente responsabile) che avesse svolto la sua professione

all’estero e che putacaso fosse appena rimpatriato per godersi gli

ultimi giorni della sua vita nel paese natio, non crederebbe ai suoi

occhi per cosa sta succedendo oggi in Italia. Se non sono bastati

quarant’anni per venire a capo della Verità sul delitto politico più

evidente (tant’è che perfino il pontefice di allora – stando alle

dichiarazioni di qualcuno che fu incaricato di mediare la trattativa

per il rilascio del compianto esponente democristiano rapito – dopo

aver ricevuto una misteriosa telefonata dovette cedere alla

pressione subita, evitando di far consegnare i soldi già pronti del

riscatto ai terroristi responsabili del sequestro) quanti secoli

dovranno ancora passare per conoscere per assurdo chi dovrebbe

essere giudicato colpevole tra due persone rinchiuse deliberatamente

in uno spazio vuoto di sei metri quadri che tentano di sopprimersi a

vicenda mentre una muore e l’altra sopravvive ? (che a pensarci bene

potrebbe essere lo stesso principio su cui si fondano i misteri irrisolti

di questo Paese, da Piazza Fontana in poi, passando da Ustica, Brescia,

Bologna, Capaci, Via D’Amelio e via discorrendo, tra attenuanti,

aggravanti e interventi di dubbia perizia forense) Qualora poi il

querelante optasse addirittura per legalizzare le frontiere di un

harem – cosa questa che qualsiasi capo di Stato è solito fare –

ritornando così a modo suo a ripristinare in un certo senso lo ius

primae noctis (in cui per nessuna ragione al mondo le sentinelle

incaricate di presidiare le stanze dove si consumava l’atto carnale

avrebbero dovuto intervenire per ordine dello stesso querelante,

nemmeno se avessero sentito dei rumori sospetti) al querelato cosa

resterebbe da fare se non seguire una ferrea dieta mediterranea

finalizzata a un travestimento da escort, introdursi nell’harem e

buttare giù dal balcone il querelante ? Sarebbe utile capirlo, se non

altro per par condicio.