“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE
Masterfile
“Se non hai almeno duemila utenti attivi sul tuo blog o sul tuo sito
creato con WordPress, l’unica piattaforma adorata da Google, e non
sai proprio come fare per autopromuoverti nella giungla dell’editoria
on line (del self publishing in particolare) imparando per forza di cose
ad usare in modo corretto i fantastici strumenti che la tecnologia ti
mette a disposizione, diventando così a tua volta l’imprenditore di te
stesso, allora è meglio se lasci perdere”.
In sostanza pare essere questo il messaggio che trapela da i
promotori del tecno stress – una patologia che non è ancora stata
definita come tale esclusivamente perché non conviene ancora a
nessuno. Sembra quasi, anzi, a dirla tutta sembra proprio che questi
signori si divertano ad incentivare scrittori emergenti (i quali, ignari,
affidano a loro i loro contenuti) al solo scopo di promuovere nuovi
racconti, nuovi romanzi, antologie inedite, insomma tutto ciò che
potrebbe galvanizzare uno scrittore emergente. Non si curano dei
loro interessi nella maniera più assoluta, lo fanno rigorosamente
gratis, e soprattutto nel modo più trasparente possibile. Tanto per
fare un esempio, se tramite questi signori realizzassi un tuo sito
responsive – mettendoci tutto sommato non molto tempo per
configurarlo – e poi ti venisse in mente di chiedere assistenza per
indicizzarlo, loro si farebbero subito in quattro per posizionarlo al
meglio nella ricerca di Google Analytics : nell’attimo stesso in cui si
verrebbe costretti a pagare per il servizio offerto (la realizzazione
del sito) scatterebbe automaticamente l’app. di assistenza
(scaricabile sul proprio browser) che ti consentirebbe di imparare
a memoria tutte le tecniche digitali per aumentare il tuo traffico on
line in meno di un’ora con un webinar o un video tutorial appropriato.
E’ vero che detto così potrebbe anche far pensare a come Johnny
Mnemonic o Neo (di Matrix) facessero a guidare un elicottero
senza esserne capaci, oppure a imparare una lingua asiatica tramite
un corso accelerato contenuto in un file compresso che gli veniva
immesso direttamente nella corteccia cerebrale, ma è anche vero
che questi signori stanno compromettendo non soltanto il mondo
dell’editoria – causando delle conseguenze a dir poco nefaste a diversi
interessati, non che tecno stressati – ma anche a quello dell’arte, in
senso lato. Che la tecnologia sopprima la creatività non è un mistero,
anche se paradossalmente molti nuovi creativi si sono sia formati che
ispirati con l’avvento delle nuove tecnologie, ma pensare che l’arte
stessa debba dipendere dalla tecnologia è piuttosto avvilente
(sempre che per arte si sottintenda arte e non spazzatura, e anche
se per definirle entrambe in modo esaustivo non basterebbero
50 milioni di gigabyte). A questo proposito, evitando perciò inutili
digressioni, ritengo sia utile ricordare che oltre l’unità di misura
dell’informazione di dati più comunemente usata (il gigabyte appunto)
esistono già dei files che possono contenere infiniti spazi di memoria
multimediale dove, forse, qualcun altro potrebbe già aver creato gli
algoritmi adatti per rendere il servizio informatico ancora più
“indipendente” per questi signori. Ma è soltanto una congettura,
una congettura sottintesa si capisce.