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30 Gennaio 2018
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Comunicato stampato

L’OSSERVATORE SPIATO”

RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

 

 

Comunicato  stampato

 

 

 

Quali sono gli effettivi bisogni delle persone sull’utilizzo delle nuove

tecnologie e perché – visto che in futuro si dovrebbero aiutare le

persone a migliorare la propria condizione esistenziale grazie ad un

corretto uso delle stesse, il riferimento è obbligatoriamente rivolto

ai nativi digitali – l’abuso non è contemplato dalle vigenti oligarchie

globalizzate, e come mai le neuro scienze messe in atto per utilizzare

delle forme di pubblicità occulte, oltre che inquietanti – quali il

marketing 3.0 – vengono addirittura definite umaniste da alcune

autorevoli fonti di informazione ? Perché mai un ragazzino di 14/15

anni che sta facendo una ricerca in Rete sull’origine storica di

Internet – e della sua funzione sociale – si dovrebbe interessare

all’umanesimo se in quella ricerca da lui effettuata quel movimento

rinascimentale fosse probabilmente nemmeno menzionato ?

Perché mai dovrebbe cliccare sulla parola umanesimo per effettuare

quel genere di ricerca, viene spontaneo chiedersi – soprattutto.

Nell’era della comunicazione digitale (vale a dire in un’era in cui la

maggioranza delle persone del cosiddetto mondo civilizzato sono

connesse ad ogni forma di tecnologia innovativa che in pratica

dovrebbe soddisfare le reciproche necessità del modo di comunicare,

con la conseguente comprensione in un dialogo) il paradosso più

evidente resta quello dei giovani che per scambiarsi due parole

interagiscono con il cellulare nonostante siedano allo stesso tavolo.

“A che serve parlarse, se tanto manco te riesci a guardà ‘nfaccia

co’‘sti burini e ‘sti infami ? potrebbe rispondere una ragazzina di

Trastevere, la quale, considerando che quelle sono le sue uniche

amicizie in quel dato momento e in quel particolare contesto

(che potrebbe essere tragico o ludico, a seconda della situazione)

potrebbe anche aver ragione. Ma che cosa c’entra tutto questo con

l’umanesimo ? A cavallo tra il quattordicesimo e il quindicesimo

secolo – vale a dire in quell’arco di tempo dove la parabola ascendente

dell’umanesimo aprì (passatemi il termine) una finestra interattiva

per il suo diffondersi in tutta Europa – i problemi legati alla

comunicazione non erano poi molto diversi da quelli attuali, tenendo

conto che all’epoca c’era chi credeva che lo studio dei classici

(inteso come esaltazione della mente umana) fosse un obbligo nei

confronti del divino, e chi invece credeva che lo stesso studio dovesse

essere intrapreso proprio per condurre una vita più umana,

liberandosi al tempo stesso da un misticismo esagerato, se non

addirittura imposto dalle alte sfere ecclesiastiche.

Sia allora che oggi – ovviamente con ben altri parametri di valutazione

per quanto concerne la prospettiva sociale, politica ed economica di

un paese – entrambi gli schieramenti furono e purtroppo, o per

fortuna, continueranno ad essere contrapposti : da una parte gli

umanisti conservatori (ovvero quelli che erano convinti che soltanto

attraverso la cultura e la memoria si potessero creare le basi per

costruire un futuro ideale, senza però usufruire dei profitti generati

da tali attività, alla stregua di quelli che oggi sono convinti che il futuro

stesso dipenda esclusivamente dal modo di salvaguardare i patrimoni

dell’umanità, quali l’ambiente in cui viviamo, l’aria che respiriamo,

la lingua che parliamo, il lavoro che facciamo soprattutto) e dall’altra

i progressisti (ovvero chi allora credeva che con troppe restrizioni

volute dal Clero non si potessero soddisfare i bisogni propri

dell’essere umano, nonostante le scienze progredissero, e che, di

conseguenza, dava libero sfogo ai propri istinti inducendo la

maggioranza delle persone a spendere ciò che si guadagnava,

con una differenza sostanziale però con chi, come oggi, continua non

solo a spendere più di quanto in effetti esige e guadagna, ma pure,

complice anche l’indecente decadenza di una delle tre più grandi

religioni monoteiste, a corrompersi vicendevolmente).

Difficile dire da che parte stare, a meno che non si voglia escludere

dall’analisi di uno dei due schieramenti quel “senza però usufruire dei

profitti generati da tali attività” che di per sé contribuisce a

rispondere (almeno in parte, perché il discorso diventerebbe

interminabile) alle domande iniziali : le vigenti oligarchie globalizzate

inducono deliberatamente le persone ad abusare delle nuove

tecnologie perché generano dipendenza che, per effetto, crea un

consumismo sfrenato e senza regole, specie per i nativi digitali,

i quali sono e restano gli unici incolpevoli fruitori di un sistema

votato al fallimento.