La settimana decisiva
30 Ottobre 2017
Compro ergo so
22 Novembre 2017
Show all

Il missionario di Ostia

“L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

Il missionario di Ostia

La capocciata del missionario di Ostia inflitta qualche giorno fa a un
giornalista RAI con il conseguente pestaggio a manganellate, tra
insulti e parole definite di chiaro stampo mafioso e intimidatorio
dalla maggioranza dei quotidiano nazionali (a ragion veduta, visto che
simili accuse pendenti a suo carico erano già state fatte) è qualcosa
di sconcertante (per non dire altro). Ma la cosa che sconvolge ancora
di più non è tanto il vedere che un mafioso venga arrestato quanto il
sapere che, nonostante la detenzione, sarà in grado di commissionare
altri lavoretti da Regina Coeli invece che da Ostia.
Se poi si volesse approfondire l’argomento tralasciando nulla al caso
e, con dovizia di particolari, si risalisse a quanti favori e soprattutto
a chi questi favori sono stati indirizzati, la sede di qualche testata
giornalistica avrebbe già trasferito i propri uffici, probabilmente in
uno spazio vicino al nuovo (sebbene temporaneo) domicilio coatto di
questo angelo caduto dal cielo apposta per aiutare i deboli e gli
oppressi. Vero è che la cronaca si deve attenere scrupolosamente
ai fatti, è anche vero però che in epoca di balle colossali i fatti si
possono alterare a propria discrezione, e a testimoniarlo non sono
soltanto queste ovvie banalità; si pensi alla tendenza di associare
delle tesi esposte in passato, per esempio, come quelle di qualsiasi
opera intellettuale degna di essere ricordata da i posteri, con l’analisi
dei fatti che succedono oggi : un giornalista che deve vendere,
cercando di fare iscrivere sempre più nuovi lettori al suo giornale
e che perciò ha l’interesse di estrapolare un pensiero inerente
l’attualità da un contesto sociologico o filosofico – espresso all’epoca
dei Lumi, per esempio – e di forgiarlo a sua immagine e somiglianza al
nobile scopo di renderlo interessante e fruibile a tutti, avrà senza
dubbio ricercato molte fonti (specie di carattere storico) prima di
pubblicare qualcosa che possa dare adito alla critica di stroncare
i suoi contenuti, e non ammetterà certo che l’articolo che sta
scrivendo sia dettato da un’analisi esageratamente forzata, o che
pecchi di anacronismo, a meno che abbia di colpo deciso di collaborare
con qualcuno che di professione fa ridere la gente sul serio.
Provate ora ad ipotizzare un confronto televisivo (di forte impatto
mediatico) in cui un altro giornalista – noto ed autorevole – lanci una
delle sue solite provocazioni dicendo che il comportamento di quel
mafioso è stato in un certo qual senso orientato dall’insistenza del
giornalista della RAI, il quale avrebbe agito non solo senza prevedere
alcuna logica conseguenza – chiedo venia per la rima – ma sarebbe
pure stato uno dei tanti, anzi scusate, dei troppi inconsapevoli
responsabili delle inutili polemiche (che sempre più spesso saltano
fuori) sul ruolo che ricoprono i professionisti del settore. Come
reagirebbe l’opinione pubblica davanti a una probabile querela per
diffamazione da parte del giornalista RAI nei confronti del più titolato
collega, su quale fronte si schiererebbe? Quello favorevole, o quello
contrario al giornalista prima malmenato e poi accusato di fomentare
polemiche sulla libertà di espressione? Qualora poi la stessa storia
dovesse proseguire in Parlamento, quali nuove riforme e soprattutto
quali nuovi limiti saremo costretti a metabolizzare per poter fare
un’informazione decente? Ora, che qualcuno possa dire che non è
possibile fare informazione basandosi su delle ipotesi o che un
giornalista di quel livello non farebbe mai certe provocazioni poco
importa, primo perché – anche se sono solo delle ipotesi – se ne
vedono e se ne sentono talmente tanti di giornalisti (perfino più
ipoteticamente titolati) che prima lanciano provocazioni e poi dicono
che erano “soltanto provocazioni”, che ormai sembrano aver
dimenticato il valore semantico della parola stessa, e poi perché –
nel caso dovesse accadere sul serio – il fronte dei pro “impiccioni”
che servono alla collettività per stanare il malaffare crescerebbe in
modo esponenziale, sfatando così il mito di uno spaccato che da
sempre divide a metà le opinioni generali quando insorgono polemiche
di questo tipo. Dunque non sarebbe poi così tanto sconcertante il
vedere che un giornalista così affermato lanciasse le sue
provocazioni “esaltando” le gesta del missionario di Ostia, quanto
il sapere che ne lancerebbe ancora evitando di assumersi la
responsabilità implicita nelle sue ”provocazioni”.
Se per provocare s’intendesse semplicemente causare delle reazioni
di ammissione di quella tanto declamata responsabilità a dei fatti
inammissibili – e non pontificare delle tesi assurde e paradossali per
puro esibizionismo – è probabile che qualcuno dall’alto dei colli
istituzionali, si decida finalmente a prendere gli opportuni
provvedimenti in merito ai limiti sulla libertà d’espressione e forse
le cosiddette fake news (dio solo sa quanto siamo anglofili)
comincerebbero a scomparire. Ma quando mai? All’indomani
dell’eliminazione della nazionale di calcio dal girone per la
qualificazione ai mondiali di Russia 2018 forse?
Nello spazio mediatico più rilevante si continua ininterrottamente a
parlare della disfatta di San Siro come se fosse una priorità assoluta,
di conseguenza è logico pensare che l’utopia si realizzi, l’importante
però è che a diffondere la notizia delle notizie – ovvero che le balle
colossali non ci sono più e che a dire che bisogna parlare prima delle
emergenze sociali invece che delle lacrime di chi percepisce degli
stipendi che sono uno schiaffo morale nei confronti proprio di chi ieri
sera ha sostenuto con il cuore la nazionale di calcio – sia qualcuno che
abbia le stesse competenze di chi avrebbe “esaltato” le gesta del
missionario di Ostia, anche perché gli sbagli commessi da qualche
veterano dell’informazione fanno ormai troppe volte molti più danni
di quelli causati da chi si assume la piena responsabilità di quello che
dice, ricercando magari questo piuttosto che quel pensiero
estrapolato dal passato per cercare esclusivamente di rinfrescare
la memoria collettiva su dei fatti che non dovrebbero accadere.