Telelivello
23 Novembre 2016
Un racconto
18 Gennaio 2017
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Tototermini

”L’OSSERVATORE SPIATO”
RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

Tototermini

“Oggi si parla di post verità in riferimento a una notizia falsa
(fake news ; “bufala”) ma che, spacciata per autentica, sarebbe in
grado di influenzare una parte dell’opinione pubblica, diventando di
fatto un argomento reale, dotato di un apparente senso logico.
In una società mediatica, caratterizzata da flussi ininterrotti di
informazioni che si accavallano e che spesso si contraddicono, la
possibilità di crearsi una chiara visione dei fatti, servendosi solo di
argomenti razionali, è in diminuzione. Cresce invece l’interesse per
chi inventa e racconta storie, quindi la post verità sembra essere
diventata la chiave per la conquista e per l’esercizio del potere, sia
politico che economico (che poi si confondono). Quindi il termine, nato
in senso strettamente politico, si diffonde anche in altri ambiti, si
prepara a contagiare la conoscenza di fenomeni sociali che vanno
oltre la politica, ad esempio il problema dell’immigrazione”.
Questo stralcio della definizione del termine post verità (dall’inglese
post truth) pubblicata da Wikipedia, riassume in sintesi ciò che è
insito nell’immaginario comune quando si discute di informazione e
di disinformazione. Aggiungere altro significherebbe non soltanto
approfondire delle tematiche che non hanno ragione di essere
approfondite semplicemente perché non si farebbe altro che
generare ulteriore caos mediatico tra l’opinione pubblica – che quanto
a idee poco chiare si può dire che ce le abbia proprio, così come si
deve dire che non la si può certo biasimare – ma vorrebbe anche dire
dare adito a una buona parte dei professionisti del settore di
fomentare verbalmente dei fenomeni anti democratici mirati a
“democratizzare” dei dibattiti che non dovrebbero essere resi
pubblici, ma che lo sono perché gli stessi professionisti – che a detta
loro tutelerebbero la democrazia con la libertà di pensiero e di
espressione, costretti loro malgrado a seguire i neologismi e i modi
di dire coniati da qualcuno che se va bene era distante anni luce dal
voler dare a intendere un simile valore semantico a un termine, di
fatto, così abusato – si appropriano di questi termini, costruendo
inconsapevolmente (in questo caso ci riserviamo di virgolettare sia
il gerundio che l’avverbio onde evitare querele per diffamazione da
chi si sentisse chiamato in causa per aver “garantito” la sua ovvia
consapevolezza a proposito di come redige il suo editoriale,
nonostante in questa sede si sia detto solo il peccato, quanto ai
peccatori è inutile fare nomi e cognomi dal momento che lo sanno
anche i dilettanti) infinite torri di Babele pur di affermare la propria
supremazia intellettuale. Pertanto viene spontaneo chiedersi quali
saranno i prossimi termini (coniati ovviamente da un professionista)
che influenzeranno la scena politica, economica e sociale di questo
nuovo anno appena iniziato. Considerando dunque almeno tre degli
eventi che hanno caratterizzato (o funestato, a seconda della più
libera e sfrenata interpretazione) il corso dell’anno 2016 – vale a
dire l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America,
l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea e la vittoria del
fronte del no al referendum per mantenere la vigente Costituzione
italiana senza apportare riforme incomprensibili – i presupposti per
immaginare le invenzioni verbali che si susseguiranno nei prossimi
mesi non mancano : se il buongiorno si vede dal mattino il 21 gennaio
2017, all’indomani dell’insediamento del nuovo presidente, il portavoce
della Casa Bianca potrebbe per esempio dichiarare “We will build
a great meaning wall” (“costruiremo un grande muro significato”)
riferendosi all’intenzione di dovere oltre che volere costruire un
muro che delimiti i confini con il Messico al solo scopo di arginare
l’incessante flusso migratorio. Pensate soltanto quale genere di
ripercussioni potrebbe avere un termine di nuovo conio come
“muro significato”. Quanto a Brexit, termine già perfettamente
integrato sia in Inghilterra che in Italia, un nuovo termine potrebbe
nascere dalla tendenza che gli inglesi hanno di influenzare non che
di condizionare il mondo intero creando appunto tendenze in ogni
campo o settore. Di conseguenza non ci sarebbe di che stupirsi se
a un certo punto della ventilata, non che paventata decisione di
tornare sui propri passi e indire un nuovo referendum popolare per
consentire un ingresso – probabilmente trionfale – nell’Unione
Europea, qualcuno in piena campagna elettorale se ne uscisse fuori
dichiarando “You are the Eumakers” riferendosi alla volontà della
gioventù del popolo inglese di aver costruito le basi per tornare in
Europa – che per assonanza potrebbe anche voler dire “Voi siete
quelli che vi siete fatti da soli” oltre che “Siete voi quelli che hanno
fatto l’Europa”. In entrambi i casi comunque – sia in quello d’oltre
Manica che in quello d’otre oceano – si intravede una prospettiva,
che però non è di certo tra le più rassicuranti. In Italia invece, si sa,
le cose sono diverse : per dare alla luce un termine che possa
rivoluzionare l’assetto socio politico nazionale, incidendo su altre
economie, occorre aspettare. Forse perché siamo già oltre
l’omologazione.