Una realtà insostenibile
26 Luglio 2016
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L’osservatore Spiato

 

 

Finestre socchiuse

Lessico paradossale

Teatro connesso senza pubblico finanziamento

Pareti diafane

Scuola Giuda

 

FINESTRE SOCCHIUSE

 

L’accelerazione siderale antropotecnica imposta dalla recente era post apocalittica, basata sul controllo del lobo temporale tramite nanotecnologie in grado di rilevare  le attività di misurazione di ogni singolo neurone in esso contenuto, fu in qualche modo dettata dalla maggior parte delle amministrazioni governative : in primo luogo per annichilire l’individuo, rendendolo insensibile ad ogni sorta di stimolo mnemonico, e in secondo per creare le condizioni necessarie affinchè tutti si convincessero che quel dato momento storico poteva diventare e al tempo stesso rappresentare la vera causa di origine genetica della razza umana. Questa sommaria descrizione di un mondo così incline al catastrofismo potrebbe essere l’inizio di una narrazione distopica  – a prescindere dal fatto che si tratti di una fiction televisiva oppure di una pellicola cinematografica  – mirata a sensibilizzare l’opinione pubblica su argomenti di etica o di politica, invece non è altro che un’analisi inquietante di quanto in parte sta già accadendo alla  realtà sociale contemporanea. Guardare certe cose piuttosto che altre – diremo cose per evitare l’imbarazzo di dover classificare trasmissioni televisive che dovrebbero passare per spettacoli inquinanti, con tanto di licenza inerente al livello di video inquinamento prodotto, non che registrato – è purtroppo diventato un segno di riconoscimento evidente, imprescindibile, che in un primo momento emargina, ma che allo stesso tempo e con una potenza decisamente superiore, allinea e coalizza l’individuo, fornendo così i presupposti ideali per consolidare quell’omologazione necessaria a strumentalizzare ciò che viene visto per garantire longevità ai governi che si susseguono. Quanto segue potrà risultare provocatorio o anche privo di qualsiasi fondamento, in ogni caso suscettibile a facili interpretazioni vista la natura dei contenuti.Secondo le nostre  osservazioni infatti questa realtà sociale  è stata inglobata  in un sistema mediatico incontrovertibile, in cui il Network è, in una parola, il demiurgo (o meglio, un insieme di registi di terz’ordine che studiano quotidianamente il modo di trarre profitto da prodotti video inquinanti) e gli spettatori – se così possono definirsi visto che oltretutto in molti casi sono anche addirittura paganti volontari – sarebbero gli attori/burattini “costretti” a guardare certe cose piuttosto che altre. Ora, essendo questa una premessa alla confutazione dei dati di tale sistema, il cui unico scopo per altro è e resta quello di sensibilizzare la pubblica opinione sull’uso di certi mezzi, intendiamo assumerci la piena responsabilità di ciò che verrà prima dimostrato e poi confutato. Prima però di sottoporre a confutazione l’incontrovertibilità di un sistema mediatico così imperante  è bene dichiarare apertamente che per disincentivare abitudini a dir poco di semplice routine, quali riuscire a far narrare a un ateo il Deuteronomio in uno spot promozionale di venti secondi, occorre saper infondere tutta la propria sapienza ecumenica, oltre che naturalmente essere in buona fede. Parentesi ironiche a parte (che in ogni caso sollevano lo spirito di chi voglia cimentarsi in simili imprese) confutare i dati di un sistema mediatico incontrovertibile è un percorso impervio e duraturo, che potrebbe richiedere il doppio se non molto di più del tempo impiegato perchè diventasse tale. Perchè è diventato tale? Cominciamo con il dire che in fondo, a partire dall’era tecnologica, tutti, eccetto i soliti noti, sono sempre stati soggetti a un controllo obbligato tramite l’orientamento dei consumi. Qualcuno però potrebbe sempre fare del sarcasmo dicendo che “se questa è la premessa chissà quale sarà l’evolversi di una teoria così realistica”. E in effetti qualcosa di realistico c’è davvero nella premessa, altrimenti non si spiega come potrebbero campare i sarcastici.

 

 

Confutazione dei dati di un sistema

Mediatico incontrovertibile

enunciato primo

Pubblico & privato

 

Distinguere ciò che deve essere fatto o detto in privato da ciò che deve essere fatto o detto in pubblico – facendo estrema attenzione al riconoscimento immediato che si genera da ogni sorta di evento visto – è una delle ragioni fondanti per cui la società contemporanea è arrivata al punto di farsi inglobare da un sistema mediatico incontrovertibile. Normalmente – e già dicendo normalmente è impossibile esimersi dal pensare a epoche passate, dove i media non avevano ancora assunto proporzioni così pericolose – il discernimento avveniva con il buon senso, vale a dire seguendo canoni comportamentali dettati da tale virtù (virtù proprio perché il buon senso si è ridotto, anzi, a volte pare addirittura scomparso). Oggi invece, questa “inequivocabile” linea di demarcazione risulta essere sdoganata – nel senso più lato del termine – da una somma  decisamente elevata di stili di vita consoni più che altro a della gente che seleziona le proprie conoscenze in base al loro reddito economico. L’effetto di tale causa pertanto non poteva non essere visto dagli addetti ai lavori di sdoganamento come un ulteriore banco di prova per far si che ciò che doveva essere fatto o detto in pubblico si confondesse con ciò che doveva essere detto o fatto in privato. Ora, fino a che punto è giusto mostrare scene di guerra raccapriccianti a delle persone che vorrebbero che tutte le guerre cessassero, e perchè, le persone che tollerano tali scene (perchè in privato dicono di non poter evitare di guardare in faccia la realtà) se venissero intervistate pubblicamente direbbero il contrario? Come si può dedurre dalla domanda – alla stregua di una donna che per vedere se il suo amante è ancora innamorato tenta di ingelosirlo chiedendogli  consigli sull’aspetto del marito —  i confini, o meglio, il limite di questa linea di demarcazione non è un mistero, ma è più semplicemente l’ennesimo paradosso che si annovera tra gli altri paradossi che compongono quel mondo da tutti percepito come reale. Se nel privato la pericolosità di questo sistema ha raggiunto livelli pericolosi fornendo all’emulazione criminale pretesti sconcertanti, nel pubblico cominciano a intravedersi per esempio le cause insensate che inducono al suicidio attori o registi famosi.In sintesi : se non si distingue più il mondo da tutti percepito come reale da quello da tutti ritenuto come virtuale, l’inesorabile ed inquietante fine della società umana profetizzata da diversi autori distopici non potrà che realizzarsi sotto i nostri occhi. E’ così necessario dover attendere un’era post apocalittica per riuscire a riportare l’essere umano nella condizione ideale nel migliore dei mondi possibili? Non basta sapere che sarebbe sufficiente buttar via tutti insieme simultaneamente il telecomando mentre una minoranza si sacrifica in qualche ufficio per poter riprendere tutti dall’alto con dei droni telecomandati per evitare che certe cose avvengano in un futuro nemmeno poi così troppo lontano?

 

Enunciato secondo

Utopie & distopie

 

Premesso che in una confutazione il condizionale non figura come verbo determinante, così come d’altro canto in una distopia, e considerato che per redigere una simile confutazione ci vorrebbero un insieme di individui pronti ad esortare altri insiemi di individui all’uso del presente indicativo al solo scopo di rendere concreti i fini utopistici prefissati, analizzeremo nel dettaglio l’ignoto itinerario che stiamo per percorrere. Partiremo dunque da un punto di vista strategico : ovvero, dalla visione globalizzata del mondo da tutti percepito come reale. Con l’avvento dell’uso delle telecamere a circuito chiuso il sistema mediatico ha iniziato la propria inarrestabile ascesa verso l’incontrovertibilità principalmente a causa di tre fenomeni permanenti, che hanno fatto si che l’elaborazione dei dati e delle statistiche inerenti a tale sistema non fosse qualcosa di esclusivamente elettronico, ma che si radicasse profondamente nelle coscienze ordinarie. Il primo fenomeno è, in sintesi, la capacità di rendere palesi gli errori e i difetti comuni, che ovviamente ogni essere umano sa di avere, agli occhi di tutti come un grande specchio rivelatore. Tale fenomeno – che chiameremo tra virgolette fenomeno anagogico proprio per evidenziare la naturale tendenza che l’umano di solito sfoggia nel vano tentativo di scimmiottare il divino – per certi versi potrebbe definirsi addirittura dogmatico, se non fosse connesso con il secondo. L’intrattenimento derivato da tale capacità –  il secondo fenomeno appunto, che chiameremo fenomeno ciclico a causa della ricorrenza  periodica a cui ogni individuo è costretto, che lo voglia oppure no, a sottoporsi ad una esibizione di genere – secondo la maggior parte degli individui è ancora vista come una manifestazione di esigenza insopprimibile, ed è pertanto fonte inesauribile di emulazioni. Il terzo fenomeno invece è sotto tutti gli aspetti il più grave e pericoloso perché capace di creare l’illusione di avere un dominio sulle stesse illusioni create.Tale fenomeno lo chiameremo fenomeno ipnotico. Prima però di proseguire il percorso è opportuno ricordare al Lettore che l’ignoto itinerario prevede qualsiasi forma di sosta o di distrazione, se non altro per cercare di sondare  parte del contraddittorio che inevitabilmente scaturirà dall’analisi dei fenomeni permanenti.

 

 

Enunciato terzo

“Anagogico” & ciclico

 

A differenza degli opposti precedenti cercheremo di approfondire gli aspetti apparentemente incontrovertibili provocati dalla comparsa dei fenomeni permanenti.  Non a caso l’”anagogico” è venuto fuori tra virgolette : vale a dire che se è vero che è come un grande specchio rivelatore non vuol dire che la sua funzione sia quella di correggere ciò che è umano, anzi, è proprio perché tende alla perfezione che di certo nulla ha a che vedere con il divino. Ma veniamo al dunque. Perché invece di correggere e di svolgere la propria funzione spirituale si nutre degli errori e dei difetti della maggioranza degli individui nell’inutile tentativo di elevare una risicata minoranza alla “perfezione”? Purtroppo è triste anche soltanto doverlo pensare – figuriamoci scriverlo – ma il mondo da cui proveniamo non prevede sconti o riduzioni di pena  per chi crede che nel mondo dove andrà non vedrà che il buio assoluto. Vero è che una simile risposta ci condurrebbe inevitabilmente verso digressioni di carattere mistico, altrettanto vero però è il fatto che, per avere una certa fede nel mondo da tutti percepito come reale, tali riduzioni di pena sarebbero da considerarsi addirittura come degli eufemismi, ovviamente a seconda dei reati commessi. Chi è che commette reato, chi propaganda trasmissioni video inquinanti, o chi cerca con ogni mezzo di sensibilizzare un’opinione pubblica oggettivamente disorientata da tutto ciò che viene visto? Il fenomeno “anagogico”, così come qualsiasi altro fenomeno permanente, cessa di essere tale soltanto quando l’immaginario collettivo delle coscienze ordinarie prende atto della degenerazione progressiva dei rapporti interpersonali, aspettando, pur senza aspettarsi nulla a livello percettivo, l’avvento di un nuovo fenomeno pronto   a sostituire ciò che sembrava destinato ad essere duraturo nel complesso e straordinario universo delle comunicazioni: se pensiamo a quanta gente oggi ha smesso di guardare la t.v. rispetto soltanto a qualche anno fa, dedicando molto più tempo alla Rete ma implementando comunque il livello degenerativo dei rapporti interpersonali, non possiamo non immaginare uno scenario simile. Il fenomeno “anagogico” ha inoltre imposto diktat economici insostenibili, stili di vita assurdi, regole di vita assurde, che stravolgono addirittura qualsiasi tesi definita come immorale, eppure, nonostante tutto, nonostante una presa di coscienza non indifferente, beninteso, continua a “legiferare”, a rendere la vita impossibile a milioni e milioni di vittime innocenti.  Dunque è utile o non lo è ricordare a tutti che le cose da fare per riuscire a riconnettere definitivamente i rapporti interpersonali sono davvero tante, se non troppe? Perché, anche se la maggioranza delle persone è consapevole di questo, manca l’impegno civile? Se una delle urgenze prioritarie fosse quella di capire – per esempio da un esito refendario votato apposta per abrogare i confronti politici televisivi  — come  e dove potrebbero essere pianificati i vari ordini del giorno in Parlamento, la percentuale di astensionismo alle prossime elezioni sarebbe in eccesso oppure in difetto? Anche se in questo caso il problema non è una questione di partecipazione attiva, quanto invece il dare la risposta a una provocazione, tutte le persone che dovessero aderire a una simile iniziativa non sarebbero certo accompagnate da quell’esibizionismo sfrenato e tipico da chi è abituato a calzare il coturno dell’emiciclo  della Camera senza riuscire mai a risolvere le emergenze sociali, anzi, molto probabilmente darebbero il meglio di sé per insegnare anche ai più sprovveduti il significato vero della parola partecipazione. Ora, come si può facilmente dedurre da un primo approfondimento, è ancora il condizionale ad assumere una posizione dominante. Cercheremo pertanto di spingerci oltre : trascendere il fenomeno “anagogico” – o meglio, sospendere l’analisi nella sua complessità per poi riprenderla più avanti  —  e stabilire come l’immaginario collettivo delle coscienze ordinarie possa intuire l’avvento di altri fenomeni capaci di invertire la rotta, sono questioni indubbiamente critiche, che richiedono tempo, e che devono per forza di cose passare attraverso l’analisi del fenomeno ciclico. Il bisogno spasmodico di manifestare qualsiasi aspetto del vissuto quotidiano attraverso i più svariati canali mediatici attuali – poco importa in questo caso che si tratti di social network o di emittenti televisive nazionali  — ha provocato ulteriori incomprensioni nei rapporti interpersonali : il contesto familiare ne è una prova evidente. Perfino per il montaggio di un banalissimo servizio giornalistico mirato a intervistare i cittadini sul funzionamento dei mezzi pubblici pare sia indispensabile dover mostrare per esempio che prendendo un tram dal punto a al punto b di una metropoli si è compiuta un’impresa “straordinaria”, quando invece il disagio provocato dal malfunzionamento o da uno sciopero sia assolutamente irrilevante ai fini dell’informazione che serve al cittadino che voglia farsi un’idea del perché i mezzi pubblici non sono così affidabili. Il fatto, di una gravità estrema, è che stiamo assistendo passivamente alla perdita del significato stesso delle parole, con il conseguente ed inevitabile decadentismo per tutto ciò che tende a ricordarcelo. Una peculiarità questa che appartiene al fenomeno ciclico.          Il fenomeno ciclico ha attuato una metamorfosi radicale, sia nei costumi che nei personaggi, trasformando il palcoscenico sociale in un gigantesco calderone dove chiunque è in grado di rivendicare identità sedicenti e competenze improprie. Forse il linguaggio metaforico non è tra i più adatti ad essere compreso, o forse è proprio la stessa lingua che comincia ad essere fraintesa, sta di fatto che il tempo per porre rimedio all’incontrovertibilità di questo sistema sta per scadere, anzi, forse è già perfino scaduto e non ce ne siamo neanche accorti.

 

 

Enunciato quarto

Ipnotico & ipnotico

 

Di una cosa ci si convince ripetendola : è un dato soggettivo, ma visto e considerato che convincere altre persone a fare ciò che vogliamo che facciano è, da che mondo è mondo, la cosa più potente che ci sia per quanto concerne l’uso strumentale delle parole, tanto vale ricordarselo. Creare l’illusione di avere un dominio sulle stesse illusioni create è una di quelle cose che ha letteralmente deviato il corso naturale di evoluzione della nostra specie.         E’ vero che abbiamo saputo trarre non pochi vantaggi dallo sviluppo delle scienze tecnologiche, è vero che il progresso in campo medico ha raggiunto livelli inimmaginabili, così come è altrettanto vero che esistono settori industriali dove la competitività risulta essere il fattore determinante a trainare l’economia di un paese, ma sarà poi proprio vero che per raggiungere determinati risultati dovremo smetterla di comunicare parlandoci e guardandoci negli occhi, consapevoli di essere complici di pochi potenti senza scrupoli che altro non mirano se non a finanziare  ricerche per creare i geni dell’immortalità? A che cosa serve confutare i dati e le statistiche di un sistema mediatico quando ogni cosa è già stata pianificata per fare in modo che tale sistema continui la sua inarrestabile ascesa, non che conferma, verso l’incontrovertibilità? Proveremo ora ad elencare una serie di “illusioni” che sono state create apposta per far credere  di avere il dominio sulle stesse “illusioni create”. A rigor di logica le virgolette indicano che  non sono delle vere e proprie illusioni, ne consegue perciò che tale serie potrebbe essere infinita ma che ovviamente ci limiteremo a qualche piccolo esempio cominciando dalla grande distribuzione (non solo quella alimentare). Il centro commerciale nasce da una triplice esigenza : pratica, logistica e occupazionale. Una realtà che soddisfa milioni e milioni di individui, creata deliberatamente per “agevolare” la loro vita stressata dai troppi impegni quotidiani. In questo casso “l’illusione” –  cambiando la precedente abitudine del consumatore, che si serviva in genere in piccoli negozi a conduzione familiare  – induce lo stesso consumatore a credere di risparmiare del tempo prezioso quando in realtà tende soltanto ad evitare di socializzare, per lo meno nella maggior parte dei casi, e oltretutto lo confina in un unico luogo facendogli credere di essere in ogni luogo. Secondo esempio : la lotteria della Fortuna, che non ha alcun bisogno di dimostrare la propria origine e che ha sempre colpito chiunque sia stato, almeno una volta nella vita, catturato dalle sue sfaccettature tentacolari. In questo caso “l’illusione” – creata ad hoc per abbindolare l’individuo inducendolo a spendere i propri risparmi nella vana speranza che un giorno possa recuperarli tutti in una volta (ora la patologia, perché di questo si tratta, è stata anche usata come monito da eventuali dipendenze proprio per “disincentivarne” l’abuso) legalizzando di fatto una truffa colossale  –  genera nell’individuo medio che solitamente spende i propri risparmi con una certa parsimonia, quella “rara consapevolezza di speranza a lungo termine” che gli consente di continuare imperterrito a provarci durante tutto il corso della sua misera esistenza. In ultimo, e d’altra parte non potevamo non menzionarlo essendo l’esempio più devastante dal punto di vista coercitivo, la connessione in Rete. Certe affermazioni purtroppo risultano sempre essere impopolari, per tanti motivi, ma in un mondo come quello di oggi l’assenza dell’individuo in Rete equivale ad una auto emarginazione dettata più che altro da una presunta mancanza di stimoli comunicativi, mentre invece una presenza costante, se non addirittura assidua, garantisce, agli enti predisposti alla vigilanza, tutte le informazioni necessarie per capire l’individuo sotto ogni punto di vista, perfino nelle sue più intime inclinazioni. In questo caso quindi “l’illusione” – creata apposta per guidare l’individuo esattamente dove vuole andare offrendogli una parvenza di dominio informatico/cibernetico  –  genera nell’utente “costretto a navigare” un quid esplosivo, molto più pericoloso delle trasmissioni video inquinanti : primo perché gli utenti non sono degli sprovveduti, di conseguenza in nome di certe coalizioni che spesso avvengono per selezione naturale, potrebbero far nascere dei nuovi totalitarismi, e secondo perché gli stessi utenti interagiscono sempre più in modo compulsivo dimenticandosi, forse, che siamo tutt’ora in grado di poterci esprimere verbalmente e in termini tutto sommato comprensibili.

 

 

Enunciato quinto

Dimostrazione & Confutazione

 

I fenomeni permanenti dimostrano che i dati dell’attuale sistema mediatico sono oggettivi, oltre che incontrovertibili. Tale affermazione si basa sul fatto che : a)  il  fenomeno”anagogico” costringe l’individuo verso una ricerca ossessiva della perfezione in ogni suo aspetto. Secondo i canoni imposti progressivamente da questo fenomeno – richiesti per altro addirittura con maggiori aspettative rispetto ai canoni imposti dal fenomeno nazista – l’individuo non deve essere soltanto giovane, bianco, bello, ricco o famoso, ma deve saper sfoggiare anche  un’erudizione pari all’onniscienza per essere, o meglio, per avere quella parvente sorta di “perfezione” che lo distingua dagli altri comuni mortali. E’ sufficiente pensare ad una banalissima conversazione tra amici, o per meglio dire conoscenti, in cui qualcuno asserisce un certo dato o fatto storico ad esempio, e qualcun altro è subito pronto a smentirlo – di solito basta anche solo un terzo individuo, figuriamoci un gruppetto di astanti – tramite una delle fonti più attendibili che ci sono in circolazione, ovvero Wikipedia. Detto questo non si vuole assolutamente demonizzare una fonte autorevole come Wikipedia, tutt’altro : è il comportamento compulsivo generato dalla voglia di dimostrare che quell’ individuo doveva tenere la bocca chiusa invece di dire cazzate, che va demonizzato. L’unica cosa che si vuole chiarire è che per tutti – e il riferimento implica sia i fruitori che i promotori di questo assurdo fenomeno – “l’anagogico” resta, ad oggi, la quintessenza dell’ipocrisia.

  1. b) il fenomeno ciclico costringe l’individuo ad esprimersi con un linguaggio che non gli è consono, pur adattandosi perfettamente alla sua voglia spasmodica di apparire.

Considerando la causa dunque, l’effetto non può essere altro che quello di consolidare un’affermazione a dir poco proverbiale – anzi, oseremo dire assiomatica se non fosse che chi la disse tanti anni fa potrebbe anche rivoltarsi nella tomba per svariati motivi, vale a dire che i fatti non esistono, che esistono solo le interpretazioni. Se pensiamo alla lingua latina, a quanto tempo ci è voluto e al perché è diventata una lingua morta, non possiamo non pensare al perché e soprattutto a quanto tempo ancora rimarrà alla lingua italiana prima di fare la stessa fine prestandosi così assurdamente a simili cambiamenti di costrizione.

  1. c) Il fenomeno ipnotico costringe l’individuo a usare strumenti tecnologici per soddisfare in qualche modo la bramosia di conoscenza, relegandolo ad essere il padrone delle stesse illusioni che ha creato. Tale costrizione alimenta di fatto lo strapotere oligarchico, con conseguenti ed incessanti proselitismi di stampo terroristico. Paradossalmente dunque è lecito affermare che è un genere di ipnosi che attiva l’individuo, e che lo costringe a rispettare molti più “obblighi” rispetto i fenomeni precedenti. Il solo fatto di spingerlo “incondizionatamente” a spendere i propri risparmi nelle lotterie della Fortuna facendolo diventare un caso patologico ne è una prova evidente. Una delle conferme di tale prova però è un fatto ben più sconcertante : sembra quasi che in una sempre meno scacchiera metaforica esistenziale i signori del potere occulto si divertano cinicamente nel prevedere lo stallo causato dall’individuo/pedina, obbligandolo perciò a nutrirsi, vestirsi, divertirsi anche, lavorando in un unico gigantesco centro commerciale, al solo scopo di pianificare nei dettagli quelle orrende stragi che si stanno perpetrando senza una fine a quanto pare, tramite l’ausilio “incondizionato” delle mosse dell’individuo/alfiere.

I fenomeni permanenti dimostrano che i dati dell’attuale sistema mediatico sono oggettivi, ma che non sono incontrovertibili. Tale affermazione si basa sul fatto che :  a) il relativismo induce la ragione a credere che nel mondo da tutti percepito come reale non esistono dogmi, ed essendo questa una realtà fondante dell’origine del contraddittorio è quindi vero che il cosiddetto fenomeno “anagogico” costringe l’individuo verso una ricerca ossessiva della perfezione in ogni suo aspetto, ma non è vero che è impossibile orientare lo stesso individuo verso un concetto di “perfezione” che sia più consono alla sua natura umana. Non è vero per tre diverse ragioni, la prima delle quali – di certo la più importante – è che l’individuo è costretto dalla sua stessa natura e indipendentemente dall’ epoca in cui vive a provare il più nobile non che complesso dei sentimenti proprio in virtù del fatto che è “obbligato” dal divino ad amare incondizionatamente. La seconda è che l’individuo ha sempre avuto bisogno – specie nel caso di un fallito – di fare la sua predica (predica che in qualche modo giustifica il suo “operato”) dal pulpito, di conseguenza sono le circostanze reali che lo costringono a cambiare idea credendo inconsapevolmente ai principi del relativismo. La terza ragione è che l’individuo – nel caso per esempio di una persona realizzata, dal profilo sociale inattaccabile  – è costretto a pensare molto più velocemente rispetto a qualunque altro individuo di (per così dire) livello inferiore, ed è pertanto soggetto a un’intolleranza verbale che invece di palesare uno scetticismo abbastanza scontato nei confronti di qualcuno ritenuto di livello inferiore, lo obbliga a riprendere in considerazione tesi ancestrali, o per meglio dire, tesi che credeva fossero ancestrali proprio perché dimostrate da qualcuno ritenuto di livello senza alcun dubbio inferiore.

  1. b) E’ vero che il fenomeno ciclico costringe l’individuo ad esprimersi in un linguaggio che non gli è consono, anche se si adatta perfettamente alla sua voglia di apparire, ma non è vero che lo stesso linguaggio non possa obbligare l’individuo ad una comprensione e a un discernimento autentico dell’essere. Non è vero – sia dal punto di vista antropologico che da quello ipertecnologico – primo perché l’uomo ha sempre avuto, ha, e continuerà ad avere quel irrefrenabile bisogno di raccontare storie, quindi è la sua natura che lo costringe ad elaborarle, a seconda delle ere, proprio per auto convincersi di rimediare in qualche modo a delle competenze che presume di avere in materia di identità; e secondo perché le parole che compongono e che appartengono ad una lingua devono per forza di cose evolversi ciclicamente, di conseguenza – anche se oggi esiste già un nuovo linguaggio ipertecnologico che impone alla comunicazione globale un adeguamento, e che semplifica di fatto i contatti tra gli individui facendoli agire tutti insieme come se fossero una persona sola, malgrado in certi casi possa tornare perfino utile – quelle stesse parole – private del loro valore semantico originario e adattate a un significato più esteso per ciò che riguarda l’essere in sé (senza voler fare alcuna digressione ontologica, altrimenti si rischierebbe di essere tacciati di vaticinio retroattivo) – diventano merce, una merce economica reale, di tutto rispetto, in grado di poter divulgare trasversalmente sia le evoluzioni che le origini  di una lingua.
  2. b) E’ vero che il cosiddetto fenomeno ipnotico costringe l’individuo all’uso di strumenti tecnologici per soddisfare la sua sete di conoscenza relegandolo ad essere il padrone delle stesse illusioni che ha creato, ma non è vero che serve a nulla confutare i dati di un sistema mediatico quando ogni cosa pare che sia già stata pianificata per far si che tale sistema continui ad essere definito incontrovertibile. Non è vero per un motivo molto semplice :  perché la Gente cambia, perché ha tutte le ragioni di questo mondo a voler cambiare un mondo fatto di abusi di potere e di ingiustizie, perché, in sostanza, vuole riappropriarsi della dignità e della libertà propria dell’individuo indipendente.

 

 

Enunciato sesto

Sperperare & guadagnare

 

Non è vero che non bisogna prendersi troppo sul serio per fare ciò che si vuole realmente fare nella vita, anzi, è vero esattamente il contrario, soltanto che chi è  solito affermarlo è abituato a non nasconderlo. Chi ha ragione, chi non si prende mai troppo sul serio sapendo dire quel che sa senza nasconderlo, oppure chi coltiva una passione segreta per tutta la vita non sapendo  forse che sono proprio le critiche di chi lo accusa di mancanza di auto ironia che gli consentono di realizzare ciò che vuole davvero? Una cosa è certa : un ridimensionamento  periodico – indipendentemente dal soggetto in questione – contribuisce all’utilità, o meno, del ruolo che l’individuo ricopre nel sociale, ed è pertanto opportuno ricordare che tutti dovremo riflettere su questo, se non altro per cercare di capire quando il nostro prossimo avrebbe intenzione di attuare tale proposito! Chi ci guadagna di più nell’elaborazione di teorie utopistiche, chi le espone con enfasi rimanendo coerente ai concetti espressi nonostante siano oggetto di ulteriore confutazione, oppure chi, con un certo rammarico, riconosce che il Lettore ha dimostrato che nessuno visualizza i concetti espressi? Il dilemma è sempre aperto : è per questo, forse, che stanno aumentando in modo esponenziale quelli che credono ancora che l’utopia sia terapeutica, oltre a credere naturalmente che sia anche un primo segnale di riconoscimento per l’individuo inconsapevole di essere un caso clinico unico  e oggettivamente irrecuperabile.

 

 

 

Enunciato settimo

Conclusione & preludio

 

L’importante  — quando si lancia una pietra contro una grande vetrina apposta per romperla – è non nascondere la mano, mai, nemmeno quando i proprietari degli oggetti esposti sarebbero pronti addirittura a sacrificarli, pur di vedere dietro le sbarre quella mano in nome di una sicurezza palesemente virtuale. Tutto dipende dalla rilevanza che gli oggetti esposti hanno per i consumatori e soprattutto da chi scaglia quella pietra, in ogni caso,comunque, l’intervento  dei vetrai è fondamentale :  è ciò che conta insomma per riequilibrare i rapporti tra i proprietari e i consumatori, che di norma sono ormai soliti accusarsi reciprocamente di atti di vandalismo. Possiamo e abbiamo dunque il dovere – non soltanto traducendo linguaggi metaforici, beninteso – di concludere dicendo che l’attuale sistema mediatico non è incontrovertibile, e che necessita di individui pronti a segnalare in tempo reale qualsiasi anomalia coercitiva che si esercita quotidianamente nel palcoscenico sociale prodotto da tale sistema : se pensiamo ad una/un qualunque giornalista filo governativo – che conduce un programma di approfondimento di attualità e che, per mediare il contraddittorio tra i due esponenti politici che appartengono a fazioni opposte è costretta/o a dare la parola a terzi non appena si rende conto che l’esponente di opposizione sta per rivelare verità scomode ottemperando per altro agli scopi dello stesso programma che conduce – non possiamo evitare di ometterlo. Così come non possiamo evitare di omettere che (…) Ma lo facciamo lo stesso, perché sono talmente tante le cose che non si dicono che a forza di non dirle stiamo rischiando la stessa assuefazione che ha di fatto coinvolto l’intera sudditanza. Ed è proprio in virtù di questo rischio che vogliamo iniziare a preparare il potenziale Lettore all’introduzione di un lessico fuorviante, paradossalmente comune quindi, utopistico in tutta la sua evidente assurdità, in una parola, paradossale.

 

 

LESSICO PARADOSSALE

Presentazione

 

Nella composizione arbitraria delle parole e dei termini usati in questa sorta di assurdo lessico della lingua italiana non si è voluto deliberatamente tener conto né dell’ordine alfabetico – in quanto ritenuto ininfluente ai fini di una ricerca – né dell’ordine cronologico dei dati e degli eventi che hanno caratterizzato una fenomenologia mediatica invasiva –  poiché, nonostante la mole di documenti, sia informatici che telematici, i video di repertorio e gli atti di ordinaria quotidianità filmati senza un particolare motivo, che comproverebbero di fatto una cronologia, non c’è modo di risalire a un ordine schematico. Le note esplicative inerenti al significato più recondito del termine indicato (contraddistinto da un cerchietto, mentre un asterisco contraddistingue il glossario) sono contenute nel glossario. Per quanto riguarda la consultazione invece, per prima cosa occorre dire che l’intento di redigere un simile lessico non è mai stato concepito come un potenziale mezzo per diffondere delle nuove norme atte a regolare nuovi linguaggi, sia chiaro, ma piuttosto come un fine apologetico, per cercare di far capire al Lettore la motivazione di tale intento, quindi, a ragion veduta, non essendoci né sezioni morfologiche, né tantomeno etimologiche, non è necessario seguire alcun ordine prestabilito : è sufficiente controllare la definizione del termine indicato, verificare su fonti ben più autorevoli se il senso del termine è corretto, commentare la nota esplicativa contenuta nel glossario, e confrontare il termine indicato con la paradossale “traduzione”del termine corrispondente “(contraddistinto da un simbolo, nella fattispecie una rete, composta da due soli simboli in più rispetto al simbolo del cancelletto, o dell’hashtag, beninteso). Ogni critica costruttiva, o qualsiasi segnalazione mirata ad evidenziare sia le carenze semantiche, che le imperfezioni dettate da un’inevitabile interpretazione, diventerà l’origine di un prezioso percorso collaborativo.

 

Termini

 

° Italiese  –  Linguaggio consistente nella mescolanza di termini inglesi e italiani, tipico di settori in continua evoluzione quali la pubblicità, la tecnologia, e simili.

*  –  Sorto a cavallo degli anni ’60 — per pura necessità degli immigrati italiani, soprattutto in Canada, i quali, pur di adattarsi alle logiche regole che una lingua madre impone, si sono letteralmente inventati un modo per capirsi storpiando i termini inglesi – è progressivamente diventato un fenomeno popolare, in grado di essere insegnato addirittura nelle università nordamericane. Come tutti i fenomeni transitori però sta già conoscendo la  decadenza.

### Integralista  –  Un altro fenomeno che oggi, nel 2016, sta letteralmente spopolando nel Bel Paese è l’anglitaliano nato in Rete : ovvero, l’incomprensibilità creata a immagine e somiglianza a costo di complicare la propria e altrui esistenza. Alla stregua dell’italiese infatti, anche questo nuovo modo di comunicare è sorto per pura necessità, la necessità di chi per lavoro è costretto a storpiare i termini (sia pure quelli di una lingua come l’inglese) a danno della lingua italiana che, come ogni lingua madre che si rispetti, dovrebbe abolire, o quanto meno impedire l’uso di una terminologia scientifica o tecnica che non sia capita dalla maggioranza dei  connazionali. Paradossalmente dunque la traduzione  integralista di un termine come italiese  –  vale a dire che intende segnalare l’abuso di una terminologia incomprensibile allo scopo di ricordare che i significati delle parole cambiano a seconda dei fenomeni sociali che attraversano ineluttabilmente le epoche, e che proprio per questa ragione necessitano, a volte, di una traduzione, sia pure radicale – è l’unica  plausibile, perché se è vero che per una buona integrazione degli extracomunitari è giusto aprire le frontiere e accogliere chi fugge dal proprio paese d’origine a causa di guerre devastanti e inconcepibili, perché per tutelare l’esistenza di una lingua  – che comunque sia si è sempre adattata a quelle più conosciute e parlate in tutto il mondo e che in certi casi continua perfino a integrare varie accezioni di termini a più interpretazioni, oltre che a più significati  – dovrebbe essere anche giusto omettere le     cause principali che determinano la morte della stessa lingua e favorire l’evolversi di simili mostruosità lessicali? Nonostante tali mostruosità lessicali siano perciò diventate delle abitudini inquietanti a livello comunicativo –  e non soltanto per l’uso di terminologie tecniche di anglitaliano in Rete – dire che un integralista aneli ancora ad attuare i suoi principi ideologici nella sua vita personale e sociale è falso, e paradossalmente, proprio perché il termine è stato privato del suo vero significato, è ancora vivo soltanto perché torna utile al politico di turno che si deve “obbligatoriamente” riempire la bocca nel vano tentativo di promuovere un sistema democratico che purtroppo trovò la sua collocazione ideologica esclusivamente e non oltre il magnifico periodo in cui nacque.

°  Neologia  –  Scienza che studia il processo formativo di nuove unità lessicali.

*  – Le origini relativamente arcaiche di una scienza come la neologia – se si considera che la sua comparsa è datata appena tre secoli or sono, circa, e che il tempo non ne ha alterato l’utilità – non possono non indurre a pensare all’esigenza che una lingua deve avere per potersi arricchire di vocaboli degni della propria evoluzione. L’evoluzione di una lingua generalmente implica una serie di accezioni più o meno lecite, a seconda della natura glossematica contenuta in queste accezioni : se una parola ritenuta desueta, per ovvie ragioni che riguardano il parlato, riacquisisce modernità e smalto grazie ad una nuova introduzione, dettata dal bisogno di divulgare  l’importanza che quella parola ha sempre saputo esprimere, dire che quella parola sia fine a se stessa è un dovere inalienabile, che rappresenta una caratteristica neologica autentica nel patrimonio culturale di una lingua, sia nel parlato che nello scritto.

### Neolisi  – La genesi di questo termine  – che non è stato coniato di fresco, tant’è che in Rete esiste un gioco dove è possibile comporre una serie piuttosto numerosa di parole di senso compiuto scomponendo e anagrammando il termine a partire dalle tre o quattro vocali (e/o consonanti) fino ad arrivare alle sette vocali/consonanti che lo compongono  – paradossalmente non proviene tanto dalla radice greca con l’unione della sua desinenza (che sta per scomposizione, dissoluzione, o distruzione se vogliamo, del nuovo) quanto dalla complementarità intrinseca alla stessa neologia. Pur non essendo un neologismo infatti possiede i requisiti per diventarlo, ma non per entrare a far parte del novero di quei termini superflui e transitori, così come nemmeno per voler appartenere di diritto a un lessico permanente, più che altro invece perché, essendo un termine chimico – chimico nel suo senso più stretto – la sua peculiarità, che è quella di provocare una reazione sintattica istantanea con parole geneticamente modificate, stimola quel comune impulso a coniare nuovi termini, contribuendo così a mantenere vivo lo spirito della propria lingua. Neolisi però, dunque – in questa assurda traduzione comparativa – non è un neologismo, né tantomeno lo diventerà : basti pensare alle branche o ramificazioni della neologia ( quali, la formale, l’orientata, la pianificata, o quella di prospettiva) per rendersi conto che, pur essendo indispensabili per settori di natura commerciale, gli addetti ai lavori non sarebbero disposti a tollerare simili cambiamenti eversivi (specie quando si tratta di cambiamenti che non siano soggetti alla creazione di neologismi virtuali tramite degli algoritmi informatici) in quanto riflettono il lato oscuro di una scienza che dovrebbe limitarsi alla creazione di parole che servono a capirsi invece che a confondere quelle già esistenti.

° Paradosso  —  Frase, affermazione o tesi che, per il suo contenuto o per la forma in cui è espressa, risulta contraria e perciò assurda all’opinione comune.

*  –   Un filosofo immagina che per calcolare esattamente l’origine del paradosso – risalire cioè a un altro paradosso pronunciato prima di quello del mentitore – si debba per forza di cose pensare come un matematico che intende giungere alla stessa conclusione basandosi però sul principio di date filologicamente autentiche. Qualora la ricerca risultasse illimitata – e perciò senza risposte – sarebbe corretto estenderla a date ipotetiche in un momento successivo a un momento che invece dimostrerebbe che è limitata? Nel caso la ricerca risultasse illimitata prima di quel momento, il filosofo non conoscerebbe né la data precisa né tantomeno l’autore, quindi sarebbe costretto prima di quel momento, e non dopo, a non pensare più come il matematico, nonostante il calcolo effettuato anche dopo quel momento. Se invece la ricerca risultasse limitata, sempre prima di quel momento, il filosofo conoscerebbe sia la data che l’autore, ma sarebbe nuovamente costretto a pensare come il matematico anche dopo quel momento, perché la dimostrazione inevitabile di un limite oltre cui non è possibile sapere con assoluta certezza il percorso verbale di un’origine del genere confermerebbe che le date sono ipotetiche, e perciò soggette ad un’ennesima e inevitabile confutazione matematica.

### Sinonimo  –  Nel corso della storia della filosofia è stato ampiamente dimostrato come il paradosso sia tutt’ora una parola chiave che continua ad imporre – già soltanto per la sua natura etimologica – l’apertura ad una condizione privilegiata per tutti quelli che hanno sempre per così dire voluto evitare di sottrarsi a un accurato approfondimento, rispetto a quelli che invece mai (sempre per così dire) hanno approfondito anche superficialmente ciò che considerano assurdo nella vita di tutti i giorni. Tradurre il termine paradosso in un lessico paradossale – ovvero, usare delle parole comprensibili a tutti coloro che appartengono alla seconda categoria di individui appena citati per poter dimostrare loro che l’assurdo contribuisce a risolvere molti problemi che proprio il quotidiano offre – con il termine corrispondente sinonimo  — “sinonimo” beninteso, non sinonimo di paradosso – equivale a dire che il termine corrispondente necessita di una ulteriore traduzione nella stessa lingua, in quanto, se si limitasse a essere un sinonimo di paradosso, come appunto assurdo, non verrebbe capito, mentre invece se non si ponesse alcun limite  all’altrui interpretazione verrebbe compreso da tutti. Rispondere in modo più articolato alle esigenze di qualcuno che non intende sottoporsi a simili approfondimenti per ovvie ragioni, per altro comprensibili, equivale a eludere il significato stesso dell’assurda ragion d’essere e propria di un lessico paradossale.

 

° Contraddizione  –  Effetto del contraddire, o del contraddirsi. Principio logico secondo cui è impossibile che la stessa cosa sia e insieme non sia.

*  – Come è noto a tutti la prima e anche la più ovvia manifestazione o immagine che viene in mente quando si pensa all’atto del contraddire o del contraddirsi è la fotografia reale del proprio comportamento rispetto a ciò che si dice agli altri riguardo lo stesso proprio modo di agire. La contraddizione dunque, sia quella che riguarda noi stessi che quella che riguarda gli altri, rispecchia verosimilmente i comportamenti, le abitudini, e soprattutto gli atteggiamenti che gli individui hanno nei confronti dell’esistenza, secondo il principio logico su cui si fonda. Quando però manca il tempo per riflettere su queste cose – ovvero quando la pressione e il ritmo frenetico che la vita di tutti i giorni impone a tutti – indiscriminatamente – di comunicare secondo regole prestabilite – paradossalmente avviene che la stessa cosa sia, e che al tempo stesso non sia la stessa cosa, e ciò non avviene solo in maniera paradossale : fatalmente viene spontaneo chiedersi se sia proprio vero, o meno, che abbiamo bisogno di essere sotto pressione per confutare un principio logico.

### Fatalità  –  In genere chi assume un atteggiamento ostile nei confronti dell’esistenza, vale a dire chi non tenta in alcun modo di modificare la propria perché pensa sia assurdo, oltre che inutile, è perché o non sa che il caso, il caso specifico, quello cioè che riguarda ogni essere umano e che è l’elemento fondante dell’assurdo, si manifesta indipendentemente dal credo individuale, oppure perché sa che è impossibile che si manifesti. Perché una cosa sia e che al tempo stesso non lo sia – ovvero perché la Verità torni a essere Via e Vita – non sta a noi dirlo, ma in ogni caso sta a noi provarlo. Il fatalismo è una di quelle dottrine che ha generato un’orda sterminata di bigotti, e che è stata deliberatamente propinata dal clero – dai suoi più autorevoli pseudo esponenti beninteso – per creare un sentimento radicale nelle coscienze ordinarie, assoggettandoli a un’esistenza proporzionata alle loro aspettative. Dunque, secondo il principio logico di contraddizione,  è impossibile che tali pseudo esponenti abbiano fatto ciò di cui tutti sanno che hanno fatto, infondendo al tempo stesso fede. Eppure ci sono riusciti. Di conseguenza perché, se la fede è insita radicalmente nelle coscienze ordinarie di individui che sono stati assoggettati a un credo religioso per ovvie ragioni che tutt’ora fanno comodo sia agli assoggettati che agli “assoggettatori”, la stessa fede è vista dalla maggior parte di altri individui come l’invenzione umana più assurda per giustificare l’esistenza dell’universo e perciò di Dio? Fanno per caso tutti parte di una nuova dottrina o corrente filosofica che si ispira all’atarassia? Oppure magari sono tutti convinti che visto che la vita va vissuta sul pianeta Terra – e che, almeno per il momento non siamo ancora riusciti a colonizzare né Marte né Venere – sia lecito fare al prossimo ciò che non vogliamo sia fatto a noi stessi? E’ dunque corretto tradurre il termine contraddizione con il termine fatalità? Non sarebbe più opportuno capire che cosa realmente intendiamo sia dell’uno che dell’altro, nonostante certi interrogativi possano apparire con un tono provocatorio oltre che irriverente?

 

° Ironia  – Dissimulazione più o meno derisoria del proprio  e altrui pensiero con parole non corrispondenti allo stesso pensiero; figura retorica che consiste nel dire il contrario di ciò che si pensa.

*  – Solare, con leggerezza, che sa anche far riflettere : questi tre modi per descrivere l’individuo di successo, colui che traspira allegria da tutti i pori scatenando ilarità ogni qualvolta allieti, con la sua “carismatica” presenza, il grigiore quotidiano di individui che riescono a ridere soltanto di una comicità dozzinale che solitamente fraintendono per demenziale, sono soltanto alcune tra le infinite espressioni verbali che compongono il fiume torrenziale di parole sprecate a elogiare qualcuno che avrebbe bisogno esclusivamente di essere ridicolizzato con il suo stesso comune becero senso dell’umorismo.

### Pedanteria – Un comico di successo, passato di recente a svolgere la sua redditizia attività anche a teatro perché ritenuto capace non soltanto di far ridere un pubblico televisivo o cinematografico, durante un’esibizione in cui mostra tutta la sua disinvoltura nel prendere in giro in modo pedantesco pedanti individui, invita a salire sul palcoscenico uno spettatore della platea chiedendogli che cosa ne pensa a proposito di qualcuno che, nonostante due persone stiano discutendo dei fatti propri facendogli capire di non voler essere disturbati, questo qualcuno continui imperterrito a presenziare il dialogo. Lo spettatore risponde dicendogli di non aver capito bene la domanda, e di rimando il comico lo ridicolizza prodigandosi in plateali e volgari gesti denigratori, consegnandogli anche tre buste numerate (come se dovesse partecipare a un quiz televisivo) ed esortandolo a dare una risposta immediata a riguardo di cosa gli aveva chiesto prima. A questo punto il serafico spettatore, che non si è minimamente scomposto alle umilianti provocazioni del comico, si guarda un po’ intorno compiaciuto per poi dire che anche loro due si stanno facendo i fatti loro, soltanto che il terzo incomodo è il pubblico, un pubblico però che ha un bisogno smodato di assistere a un dialogo dove c’è qualcuno che fa ridere e qualcun altro che gli chiede cosa ne pensa di due che si stanno facendo i fatti propri. Ora, probabilmente se la vicenda – poco importa che sia vera o che sia inventata – si fosse conclusa con un ulteriore e progressivo successo dello spettatore, il quale con socratica ironia avrebbe saputo condurre il malcapitato comico la dove era giusto che lo conducesse, vale a dire a essere deriso da tutti con convinzione, qualcuno interessato all’evento appena visto avrebbe avvicinato lo spettatore, magari in un’altra sede, e visti i tempi che corrono gli avrebbe perfino offerto un lavoro, ma con un fare esageratamente pedante, per il semplice fatto che sarebbe convenuto forse più a lui che allo spettatore.

° Individuo  –  Organismo animale o vegetale  vivente, unicellulare o pluricellulare, che non può essere suddiviso senza che vadano persi i caratteri propri strutturali e funzionali.

*  –  Paragonare i muri della cella di isolamento di un carcere di massima sicurezza con i limiti esistenziali dell’individuo che cerca di scappare da se stesso è come offrire al prigioniero una sola possibilità di fuga sapendo che i muri si possono rompere. Quando qualcuno pronuncia una frase del genere (o analoga) in un contesto pubblico, è praticamente impossibile evitare l’intervento di qualcun altro che la minimizza, banalizzandola in modo sarcastico. Ciò equivale a dire che il singolo, ogni qualvolta si trovi in condizione di dimostrare pubblicamente quel che sa, o nel peggiore dei casi, quel che pensa di sapere, non fa altro che evocare palesi scomposizioni (di pirandelliana memoria) dell’io, e che perciò non è affatto raro che pensi a come dover interpretare sia chiunque, suddividendosi, seppure inconsapevolmente, che nessun altro, annientandosi però con una certa cognizione di causa.

### Insieme  – Perché un insieme di individui comunemente denominati maggioranza possa governare un paese – composto da una serie di insiemi che una volta sommati supererebbero la maggioranza, ma che non potrebbero in realtà farlo essendo questi insiemi gli uni diversi dagli altri – deliberando decreti legislativi sui diritti costituzionali che ogni singolo individuo comunemente denominato minoranza dovrebbe avere, è necessario che gli uni siano gli altri, ma che non tentino più in alcun modo di unire le forze diventando l’ennesimo insieme. L’insieme, per essere unito, indivisibile, forte, paradossalmente deve essere individuo, vale a dire deve ragionare secondo le proprie necessità, sia per riuscire ad amministrare meglio il bene comune andando incontro alle esigenze dei più deboli, sia per cercare di cancellare quanto di più estremo e anticostituzionale si continui ad attuare nelle sedi governative di tutto il mondo : ovvero “l’obbligo” di evitare il rispetto dei patti di non belligeranza tra i popoli, perpetrando di fatto una distruzione, tanto nell’individuo quanto nell’insieme.

 

° Giustizia  –  Qualità o virtù per la quale si giudica, si riconosce, e si da a ciascuno ciò che gli è dovuto.

*   –  Stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato, definire in sintesi una differenza di concetto che trae origine dalla notte dei tempi, significa assumersi la responsabilità di garantire che il proprio operato, sia allora come oggi, non dipenda né dal saper ammettere i propri errori né dall’essere elogiato per meriti acquisiti, ma dal voler adempiere a un’incombenza ricevuta secondo libero arbitrio: un giudice chiamato ad emettere una sentenza su un reato moralmente opinabile, quale concedere per l’ennesima volta l’affidamento di un minore a un genitore biologico che è riuscito a ricostruirsi una posizione sociale dignitosa dopo però averlo abbandonato a se stesso per circa dieci anni – lasso di tempo in cui l’affidamento era stato provvisoriamente concesso alle amorevoli cure di una coppia putativa – ha l’obbligo non soltanto di non far rispettare la legge vigente, che prevede che l’affidamento sia concesso al genitore biologico, ma anche di citarlo/a in giudizio per inadempienza pregressa, la cui retroattività non debba valere soltanto come cavillo forense agli occhi di un altro giudice, ma come condanna definitiva.

### Torto  –  Tutto quanto di più indicibile e disumano sta accadendo sotto gli occhi di tutti è soggetto a una spettacolarizzazione, quasi a voler dimostrare un’ineluttabilità cinica ed arrogante sia nel perpetrarli certi atti che nell’osservarli passivamente. Le ingiustizie – nel senso più lato del termine – paradossalmente sono il principio fondante di qualunque individuo che mai voglia sottrarsi alle possibilità di scalare una vetta sociale a dir poco vergognosa pur di realizzare i propri illeciti scopi, quindi perché non cominciare a cambiare prospettiva? Chi ha ragione, chi lavora onestamente per tutta la vita contribuendo a favorire la famosa crescita e il celeberrimo sviluppo di un paese, o chi è stato eletto, o meglio, chi non è stato nemmeno eletto a governare legittimamente, contribuendo a demonizzare il meno noto funzionamento del piano previdenziale e a destabilizzare la addirittura sconosciuta crisi occupazionale? Perché, per passare dalla ragione al torto basta indignarsi oltremodo e fuori luogo, mentre invece per passare dal torto alla ragione è sufficiente suggerire in toni pacati le cose più atroci in una sede appropriata? In un contesto sociopolitico come quello di oggi dire pubblicamente che il torto non è il contrario della ragione, o della giustizia in genere, rispetto a qualcun altro che assume una posizione logicamente opposta, significa esprimere il proprio dissenso nei confronti dell’arrivista, dell’usuraio, del cosiddetto furbetto del cartellino, di tutte quelle categorie di individui insomma che sono responsabili del fallimento di una collettività, nonostante il solo fatto di dirlo senza spiegare invece che cosa sia in realtà pregiudichi la stessa affermazione. Ragionando per sillogismi si potrebbe dire che il torto – torto inteso così come è stato appena descritto, senza ipocrisie – è un modo, o meglio, resta un modo paradossale, ma al tempo stesso efficace, per denunciare quanto di più indicibile e disumano dimori ancora nell’animo di troppa gente.

° Memoria  —  Funzione generale della mente che consiste nel far rinascere l’esperienza passata attraversando quattro fasi primarie, come la memorizzazione, la ritenzione, il richiamo e il riconoscimento.

*  –  L’immagine che prende forma nella mente, a prescindere dal fatto che sia reale o virtuale oppure onirica o empirica, è considerata all’unanimità come l’essenza comunicativa dell’essere umano, da sempre. Un’immagine distorta, proiettata deliberatamente per offuscare la percezione visiva dell’osservatore al solo scopo di creare le condizioni necessarie per far si che non la si riconosca più come tale, e che perciò venga presto dimenticata, concettualmente è il fulcro dell’allucinante progetto ideato e attuato da anonimi geni della cibernetica – negazionisti in genere – per cancellare in modo definitivo quel che resta del nostro già labile sistema mnemonico.

###  Memorabile  –  Quali e quanti eventi della storia dell’umanità potrebbero essere selezionati e divulgati in una società aliena per far comprendere a delle entità di pensiero, di natura aliena, il valore del significato che l’identità ha per l’essere umano? Se è vero che noi possiamo ragionevolmente fare parte di un piano alieno ordito con un unico scopo, paradossalmente autodistruttivo, per soddisfare in qualche modo l’inesauribile sete di conoscenza di simili intelligenze, perché non dovrebbe essere vero che anche loro facciano parte di un disegno, o per meglio dire, di un’immagine divina? L’essere umano, per avere un’identità, ha bisogno di ricordare, proprio per evitare che in futuro si possano ripetere eventi tragici dettati da follie ideologiche di sterminio, ed è proprio perché questa frase potrebbe sembrare a qualcuno una banalità che non bisogna ometterla. Qualora la si omettesse, indipendentemente dalle circostanze, si contribuirebbe a fomentare il pensiero che in fondo sarebbe giusto poter cancellare dalla faccia della Terra tutti quelli che non la pensano come noi. Eppure il dio “buono e giusto” – quello vendicativo e apocalittico del Vecchio testamento, beninteso – ha commesso gli stessi atti, qualcuno potrebbe certo obiettare, ma a quale scopo? Perché lo avrebbe dunque fatto, per ricordarci chi siamo, o per fare dimenticare agli alieni lo squallore delle nostre misere esistenze?

° Spirito  — Entità immateriale, spesso considerato di origine immortale e perciò divino, che si manifesta come coscienza.

*  – L’avidità per tutto ciò che non si può toccare, né vedere, lo rese un uomo di spirito, dedito a collezionare materiale pedopornografico : la perversa ambiguità che traspare da ciò che all’evidenza potrebbe sembrare l’incipit di un film demenziale, in realtà non cela proprio un bel niente. E’ soltanto un modo in cui lo spirito si manifesta alla coscienza per ricordare che le cose che vengono in mente sono misteriose, e per questo insondabili.

### Spirito  –  Lo spirito è l’emblema dell’anima, è la ragione stessa di vita, oltre che essere l’unico termine intraducibile in un lessico paradossale, è ovvio. Lo spirito, pur essendo egoista, sa di essere d’aiuto agli altri, ma solo nell’attimo in cui si rende conto che può uscire dall’involucro corporeo che lo trattiene temporaneamente :  è vero che tali circostanze sono rare, se non proprio impossibili visto che in tutti i casi si tratta della fine dell’esistenza biologica di un individuo, così come è vero che per riconoscersi o per essere riconosciuto da altri spiriti al di la di ogni ragionevole dubbio ha bisogno incondizionatamente del loro aiuto  — sebbene possa apparire sempre diverso nella sua veste – eppure quell’attimo esiste,  e ciò che dimostra tale affermazione sta nel fatto che paradossalmente è inconfutabile, proprio perché quell’attimo è immateriale, e che perciò, non vedendosi, nessun intelletto umano potrà mai essere in grado di capire né l’ingegno né tantomeno la ragione del suo manifestarsi. La necessità di fingere di aiutare gli altri al solo scopo di aiutare se stesso ad eliminare ciò che resta del pathos radicato negli altri, è una pratica d’uso comune, tipica di uno spirito diabolico, che, passo dopo passo, individuo dopo individuo, convince altri individui a pensarla allo stesso modo, malgrado usi metodi diversi per ciascun soggetto. Vedere in uno Stato sociale, in genere, la suprema forma di eticità e di conoscenze assolute che si sono formate per regolare e amministrare l’ordine pubblico, che altrimenti non saprebbe come autoregolamentarsi, ma al tempo stesso vedere nel proprio Stato di appartenenza l’uguaglianza per tutti gli individui come il valore etico più importante perché ogni individuo possa sentirsi parte universale dello stesso Stato, è una palese contraddizione, sebbene sia stata estrapolata da un testo fondamentale della filosofia per puri scopi apologetici o, se vogliamo, strumentali. Lo Stato, che sia di appartenenza o che sia considerato in genere — soprattutto in un’era come questa, che ovviamente non è paragonabile al passato e al bene di cui ha fruito la collettività per le teorie esposte in quel magnifico esempio di come l’intelletto umano è in grado di elevare il proprio spirito per servire le altrui necessità sotto forma di testo, o meglio, di trattato filosofico, ma che, paradossalmente, resta il fatto inequivocabile che è comunque un’era simile — dovrebbe avere l’obbligo di valorizzare l’individuo invece di annichilirlo secondo le più svariate forme di subordinazione “inintelligibile”.

° Trasmissione  —  Atto del trasmettere, passaggio da una persona o da una cosa all’altra, propagazione di un programma radiofonico, televisivo, o multimediale.

*   – Trasmettere una conoscenza, una dottrina, un pensiero insomma che in sostanza sia pura sorgente empirica, equivale a filtrare la consapevolezza dei limiti di tale pensiero, condividerla, appurando la sua universalità, e infonderla come strumento unico e irripetibile, utile a cambiare in meglio le altrui esperienze, divulgandola con ogni mezzo possibile e in qualsiasi misura congeniale all’interlocutore di turno : questo è indicativamente quanto accade minuto per minuto a proposito dell’uso inappropriato – e di conseguenza l’abuso – di canali mediatici quali social network, piattaforme interattive, e tutto quanto di più vano e obsoleto – obsoleto prima ancora di essere diventata un’innovazione questo quanto, nel modo di comunicare – esista nell’atto del trasmettere pensieri in un contesto sociale interattivo.

###  Decodificatore  –  Tuttologo, faccendiere, tronista, escort, e via discorrendo, sono tutti termini di conio relativamente nuovo che sono stati forgiati per descrivere l’attività, o per meglio dire, l’onorata professione svolta da questi guru dell’intrattenimento. In questa traduzione ci riserviamo dal compito di virgolettare determinate parole per ovvie ragioni. In sintesi, per capire ed essere capito dal primo basta saper millantare meglio del più ostinato millantatore, dal secondo è sufficiente aderire a un rito propiziatorio sapendo che dopo tale adesione si entrerà di diritto a far parte di una società di individui che non accetteranno tanto gli errori quanto i ripensamenti, dal terzo (…) diciamo che per il terzo la possibilità di capirlo e di essere capito non è contemplata  anche in questo caso per ovvie ragioni – di regalità – e dal quarto, o meglio, dalla quarta, basta scucire dal portafoglio una carta di credito con facoltà di prelievo illimitato. Paradossalmente dunque, per capire e farsi capire da questi individui, trasmettendo quattro reality show diversi su quattro emittenti diverse, ci vorrebbero quattro, anzi, tenendo conto del terzo soggetto probabilmente anche sedici decodificatori che, partendo dall’informazione riguardante una chiave di lettura capace di tradurre i loro assurdi pretesti in giustificazioni, riescano ad ottenere nuovamente la stessa informazione nonostante sia stata già tradotta in calunnia. In ogni caso (comunque) il decodificatore è uno strumento molto costoso, che andrebbe a incidere negativamente sul bilancio dello Stato, e pur essendo un’alternativa al degrado oggettivo dei palinsesti in genere, un’alternativa paradossale beninteso, continuerà a svolgere la propria normale funzione : ovvero, quella di essere un sistema che interpreta per mezzo di un codice dati o messaggi codificati.

 

 

Teatro connesso senza

pubblico finanziamento

Decadenza & origine

 

 

Decadenza e origine, oppure origine e decadenza? Premesso che fare arte – compreso l’intento di dedicare spazi“taumaturgici” all’approfondimento dell’insorgere dei problemi connessi alla comunicatività, che continua ad essere fonte inesauribile di ispirazione artistica – è in fondo come amare e odiare tutti allo stesso tempo pur sapendo che basta un’inezia per schierarsi da una parte o dall’altra, rispondere all’ipotetica domanda del critico che in tono provocatorio vuole esortare l’artista ad esporre la presunta origine e la logica decadenza di un’arte che non è ancora nata, pur essendo sempre esistita,  è un modo come un altro per dire che il solo fatto di scriverlo ha una valenza”oracolare”, propria sia degli artisti che dei critici che non si stancano di ripeterlo. Probabilmente se la domanda fosse rivolta all’artista convinto che la coerenza delle proprie azioni debba essere proporzionata all’apprendimento del suo percorso formativo, eviterebbe di virgolettare sia il termine oracolare che il termine taumaturgico, non tanto in virtù di tale convinzione, quanto nel vizio di rifiutarsi di ammettere che è proprio grazie a quella coerenza che non gli è dato sapere perché sarebbe anche possibile cambiare idea – malgrado dimostri una invidiabile dialettica nel confrontarsi con qualcuno che la cambia troppo spesso e nonostante non appaia come un voltagabbana agli occhi di chi nutre un certo risentimento e dei forti pregiudizi nei suoi confronti, in quanto diventerà, comunque, un personaggio di tutto rispetto, stimato e osannato dalla folla, per il semplice fatto di “sapere che non esistono limiti” nel predire certe cose. Il palcoscenico sociale del mondo di oggi – in fondo, un piccolo eppur capiente globo il cui sipario è suddiviso tra le palpebre di ogni personaggio destinato alla rappresentazione – non prevede, o meglio, è sulla “retta via” per evitare di rappresentare definitivamente atti di umanità : a che cosa serve ricordare il 27 gennaio di ogni anno quando un candidato alle elezioni presidenziali fa il verso a un giornalista disabile, discriminandolo, lui con tutti i disabili, e ottenendo addirittura gli stessi consensi di un candidato che discrimina i diritti umani dei richiedenti asilo in fuga da barbarie e mattanze incessanti? Perché, non appena qualcuno pone interrogativi di questo genere – sia che si tratti di un contesto pubblico che di uno privato – spunta sempre qualcun altro “sopra le righe” pronto a tacciarlo di  moralismo o di falso buonismo, se non per giustificare con ipocrisia simili discriminazioni sapendo che il suo modo di confrontarsi è connesso al suo comportamento, meschino, di dover per forza scontrarsi perché “ci sarebbe scritto nel suo fazioso codice deontologico”? L’amara constatazione che tutto sembra essere compromesso – dal sistema politico a quello economico – a vantaggio di quei pochi esponenti di spicco che rappresentano tali sistemi e che non vogliono in alcun modo cedere all’evidenza inequivocabile di essere diventati un insieme di individui che per ovvie ragioni si somigliano a tal punto da apparire come un solo e unico despota il quale si rifiuta di essere considerato una minoranza, è in grado di generare cambiamenti e rivoluzioni inimmaginabili. In un’era dove l’immagine è l’essenza della comunicazione non si vede altro che una proiezione interminabile di scene di ordinaria follia omicida e di cruenti filmati di repertorio, divulgati sia perché sono dei fatti di cronaca nera e sia perché sono dei soggetti cinematografici la cui censura ha dimenticato di porre il veto a causa di giudizi ritenuti”inoffensivi” per la pubblica moralità. Che cosa offende maggiormente dunque la pubblica moralità, il sapere che il terrorismo (e gli atti che ne conseguono) è generato dalle ingiustizie sociali, oppure che una parte della stampa internazionale, e di conseguenza dell’opinione pubblica, esorti a combattere il terrorismo manifestando nelle strade e nelle piazze di tutto il mondo lo sdegno e al tempo stesso “il coraggio” di resistere alle intimidazioni in nome di una “verità depositaria” che irride credi religiosi, condivisibili o meno, istigando oltretutto ulteriormente gli stessi terroristi a compiere altre stragi? La moralità è un concetto labile, che varia a seconda delle tipologie di conformismo che si sono progressivamente consolidate sulla base dello stile di vita delle società occidentali così come delle società mediorientali, e come d’altra parte di qualsiasi altra società che condanni alla pena capitale un qualunque individuo colpevole di aver commesso dei crimini efferati, ma che al tempo stesso, declinando ogni responsabilità nel sentenziare le condanne necessarie ad arginare il fenomeno corruttivo e perciò terroristico, mostri le modalità dell’esecuzione, non facendo altro che innescare inevitabilmente una spirale di violenza senza fine : come se il monito (alla stregua del periodo del Terrore attuato nella rivoluzione francese) non fosse un deterrente per altri assassini, ma per la stessa società, che, pur di redimersi da certi oppressori – che in realtà sarebbero insorti semplicemente per garantire e tutelare i privilegi di tutti i membri che la costituiscono – sarebbe disposta paradossalmente addirittura a perdonarli, qualora saltassero fuori le prove inconfutabili (svelate allo scadere di un segreto di stato) che questi oppressori sono stati ingaggiati da quei membri che la stessa società vorrebbe sul patibolo o sul lettino preparato per l’iniezione letale. Trovare le parole adatte per esprimere ciò che si vuole realmente esprimere sapendo che scrivendolo o dicendolo non contribuirebbe ad esorcizzare il proprio sacro demone, è una di quelle pratiche misteriose che si provano di continuo per giungere alla fatidica conclusione che sono come quelle missioni che si considerano impossibili proprio perché vengono in mente in attimi decisamente profani, e a prescindere da ciò che si fa nella vita : l’onestà intellettuale insita nell’immaginario collettivo non può non confermare un’affermazione del genere. La crisi del Teatro – nel senso più lato e oscuro che suscita questa nobile arte al solo pronunciare in un unico termine sia il nome che il luogo, oltre che il tempo, di questa immortale risorsa umana – è, da sempre, la migliore opportunità per poter esprimere ciò che ognuno di noi ha dentro, pur non avendo voce in capitolo. Il pubblico del Teatro, notoriamente considerato più colto ed esigente di altri spettatori – allo stesso modo paganti – è a conoscenza di molte cose che riguardano la politica, l’attualità, la cultura, senza contare ovviamente gli aspetti meno noti ad altri della professione che svolge ogni singolo individuo che fa parte di questo pubblico, di conseguenza non può non essere informato sul fatto che il costante tentativo di orientare le preferenze verso spettacoli meno video inquinanti sia basato sugli incentivi e sulle sovvenzioni comunali o statali che ricevono i pur encomiabili addetti ai lavori, e allo stesso tempo sapere che i “curricula” dei più disparati arrampicatori sociali si basano sulla loro partecipazione a delle trasmissioni mandate in onda deliberatamente per il motivo opposto. L’inevitabile spontaneità della domanda – sottintesa, che sorge a seguito di questa riflessione – induce a una curiosa aspettativa, che nella maggior parte dei casi si realizza con un disinteressamento quasi forzato – se non altro dettato – dalla consapevolezza dell’assurdità che la risposta offrirebbe, ma che esige immediati interrogativi che si pone una logica minoranza : il fatto di chiedersi che cosa si dovrebbe fare per invertire la tendenza senza partecipare attivamente alle iniziative di teatro, proposte sia in Rete che sulla strada, non pregiudica l’attuale condizione in cui  versa buona parte non solo del teatro nazionale ma della stessa cultura? Che cosa s’intende per partecipazione attiva, quando i primi individui che non partecipano a simili iniziative sono gli stessi che sperano che spetti ad altri dover commentare, condividere o partecipare a eventi che in fondo non cambieranno radicalmente il panorama socioculturale italiano proprio perché sanno che ci sono troppi “italiani” che non lo consentono e che partecipano – per altro copiosi – a eventi di tutt’altro genere? A che cosa dovrebbe essere connesso un teatro che si propone di collegare quanti più teatri – e perciò modi di intenderlo – possibili, nell’assurda pretesa di riuscire a creare un movimento comune contro l’imperante strapotere mediatico, se non alla dipendenza da una volontà popolare che mira allo stesso utopistico obiettivo? E’ inutile negare che il clima di fervente e perenne inquietudine generato dall’interminabile crisi socioeconomica che attanaglia una percentuale considerevole di individui fondamentalmente onesti – forse perfino troppo, se si pensa a come e a quanto sono stati costretti a subire incondizionatamente vessazioni imposte da governi ridicoli – non abbia causato un sentimento di intolleranza permanente, che si respira ormai quasi in ogni angolo del Bel Paese, fatta eccezione per i soliti noti, beninteso. Ciò impedisce il favorirsi di comprensione e di aggregazione tra gli individui, che sono sempre più esasperati e consapevoli che le associazioni, gli enti pubblici, le istituzioni governative, tutti quei gruppi di persone insomma che detengono un potere diversamente ripartito nelle rispettive categorie appena menzionate, debbano essere debellate in ragione del fatto che non rappresentano più nessuno – vale a dire che non sono più utili al servizio pubblico – e che pertanto meriterebbero di scomparire dal campo visivo della maggioranza degli individui che si sono venuti a trovare in una situazione così assurda, mentre invece, per assurdo, gli stessi individui che compongono questa pseudo maggioranza evitano accuratamente di interessarsi a come poter diventare un’associazione, un ente pubblico o un’istituzione governativa. Quale miglior teatro potrebbe rappresentare una commedia del genere? Non è vero però che, con la morte della Prima Repubblica e l’avvento dell’origine e della decadenza della Seconda, a cui è seguita l’inarrestabile ascesa della Terza, lo spettacolo, e il teatro in particolare, non abbia saputo interessare gli individui alla politica, così come non è vero che il comico che fa satira è quello che sa far ridere facendo necessariamente le imitazioni dei politici : le opportunità che si creano di continuo per mettere in mostra questi aspetti sono riscontrabili ovunque sul territorio nazionale, soltanto che non godono del consenso della maggioranza del pubblico perché quest’ultimo non le considera come opportunità, anzi, le vede ancora come una minaccia, come qualcosa di irriverente e di assurdo, proprio perché questo qualcosa è ritenuto all’unanimità della maggioranza del pubblico qualcosa di offensivo e di inconcepibile.

 

 

Teatro & teatro

 

 

Il teatro ha bisogno di teatro. La sua evoluzione segue per effetto forze di causa maggiore dettate dalle epoche che lo attraversano, perciò sviluppa metodi e linguaggi innovativi in continuazione continuando a rimanere la forma espressiva più ricordata nei tanti modi che la gente usa per comunicare. Cambiare in modo radicale le abitudini e le preferenze più o meno appetibili di individui votati forse per una sorta di autolesionismo congenito a restare inchiodati sulla poltrona di casa a guardare la tv senza capire il motivo di tale “costrizione”(riuscendo anche a far ritornare il sorriso e la gioia di vivere e di muoversi e di socializzare con individui diversi da loro in un luogo che in fondo c’è sempre stato) è un obiettivo possibile, o per meglio dire, raggiungibile soltanto con l’impegno di chiunque voglia assumersi questa enorme responsabilità. Considerato inattuabile e improbabile uno sciopero generale dell’audiovisione “coatta” di trasmissioni video inquinanti, altro non resta da fare se non che sabotare gli almeno tre televisori procapite (per famiglia beninteso) installati in ogni abitazione, costringere i teledipendenti a recarsi nei più vicini punti vendita di riferimento per l’acquisto di altri televisori e ripetere l’operazione fino a che sul tavolo di casa non compaia un legittimo porto d’armi, direbbe qualcuno. E invece no. E’ proprio partendo dal dover sdrammatizzare sempre e comunque qualcosa che all’apparenza sembra impossibile che si finisce inesorabilmente per fare nulla, diventando una nullità. In simili circostanze, vale a dire in circostanze in cui il reiterato sarcasmo dell’interlocutore di turno – che si rinnova ogni qualvolta se ne ripresenta l’occasione e che perciò tende a formare, pur essendo in ambito privato,  l’opinione pubblica di chi mai riuscirebbe a prendersi troppo sul serio – tende ad emarginare e a selezionare in modo naturale gli individui predisposti a diventare ciò che in realtà vogliono, in queste circostanze ha luogo l’inizio del faticoso itinerario di conoscenza per essere in grado di mettersi al servizio della società.  Boicottare prodotti video inquinanti non significa attuare una sorta di embargo multimediale coinvolgendo  familiari, amici, o conoscenti, sperando inutilmente di convincerli a cambiare canale, vuol dire piuttosto farsi carico di questa responsabilità, interagire con individui che la pensano quasi allo stesso modo – facendo estrema attenzione a quelli che fingono di pensarla quasi allo stesso modo per svariati motivi  di cui parleremo in altre occasioni, se avremo modo di farlo – per pianificare strategie comuni, atte non tanto a sensibilizzare l’opinione pubblica quanto a destabilizzare il fondamento privato che la caratterizza. Se l’individuo – poco importa ora dell’età, del sesso, della religione, della classe sociale di appartenza, o addirittura delle sue condizioni di salute – è arrivato al punto – tramite automatismi che ha progressivamente incorporato nel proprio modo di comportarsi – di “farsi compagnia” accendendo la tv per “guarire” in qualche modo dalla solitudine, che cosa bisognerebbe fare per guarirlo in modo serio e costruttivo? Turbare il già labile equilibrio di qualcuno che soffre di questo male propinando soltanto più trasmissioni adatte a un pubblico per così dire meno ammalato, non farebbe che aggravare la sua condizione. Ogni frase o commento o soprattutto immagine proveniente dal teleschermo che, specie in un soggetto adulto, dovrebbe già essere filtrata, è come una sorta di apprendistato per il solitario teledipendente, il quale ha bisogno delle sue “nozioni” quotidiane così come il tossicomane ha bisogno della sua dose giornaliera. In buona sostanza per ottenere un effetto destabilizzante occorre agire con molta cautela, senza alcuna fretta e in maniera progressiva : è vero che per poter vedere una pubblicità progresso che miri esclusivamente a un uso responsabile dei mezzi di informazione occorrerebbe rivedere l’intera genealogia inerente alle nomine del direttivo del ministero che guida tali mezzi – e anche se questa considerazione appare come una evidente nota di sarcasmo, e perciò nulla, andava fatta proprio per rimarcare l’operato fallimentare dei politici  – ma è altrettanto vero che per iniziare a fare qualcosa bisogna pur partire da un punto, e ovviamente questo è un punto, anzi, è il punto determinante, vale a dire quello per cui vale la pena scontrarsi e battersi fino alla morte pur di risolverlo. Le innumerevoli proposte in merito che sono state depositate in aula parlamentare per cercare di risolvere questa emergenza sociale sono una prova tangibile dell’impegno assunto per far fronte a questa emergenza, un impegno però che è stato preso soltanto da alcuni politici ma che, di fatto, nulla ha ancora cambiato nel caotico e frammentario palcoscenico sociale in cui siamo costretti a vivere. Destabilizzare il fondamento privato che caratterizza un’opinione pubblica orientata sempre più verso atteggiamenti mentali alienanti significa abituare progressivamente l’individuo a “cibarsi” di altre immagini, a partire dal buio più assoluto, non certo per una sorta di gusto iconoclasta, ma più che altro per far riconoscere e riassaporare il gusto di comunicare dovendo imparare per l’ennesima volta a chiudere gli occhi. Una prima e nitida immagine che potrebbe iniziare a vedere con una prospettiva diversa rispetto a quelle che ha dovuto subire a causa di deplorevoli imposizioni, potrebbe essere relativa a quella dell’avatar di un ignaro ricercatore per esempio, il quale, tramite un filmato esplicativo divulgato per informarlo non soltanto della possibilità di poter diventare la rappresentazione virtuale di se stesso, ma anche da come dover tutelarsi da immagini video inquinanti, lo induca a capire le motivazioni della propria assurda teledipendenza : l’avatar, ripreso di spalle a casa sua da una telecamera nascosta, sta guardando la tv mentre cambia canale continuamente. Poco dopo spegne la tv e accende il pc, che poggia sul tavolino di fronte al divano dove è seduto. Connettendosi a Internet naviga nei siti più disparati fino ad approdare a quello dell’Agcom (l’autorità di garanzia per le telecomunicazioni). La telecamera nascosta si sofferma sulla schermata dove c’è impressa la domanda “Come fanno i canali televisivi a calcolare l’audience?”. Sapendo che, ad oggi, in Italia i meters installati – il meter è lo strumento rilevatore delle preferenze, in pratica un microprocessore capace di elaborare i dati che ogni singolo individuo attuerebbe con il proprio telecomando – sono circa 6000 soltanto, chiede perciò come fanno a fare stime del genere, ma la “migliore risposta” che gli viene data è che dalle famiglie campione (quelle ovviamente anonime a cui è stato installato il meter) si fa una statistica : se ad esempio il 20% tra quei 6000 guarda una certa trasmissione si presume che il 20% di tutti gli italiani guardino la stessa trasmissione. Visibilmente indignato l’avatar spegne anche il pc, chiudendolo. Quindi si lascia andare sul divano, demoralizzato, a braccia aperte. Con la mano destra però avverte subito un corpo estraneo (la telecamera nascosta) ma invece di girarsi spontaneamente per vedere di cosa si tratta, prima si copre il volto con un fazzoletto che estrae dalla tasca, poi si avvicina al “corpo estraneo” e se lo inghiotte. Ora – per restare in tema di retoriche digressioni quando si parla di teatro – sebbene un simile filmato esplicativo possa evocare trame di spettacoli inconsueti, affermare che la trasparenza in materia di privacy è il principio fondante su cui è basato il controllo degli enti predisposti a garantirla equivale a dire che la gente non è in grado di capire che cosa sta succedendo, è un insulto alla collettività, e per questo la gente ha il dovere, oltre che il diritto, di dimostrare che non è così. E per farlo non servono né invettive demagogiche, né tantomeno appelli accorati, ma più semplicemente serve un’aggregazione spontanea ad ogni fervente manifestazione virtuale che è già in atto contro chi si permette di violare  diritti inalienabili. Il linguaggio del Teatro è forse ancora rimasto l’estremo baluardo in difesa di una comunicazione sempre più caotica e frammentaria, che purtroppo ha perso i requisiti fondamentali per convincere gli individui di essere ancora all’avanguardia nel metterli a contatto tra di loro, nonostante l’avvento delle più sofisticate innovazioni tecnologiche. E’ sufficiente entrare in un bar dove all’ingresso c’è scritto che per quel dato momento la connessione wi-fi non è disponibile e che pertanto la spettabile clientela è costretta a dialogare – per rendersene conto. E questa è una causa il cui effetto, distorto, genera incomprensioni interminabili dovute alle modalità insite nel dialogo stesso, che smette di essere dialogo vero e proprio, sano, costruttivo, basato sulla reciproca collaborazione, ma che diventa un conflitto serrato, di assurda competitività, che nulla ha a che vedere con un confronto, per esempio. Confrontarsi, specie in un contesto unico e irripetibile quale è il teatro non vuol dire mettersi sul pulpito e sciorinare tutta la propria conoscenza in virtù delle esperienze vissute o, peggio, dalla fama acquisita da queste esperienze, vuol dire soltanto mettersi al servizio della collettività riconoscendo nella stessa – in ogni suo individuo – il rispetto dovuto : un teatro connesso senza pubblico finanziamento dipende da questo pensiero, un pensiero comune sebbene limitato, ma la cui forza propulsiva tende a migliorare i rapporti interpersonali riuscendo anche – purtroppo in maniera ancora molto sporadica  — a far convergere le diverse visioni esistenziali in spazi accessibili a tutti. Chi è consapevole di non avere voce in capitolo, ma che al tempo stesso è convinto di dover dire qualcosa che merita un certo ascolto a riguardo del perché dovrebbe avercela, chiedendosi : come posso confrontarmi con individui la cui celebrità è stata pilotata da altri individui che sono riusciti a creare – nella persona di questa celebrità – un avatar “reale” che vive del proprio microcosmo virtuale incontrando i propri copiosi ammiratori firmando autografi senza nemmeno guardarli in faccia, che cosa dovrebbe rispondere se venisse intervistato a tal proposito, di essere destinato a diventare un personaggio creato dalla fantasia di questa celebrità? Da un punto di vista etnografico – evitando di approfondire lo studio sugli aspetti reali e virtuali connessi all’etnografia, non certo per esimersi dal condividere teorie interessanti quanto per giustificare una certa ignoranza in materia – la sovrapposizione reale/virtuale e viceversa dell’attore sociale che si fa “altro” a seconda dell’ambiente in cui si trova – che in questo caso nulla ha a che vedere con la”celebrità” menzionata – consente allo stesso attore di sentirsi in entrambi i luoghi, questo si, ma al tempo stesso  identifica l’osservatore/lettore come un altro attore sociale –a sua volta spiato però da un altro osservatore/lettore – il quale risulta comunque essere in una posizione privilegiata rispetto a loro perché può sia “esserci” senza partecipare fisicamente alla discussione in atto, e sia “non esserci” partecipando virtualmente alla stessa discussione. Pertanto lo scenario che si apre sul palcoscenico sociale  diventa un luogo asettico, privo di attori capaci di ricoprire i loro ruoli di competenza non perché non sappiano fare bene il proprio lavoro – sebbene quelli che lo sanno fare bene sono purtroppo una rarità – ma più che altro perché, non avendo passione per ciò che fanno,tendono a essere nella maggior parte dei casi in perenne ansia da prestazioni, e che perciò, ragionando soltanto più in termini razionali si chiudono in un limbo dove i conseguenti “leciti” pregiudizi impediscono la fuoriuscita di parole atte a connettersi sia a luoghi ritenuti inferiori che a luoghi ritenuti superiori, non facendo altro che favorire il proliferarsi di interazioni indefinite.

 

 

PARETI DIAFANE

Sintesi concettuale

 

 

Il teatro di ricerca è un teatro che come è noto non ha bisogno di sovvenzioni statali per imporsi all’attenzione del pubblico proprio perché è nel pubblico, o per meglio dire, lo rappresenta oltre ogni centesimo che viene ragionevolmente elargito al fine di incentivare delle stabili attività competenti che si assumono un’immensa responsabilità nel promuovere arte e cultura:      l’esempio delle innumerevoli compagnie che continueranno a sorgere e a formarsi o come si suol dire a farsi da sole con il solo impegno e forza di volontà che le contraddistingue, resistendo per altro indomite a prevedibili fallimenti, sarà sempre visto come una testimonianza straordinaria di come le risorse umane individuali riescano a coinvolgere il pubblico. Eppure – nonostante tutto il continuo lavoro svolto con passione, per certi versi maniacale – i professionisti di questa nobile arte sono comunque rimasti ancorati a un pubblico di nicchia, vale a dire a quel circolo elitario e vizioso di individui che non vedono l’ora di incontrare, condividere e relazionarsi esclusivamente con un pubblico che non manifesta altro che analoghe ambizioni, in ragione del fatto che continua ancora a chiedersi perché il pubblico, pur essendo nel pubblico, non lo sia affatto. Questo forse perché – in un’era in cui sono le preferenze a governarlo il Pubblico, condizionandone gli incontri – quando qualcuno si permette di dire che bisogna uccidere qualsiasi speranza prima che sia l’ultima a morire, le competenze continueranno a contare sempre meno, e non soltanto nello spettacolo, ma in qualsiasi ambito, a partire dalla politica. In ogni caso il teatro di ricerca, in particolar modo quello legato ad alcune originali iniziative intraprese in Rete, è ancora sia visto che proposto da prospettive decisamente più trasversali, nonostante la parziale se non completa assenza di rappresentazione. Immaginare di vedere una rappresentazione a teatro attraverso una commedia letta in Rete è un po’ come guardare un’animazione rallentata dei personaggi che sono in scena attraverso le pareti di un cubo posto all’interno di una sfera, in un unico punto in cui convergano le osservazioni. Paradossalmente, ciò che viene rappresentato in modo virtuale, viene “visto” con maggiore attenzione  rispetto a ciò che viene visto di solito dal vivo, non soltanto perché non è soggetto ada alcun “rischio” economico, ma più che altro perché, a volte, rispecchia ciò che vale la pena di essere rappresentato dal vivo, che in ogni caso continua sia ad essere rappresentato che ad avercelo, il Pubblico. Il rappresentato diventa perciò rappresentante, illustrando così un valido ma al tempo stesso discutibile operato. Il punto in cui convergono le osservazioni attraverso le pareti di questo cubo – che chiameremo cubo intercessore, nel senso che può essere inteso come un’abitazione e intervenire a favore di entrambi i residenti – o quanto meno, per ora li chiameremo così, vale a dire sia di coloro che guardano da casa che da coloro che si fanno guardare da casa – può essere spiegato nei seguenti termini: dalle sei pareti che compongono il cubo intercessore – che chiameremo pareti diafane per esaltarne deliberatemente il significato  – ognuna delle quali è composta da una miriade di significati, entrano ed escono le rispettive osservazioni, continuamente. Tramite un organigramma si riuscirebbe a rendere meglio l’idea, comunque sia occorre partire dal presupposto che ad ogni parete corrispondano tre categorie di mondi e che ad ogni categoria corrispondano le rispettive competenze degli individui che ne fanno parte. Pertanto, se alla prima parete, quella che solitamente sta alle spalle del residente, corrisponde il mondo del teatro, vorrà dire che ci sono due altri mondi simili, vale a dire il mondo della politica e quello del pubblico, di conseguenza che le rispettive competenze siano ripartite in autori, in capi della criminalità organizzata, e in gente che non si limita alla semplice osservazione, ma che cerca sempre di approfondire ciò che osserva. Lo stesso valga per la seconda parete, quella alla destra del residente, vale a dire quella in cui le rispettive competenze sono ripartite in registi, ministri, e in gente che di solito sta attenta a ciò che osserva. Per quanto riguarda la terza invece, quella alla sinistra del residente, sia il mondo del teatro che quello della politica, come del resto quello del pubblico, riflette delle competenze superflue (ma comunque necessarie a far valere l’autorità delle altre) quali : comparse, sottosegretari, e gente che assiste passivamente a tutto ciò che viene propinato senza batter ciglio. La quarta parete – in questo caso qualsiasi riferimento teatrale o cinematografico non è inerente alla spiegazione in atto, anche se in effetti corrisponde a quella che sta proprio di fronte al residente e che perciò, con una serie di rimandi di carattere esplicativo, può tranquillamente evocare delle analogie e che quindi conviene contraddirsi subito –  è quella parete dove la luce dell’osservazione attraversa a sua volta l’osservazione stessa, e che proprio per questo motivo riflette i rispettivi ruoli  negli attori, nei capi di governo, e in gente che partecipa di consueto ad ogni attività mondana o informale connessa alle suddette competenze. Al di sopra del residente c’è la quinta parete, ovvero quella parete in cui i significati diventano ancora più complessi e dove le rispettive competenze sono così ripartite : i critici, i quali, per ciò che riguarda il teatro, contribuiscono a migliorarlo di solito quando stroncano un’opera, i giornalisti, che per ciò che riguarda la politica, sanno fare bene il proprio lavoro soltanto quando denunciano un abuso di potere, e gli spettatori, i quali, per ciò che riguarda il pubblico, applaudono solo quando lo spettacolo cui stanno assistendo giustifica la loro presenza. In ultimo, al di sotto del residente, c’è la sesta parete, ovvero quella parete la cui osservazione – entrando e uscendo allo stesso modo come le altre, ma al tempo stesso condizionandole anche, in quanto provenienti dal basso ed essendo oltretutto la maggioranza  – riflette le rispettive competenze in spettatori comuni, in cittadini e in gente dozzinale, che in ogni caso si accontenta di ciò che vede, ma che si diverte davvero con poco. Dunque, i personaggi che si vedono recitare in una scena senza dubbio retrò, o quanto meno desueta – proprio perché rallentata – attraverso le pareti diafane, incontrandosi e scambiandosi anche i rispettivi ruoli e sguardi in un unico punto convergente non dovrebbero interagire con i residenti? E i residenti, a loro volta, non dovrebbero segnalare tutto ciò che non vale la pena di essere rappresentato dal vivo stimolando il confronto e rendendolo più credibile non soltanto tra gli addetti ai lavori, ma anche e soprattutto al Pubblico?

 

 

Divulgazione

 

 

Quando lo scopo originario di chi cerca di divulgare delle opere di teatro nate in Rete si riduce a diffonderle senza voler metterci la faccia è necessario concedere interviste per migliorare quanto meno la dialettica al fine di saper competere nelle pubbliche relazioni, specie se l’atto del competere in sé è diventato così conforme al retoricume generale da sfuggire perfino a un rigido controllo per ridondanza. Spingendosi oltre – sempre riferendosi al fatto di concedere interviste – si potrebbe addirittura pensare di proporre un emendamento in cui chi le rilascia sia beneficiario di qualche accredito statale, di modo che, se venisse approvato il ddl, il cittadino medio – quello che ha sempre lavorato pagando le tasse beninteso, in poche parole il datore di lavoro dei governanti –  non avrebbe più di che lagnarsi, contribuendo così a far passare anche la legge sul reddito di cittadinanza. A dirla tutta dunque, senza ipocrisie imposte da sarcasmi fin troppo nauseanti, oggi come oggi a chi verrebbe in mente di metterci la faccia nelle cose in cui crede? Perché, se una minoranza di individui continua a nascondersi, a mettersi una maschera, a usare pseudonimi per non farsi riconoscere nonostante dimostri un’indubbia sensibilità nell’affrontare certi temi, continua ad esserci una  stragrande maggioranza che fa di tutto pur di farsi notare – e farebbe anche di più  – sebbene dimostri una palese insulsaggine già soltanto perché evita di affrontarli certi temi, mentre invece chi si permette di calunniare e denigrare quella minoranza continua a identificarsi nelle starlette di quart’ordine, in quelli che come si suol dire ce l’hanno fatta?  Da un punto di vista sociologico la risposta è relativamente semplice, nel senso che fenomeni quali talent show, reality show, e in pratica tutti quei generi di spettacolo il cui successo – causato da una richiesta inesauribile di mercato, dettata a sua volta da un orientamento che ha veicolato le preferenze facendo risultare l’offerta più o meno appetibile a seconda delle trasmissioni mandate in onda – hanno garantito  dei feticci straordinari, creando delle opportunità di lavoro che fino a qualche decennio fa erano impensabili, e che proprio per questa ragione quella minoranza preferisce non immischiarsi in simili “professioni” evitando di comparire, facendo tutt’altro, magari senza cercare alcuna visibiltà né sui social network né tantomeno in tv pur affrontando in altre sedi tematiche rilevanti, ed è così che quelli che appartengono a quella minoranza vengono discriminati da quelli che “ce l’hanno fatta” perché ai loro occhi risultano come nemici prima ancora di esserlo diventati. In ogni caso metterci la faccia nelle cose in cui si crede è doveroso. quando si tratta di competenze e di responsabilità esimersi dal comparire equivale a sottrarsi all’impegno assunto, in pratica sarebbe come se un individuo che appartiene a quella minoranza – lavorando per esempio in modo autonomo a un’inchiesta giornalistica – non dovesse firmare con il suo nome il relativo articolo, il che porterebbe a pensare che non l’abbia fatto o perché ha subìto delle intimidazioni, oppure perché il suo pezzo lo ha venduto al miglior offerente – l’ipotesi più credibile potrebbe essere quella del giornale che in quel particolare momento aveva bisogno di quel particolare articolo per particolari ragioni che non occorre ricordare. Se è quindi doveroso, come nel caso appena citato, comparire, per assumersi la responsabilità di ciò che si sta facendo, perché l’anonimato risulta ancora essere la condizione più ambita da chi svolge un incarico le cui responsabilità non sono quasi mai proporzionate alle reali competenze? Divulgare delle opere che sono nate in Rete circa un anno fa attraverso il sito “Il Teatro delle Porte” – connesso a questa rivista occasionale  – in fondo significa proprio questo: assumersi delle responsabilità non avendo competenze, ma al tempo stesso essere consapevoli che  avvalendosi di ciò che si presume di non avere bisogna riuscire ad infondere speranze, se non altro per farne rinascere altre. Buona visione.

 

 

 

 

SCUOLA GIUDA

Libello tragico      in tre atti

di Guido Neri

 

 

 

 

Non voglio essere popolare per godere

dei privilegi provenienti dalla fama,

ma voglio diventarlo per avere, della fama,

quella consapevolezza necessaria che ogni

popolo sa di avere quando raggiunge un

amplesso unitario trasversalmente condiviso.

 

 

PERSONAGGI

PECUNIA

APODEMO

EFFODIO

CRABRO

CULEX

MUSCA

NOS

NOSTRAM

DARE

MESOGENE

PALEONICE

ONNIADE

ENDOGENE

FILLOSTRATA

 

COMPARSE

LE SELVATICHE

LE ADDOMESTICATE

LE CULEXIANE

IL PUBBLICO

 

 

COSTUMI

Ogni Attore della compagnia teatrale “Nos nostram pecunia dare” – così come le comparse della claque che rappresentano il pubblico, tutti seduti nelle prime due file di poltroncine della platea – indossa abiti comuni, attuali, e ognuno del pubblico (eccetto qualche “spettatore” che porta una maschera che raffigura qualche fastidioso insetto) ha indosso una maschera che raffigura il volto sorridente e identico di un individuo (il simbolo di una nota associazione popolare).

 

SCENARIO

Essenziale, con due uscite laterali e due scalette poste ai lati del proscenio.

 

 

ATTO PRIMO

A sipario aperto

 

Gli Attori si stanno mettendo in posa per farsi fare una fotografia di gruppo da uno “spettatore” in prima fila, il quale, subito dopo aver immortalato l’attimo (con il cellulare dell’Attore che glielo ha prestato) ritorna ad occupare la sua postazione. Nel frattempo, mentre lo stesso Attore esorta gli “spettatori” a togliersi la maschera per vedere meglio che cosa sta succedendo, gli stessi “spettatori” invitano gli Attori a fare altrettanto, improvvisando con il vero pubblico presente in sala.

 

Una “spettatrice”  –  (a uno degli Attori, ancora con la maschera indossata, quella della nota associazione popolare) … che diritto avete voi, di tenervela? –

 

Crabro (lo stesso Attore) – (divertito, togliendosela) Diritto?  –

 

Musca  – (allusivo,togliendosela, imitata prima dagli altri Attori e poi dagli “spettatori”)

Se avessimo ancora qualche diritto …  –

 

Uno spettatore  – (sprezzante) … non abbiamo bisogno della solita predica. Anche noi siamo nella vostra stessa condizione, soltanto che invece di venderci per quattro soldi come avete fatto voi ci spezziamo la schiena tutti i giorni per tirare avanti!  –

 

Crabro  – (pacato) Che lavoro fai?  –

 

Lo stesso spettatore  – (infastidito) Quello che trovo … a volte pulisco anche i cessi , se ti può interessare …  –

 

Crabro  –  … beato te che riesci a farlo …  –

 

Culex  – (allusivo/provocatorio) … si vede proprio che è immanicato.  –

 

Lo stesso spettatore – (furioso, imprecando contro gli Attori e il loro modo di esibirsi, considerato alla stregua di qualsiasi altra mercificazione, trattenuto dagli altri “spettatori” che sono tutti in piedi sotto il proscenio, ripetuto più volte) …………………………. si può sapere quanto vi hanno dato?  –

 

Crabro  – (stesso tono) Chi? Chi avrebbe dovuto darci cosa? (nel frattempo gli altri Attori, che sono scesi in platea dalle scalette poste ai lati del proscenio, si fanno consegnare tutte le maschere dagli “spettatori” raggruppandole poi nel mezzo del palcoscenico)

Volete capirlo si o no che noi abbiamo pagato di tasca nostra per esserci questa sera …  –

 

Un’altra “spettatrice” – (sarcastico) … è per questo che ce le sequestrate?

 

Un altro “spettatore” – E’ per questo che vi siete fatti chiamare così?  –

 

Crabro – (al vero pubblico presente in sala, dopo l’ilare e prevedibile reazione da parte del ”pubblico” ancora in piedi di fronte agli Attori, alludendo ai falsi spettatori) Abbiate ancora qualche attimo di pazienza, per favore …io non volevo proprio essere così … pungente, per così dire … ma se loro, che dovrebbero rappresentare voi, fingono di non sapere perché abbiamo raggruppato tutte queste maschere quando in realtà sanno benissimo che lo abbiamo fatto proprio per dare inizio a questa messa in scena, e visto che noi, che dovremo rappresentarla si questa messa in scena e che in un modo o in un altro lo faremo comunque, anche se in realtà non volevamo farlo proprio perché, così come voi,  anche noi detestiamo esibirci e dover dare delle spiegazioni per esempio sulla scelta di un nome che abbiamo deciso di comune accordo di adottare per ovvie ragioni … perché dunque, secondo voi, ora come ora siamo ancora tutti qui a guardarci in faccia? (mentre i falsi spettatori tornano ad occupare le prime due file di poltroncine) Non era meglio se continuavamo a recitare la nostra parte? Non era meglio se non ce la toglievamo?  –

 

Pausa. A questo punto escono tutti gli Attori. Restano in scena soltanto le maschere, raggruppate nel mezzo. La stessa scena, ripresa da delle telecamere nascoste, viene proiettata sia sulla quinta di fondo che sulle quinte laterali, e un suono familiare (che evoca il rumore ovattato del coprirsi le orecchie con entrambi i palmi delle mani) viene riprodotto e amplificato in sala, mentre entrano Crabro (che indossa subito la maschera da calabrone) Musca (che indossa quella da mosca) e Culex (che si mette in testa quella da zanzara). Silenzio. Pausa. Dissolvenza della proiezione in atto con conseguente proiezione (ancora su ogni quinta) del video amatoriale di una vasta zona palustre, da dove vanno e vengono, a dispetto di un luogo così malsano, soltanto alcuni esemplari di questi tre generi di insetti. Altro silenzio.

 

Crabro – (sprezzante, a Musca, alludendo al cumulo di maschere) Come hanno potuto osare così tanto? Di chi è stata l’idea di portarcele? Qui, addirittura!  –

 

Mentre sei comparse, ognuna delle quali (Mesogene compresa) porta in testa una maschera che raffigura un’ape, entrano e rimuovono tutte le maschere con molta apprensione, lasciando il campo libero.

 

Musca  – (turbato) Il maggior responsabile di questo folle gesto è un fuco dotato di un carisma particolare, oltre che essere a quanto pare anche molto popolare tra le addomesticate. Il suo nome è Apodemo. Ha guidato questo Affronto con molto coraggio e determinazione. Questi Affronti ormai sono diventati sempre più frequenti, fanno tendenza proprio perché le addomesticate non sono mai state così agguerrite.  –

 

Culex  –  E lo diventeranno sempre di più se continueremo a disinteressarci del nettare. –

 

Crabro  –  (autoritario) Sono secoli che ce ne interessiamo! Queste ali spezzate (agguantando una maschera, riferendosi alle ali spezzate per licenza creativa) sono l’emblema di una ribellione che in fondo esiste da quando controlliamo l’Alveare.

(dopo una pausa) E’ chiaro che mirano a conquistare la Palude … credete forse che quelle bestiacce là (riferito alle sei api appena uscite) non si unirebbero a loro nel caso dovessero riuscire a convincere tutte le altre? Quante altre volte, pur modificando il nettario a seconda del genere di api che dovevamo addomesticare, questi Affronti si sono verificati? –

 

Culex  – Continueranno a modificarsi se non modificheremo anche il nettario presente nelle foglie e nei rami. Non possiamo più permettere che possano anche soltanto immaginare di avvicinarsi alla Palude.  –

 

Musca  –  (autorevole) Per raggiungere un simile obiettivo dovremo impiegare ogni nostra risorsa, compromettere definitivamente il loro modo di intendere e di volere.  –

 

Crabro  –  Qualsiasi dominio comporta determinati rischi : è la storia della Palude che ce lo insegna. Le addomesticate sono la maggioranza, rappresentano il 70% della specie. Con un incentivo adeguato alle loro esigenze, che potrebbe ridursi a un semplice sistema interconnettivo mirato all’illusione di migliorare la qualità del loro modo di comunicare, potremo gestire in completa autonomia ogni singola arnia dell’intero Alveare senza dover necessariamente  comparire come creatori non che tutori della sicurezza di tale sistema.  –

 

Culex  –  (scettico) Questa non è una proposta, è un palliativo. Tra le addomesticate nascerà sempre qualcuno capace di coinvolgere negli Affronti anche tutte le altre.Se vogliamo che questi Affronti non si ripetano mai più dobbiamo illudere le selvatiche : programmare un’assimilazione variegata e mirata a un gradimento che soddisfi anche le più ostinate, educarle insomma a nutrirsi diversamente. E per farlo dobbiamo assolutamente modificare il nettario presente nelle foglie e nei rami.  –

 

Crabro  –  Per realizzare certe idee non basterebbero cinque, forse nemmeno sei altri secoli, talmente è radicato in loro il concetto di …  –

 

Culex  –  (sprezzante) … è per questo che le selvatiche si sono sempre nutrite dalle foglie e dai rami. Se avessero assaggiato i fiori non si chiamerebbero selvatiche, se assaggiassero i fiori potremo addomesticarle!  –

 

Crabro  –  (stesso tono) Non li assaggeranno mai perché sanno che possiamo modificare il nettario!  –

 

Pausa.

 

Musca  –  (pacato) Anche in passato esistevano questi problemi in Palude, eppure la Palude è sempre esistita e continuerà ad esistere eternamente.      Un tempo le selvatiche erano la maggioranza, ma nonostante l’esiguo numero delle addomesticate consentisse  un buon controllo di somministrazione del nettare, favorendo condizioni vantaggiose  per chi, tra le selvatiche, avesse accettato un simile cambiamento, continuarono a seguire il loro istinto senza curarsi minimamente né di come né tantomeno di quanto i nostri avi avessero già modificato quelle parti del nettario che all’epoca era necessario modificare. –

 

Culex  –  Paragonare l’allora prostrarsina all’attuale prostrarsimolo equivale a dire che …   –

 

Musca  –  … la prostrarsina era una sostanza validissima … trilioni e trilioni di selvatiche sono cresciute con la prostrarsina senza minimamente sospettare che fosse lo stimolante responsabile della partecipazione attiva di ogni singola addomesticata all’andamento generale dell’Alveare.  –

 

Crabro  –  Grazie alla prostrarsina la Conversione fu quasi totale …  –

 

Culex  –  (sprezzante) … ora non serve più … la Palude è in pericolo, il Ronzio sta cambiando sul serio … se non interveniamo subito con il Trattamento rischieremo il tracollo! –

 

Musca  –  Somministando prostrarsimolo nel nettario presente nelle foglie e nei rami potremo correre lo stesso rischio : è vero che se diventassero tutte addomesticate il controllo sarebbe totale, ma è anche vero che sarebbe più facile per loro coalizzarsi qualora il controllo diventasse troppo opprimente.  –

 

Culex  –  (furioso, uscendo) Il prostrarsimolo non è che l’inizio del Trattamento. Iniziamo!  –

 

Crabro  –  (mentre un fastidioso ronzio, progressivo e roboante, pervade la sala) Non posso darle torto … non lo senti anche tu? (ad alta voce, uscendo con Musca) Dobbiamo metterci al lavoro, cominceremo dall’Arnia Reale.  –

 

Dissolvenza della proiezione in atto. Silenzio. Buio. Ronzio sommesso. Penombra : doppio fermo immagine proiettato sulle due quinte laterali, raffigurante un numero incalcolabile di cellette esagonali (composte da favi) riprese dall’alto. Ancora silenzio. Un unico ed enorme ologramma esagonale luminoso che compare sulla quinta di fondo. Pecunia, un fuco selvatico di mezz’età, ribelle per natura, dal carattere istintivo e ostinato, torna a fare visita nell’arnia degli anziani genitori Nostram e Nos dopo cento buoni venti secondi*, un tempo indubbiamente lungo per  le api selvatiche, durante cui qualunque destino è già stato segnato anche se in realtà certi segni potrebbero ancora tranquillamente dimostrare di essere diventati invisibili. C’è anche Dare, la sorella di Pecunia, meno testarda e più vecchia di qualche buon secondo. L’atmosfera è tesa, carica di tensione.

*Il buon secondo è l’unità di misura temporale delle api selvatiche

 

Pecunia  –  (provocatorio, al padre) … per di più con una consorte, con due figli, e con addirittura tre favi … è così che la tua vita la consideri degna, decente? Tanto valeva che assaggiassi i fiori!  –

 

Nos  – (indignato) Tu non sai quello che dici … tu non sai ancora niente della vita, anche se sei arrivato a metà strada …  –

 

Pecunia  –  … mentre tu, che sai tutto, se avessi assaggiato i fiori …  –

 

Nostram  –  (esasperato, al figlio) … smettila! Come ti permetti di nominarli qui? Perché non ti fai un esame di coscienza cominciando a chiederti quanti favi saresti disposto a cedere tu, visto che oltretutto non hai eredi, invece di accusare di tradimento chi ti ha dato la vita e ha provveduto al tuo sostentamento?  –

 

Pecunia  –  Se questa la chiamate vita …  –

 

Nostram  –  (furioso) … succhiare nettare divino fornicando con belle e giovani selvatiche, questa è la tua unica ragione di vita!  –

 

Pecunia  –  (pacato) Purtroppo se fosse soltanto quella la ragione nemmeno mezzo millesimo di buon secondo sprecherei per parlarvi di come e di perché hanno deciso di toglierci quel poco che ancora reputate sia degno di chiamarsi vita …  –

 

Dare  –  … che cosa vorresti dire, che ci faranno assaggiare i fiori anche contro la nostra volontà? –

 

Pecunia  – A quello ci stanno già pensando. Di certo loro non lo vedranno più (riferito ai genitori) ma in meno di venti buoni secondi ti renderai conto tu stessa di quante di noi saranno costrette ad assaggiarli. Forse lo farai perfino tu.  –

 

Dare  –  (fiero) Pianterei il mio pungiglione su una montagna di sterco, piuttosto.  –

 

Pecunia  –  (provocatorio) Se invece dovessi assaggiarli di tua spontanea volontà? Nel senso, se ti venisse improvvisamente e inspiegabilmente voglia di assaggiarli, come ti difenderesti? Che cosa vorrebbe dire per te?  –

 

Dare  –  Per costringermi a fare una cosa del genere dovrebbero narcotizzarmi.  –

 

Pecunia  –  Infatti lo stanno già facendo : stanno mettendo qualcosa nel nettare divino, qualcosa di mostruoso, che farà venir voglia a noi tutte di nutrirsi dai pistilli, dagli stami e perfino dai sepali.  –

 

Nos  – (indignato) Bugie, bugie, niente altro che bugie … come puoi dire certe cose?Se si azzardassero a toccare il nettare divino scoppierebbe il finimondo. –

 

Pecunia  –  Forse è proprio quello che vogliono.  –

 

Nos  – Cosa dovrebbero volere, che la Palude sia invasa dalle striscianti°?  –

°le addomesticate, in gergo selvatico

 

Dare  –  Calmati … forse non era questo che intendeva dire …  –

 

Pecunia  –  no, no, era proprio questo che volevo dire, e volevo anche dire che il loro scopo principale è quello di aizzarci le une contro le altre per avere la scusa di farci fuori tutte, riuscendo così  a tenere meglio a bada le riottose*. Infatti, per nostra sventura, il nettare divino non è più lo stesso che c’era una volta. (al padre) Secondo te ha ancora lo stesso gusto forse?  –

*le addomesticate, variante canzonatoria del gergo selvatico

 

Nos  –  (scettico) Si … anzi, è perfino più buono … –

 

Nostram  –  … questo non è vero, e lo sai anche tu. Soltanto che piuttosto di ammetterlo …  –

 

Nos  –  … che abbia o non abbia lo stesso gusto non vuol dire un bel niente nella discussione che stiamo facendo, perché qui, il tuo caro rampollo benestante …  –

 

Pecunia  – (divertito/provocatorio) … rampollo benestante? E’ perché l’Alveare non è più stato marcio come ai tempi della Grande Conversione che mi chiami rampollo benestante oppure è perché anche senza di noi (alludendo alla sorella Dare) non saresti riuscito che ad avere tre soli miseri favi?  –

 

Pausa.

 

Nos  –  (pacato) Sembra incredibile, eppure, ai tempi della Grande Conversione, l’Alveare era meno marcio di quanto non lo sia ora. Ognuna di noi sapeva esattamente che cosa doveva e che cosa non doveva fare per evitare di assaggiare i fiori, mentre ora, anche se l’intero Alveare sembra privo di api che intendono convertire altre api alla sottomissione palustre, non c’è più nessuna che sappia riconoscere per esempio i rami secchi da quelli buoni, o le foglie verdi e tenere da quelle dure e ingiallite. E’ vero che non sarei mai riuscito ad avere altri favi, ma se per averli bisognava “togliere” il pungiglione alle nostre simili …una pratica questa  che è sempre stata in voga … allora posso dire di essere soddisfatto di aver raggiunto questo degno anche se misero risultato. (poi, al figlio) Questa è la differenza che esiste tra la dignità che intendo io e quella che intendi tu. A quei tempi il nettare divino scarseggiava, e la maggior parte di noi (alludendo sia a Dare che a Pecunia) voi comprese…  –

 

Pecunia  –  (esasperato) … perché non inizi il racconto dall’Origine Assoluta …  –

 

Nos  –  (indignato) … taci Pecunia … tu non sai ancora niente della vita. Te l’ho già detto mi sembra, o no?  –

 

Dare  –  (al padre) Perché non lo lasci parlare, invece di alzare sempre il volume?  –

 

Nos  –  Perché non mi dici qualcosa tu, sulla Grande Conversione?  –

 

Pausa.

 

Dare  –  (sommesso) Le più deboli di noi cominciarono a notare che chi aveva assaggiato i fiori viveva meglio, che riusciva ad avere molti più favi di quanti una di noi poteva mai sognarsi di avere anche se avesse vissuto mille altre vite …  –

 

Nos  –  (sull’esitazione di Dare) … dunque? E’ tutto qui quello che sai? Perché credettero di vivere meglio anche se a loro non mancava proprio nulla? Perché vivere per nutrirsi, accumulando favi, invece di nutrirsi per vivere e riprodursi, così come ho fatto io, con tre soli miseri favi? Dunque? Il perché è molto semplice : sentendosi raccontare mille e più volte dagli Insetti della Palude menzogne infinite, la più grande delle quali fu appunto quella che avrebbero dovuto assaggiare i fiori per poter decidere o meno di vivere come loro, si convinsero che era vero, e infatti era vero che nutrendosi dai fiori c’era la possibilità di cambiare vita evitando di lavorare duramente per avere più favi, ma era anche vero che una volta assaggiati non sarebbero più state capaci di dire di no a qualsiasi regola imposta dagli Insetti della Palude.  –

 

Pecunia  –  (provocatorio) La storia si ripete ciclicamente, soltanto che questa volta non tocca a noi …  –

 

Nos  –  (autoritario) … noi non ci faremo condizionare da nessuno, tantomeno da …  –

 

Pecunia  – (autorevole) … da insetti più piccoli di noi, nati e cresciuti nel Fango, che non pensano ad altro che accrescere il numero di quelle che come noi dicono che non si faranno condizionare da nessuno nonostante non sappiano che, pur pensandolo, si sono rese complici di averlo già subito un condizionamento perché in fondo ci rifiutiamo allo stesso modo di pensare a come questi insetti hanno fatto per farcelo credere.  –

 

Nos  – (di sfida) Come avrebbero fatto per farcelo credere?  –

 

Pecunia  –  E’ una questione di gusto …  –

 

Nos  – (esasperato) … ma basta … ancora con questa storia?  –

 

Nostram  –  Lascialo parlare …  –

 

Nos  –  … per dire cosa, le solite cose che ci sentiamo dire da quando avevamo la sua età? Perché allora noi sui fiori non ci siamo mai posate? Perché dovremo cominciare proprio ora? (al figlio) Dammi una sola motivazione valida … me ne basta una sola …  –

 

Pecunia  –  … perché il nettare non è divino …  –

 

Dare  –  (basito) … che vuoi dire?  –

 

Pecunia  –  Che lo hanno creato loro, gli entomonarchi.°  –

°Gli insetti della Palude denominati in gergo selvatico

 

Nos  –  (disgustato) Vattene … mi hai sentito? Non hai più ragione di restare qui …(furioso) vattene!  –

 

Dare  –  (al padre) … non puoi sempre fare così quando …  –

 

Nos  –  (stesso tono) … e tu, cosa aspetti a seguirlo?  –

 

Nostram  –  (sconcertato, al figlio) Come puoi dire queste cose? Perché lo avrebbero …creato? Chi ti ha messo in testa queste cose?  –

 

Pecunia  –  Lo hanno creato per renderci tutte schiave. Primo, prechè stanno cercando di cancellare la nostra memoria. Le probabilità che in un futuro neanche poi così lontano qualsiasi famiglia possa ancora discutere per esempio sulla Grande Conversione si ridurranno drasticamente, fino al da loro sospirato oblio. Secondo, se è vero che le riottose stanno cominciando a capire che cosa stanno davvero facendo gli entomonarchi, e da quanto mi è parso di vedere qualcosa dovranno pur aver capito visto che si sono spinte fino ai confini della Palude, allora è anche vero che gli entomonarchi hanno già pianificato dettagliatamente la loro ennesima sottomissione. Terzo, una pianificazione simile, o peggio, una pianificazione totale, che coinvolgerebbe anche noi, non può che passare attraverso il nutrimento …  –

 

Nos  –  (provocatorio) … è per la stessa ragione che lo avrebbero … creato? Che cosa sarebbe per te dunque la natura, una loro creazione?  –

 

Pecunia  –  No, certo che no … ma non vorrei svegliarmi un giorno e doverlo pensare per forza …  –

 

Dare  –  … che cosa dovremo fare secondo te quindi, morire di fame?  –

 

Pecunia – (ironico) Certo. Ci organizzeremo per il più grande sciopero della fame di massa.-

 

Nos  –  Rispondi invece di fare lo spiritoso come tuo solito.  –

 

Pecunia  –  Se fosse così semplice rispondere … in verità un modo per tornare a succhiare in santa pace il nostro beneamato nettare divino naturale ci sarebbe, solo che …  –

 

Nos  –  … insabbiare la Palude con dentro gli entomonarchi è una pratica che è stata sempre e solo sognata … peccato però che mai nessuno è riuscito a farlo …  –

 

 

Pecunia  –  … l’insabbiamento, quello vero, sarebbe fattibile soltanto se ognuna di noi si decidesse una buona volta a far funzionare l’Alveare correttamente, ma per fare questo  bisogna iniziare da quello che mangiamo. Gli entomonarchi stanno manipolando il nettare divino? Vorrà dire che noi ci nutriremo dai bulbi …  –

 

Nos  –  (divertito) … mettiamo pure che lo stiano manipolando, ma toglimi una curiosità … dove troveresti del nettare divino là sotto?  –

 

Nostram  –  Come ci arriveresti?  –

 

Pecunia  –  Non lo so … ma non per questo non affronterò il problema. Chiederò consiglio a Effodio.  –

 

Nos  –  (ancora più divertito) Chiedi pure, chiedi …  –

 

Nostram  –  (basito) … Effodio? Ma lo sanno tutte che Effodio è un buono a nulla, che è uno che scava si, chi lo nega, ma che serve soltanto a seppellir cadaveri.  –

 

Dare  –  (giustificato) Senza contare che è mezzo matto …  –

 

Pecunia  –  (canzonatorio) … matto lo è del tutto, se permetti …se lo fosse solo per metà a chi servirebbe?  –

 

Dissolvenza. Buio. Silenzio, breve. Luce. Palcoscenico gremito di comparse (le selvatiche, ognuna delle quali ha in dotazione un attrezzo da scavo) che mimano uno scavo “dirette” da Effodio, un fuco della stessa età di Pecunia, che è sul proscenio con le spalle rivolte al pubblico presente in sala. Tra le mani stringe una bacchetta da direttore d’orchestra. Ronzio sommesso, costante. Questa scena non è proiettata sulle quinte, che tornano così a riassumere l’aspetto originario. Silenzio. Tutti i fuchi selvatici, compreso Effodio, si fermano per un istante. Poi, a ritmo del celeberrimo “Volo del Calabrone”(il brano, registrato, è tratto dall’esecuzione di una vera orchestra e interpretato magistralmente, nelle movenze, da Effodio) iniziano a “scavare”. Poi, a brano terminato, in pausa scavo.

 

Un fuco  –  (desolato) Nulla … il nulla più totale.  –

 

Un altro fuco  –  (giustificato, a Effodio) E’ vero, più andiamo in profondità e meno …  –

 

Effodio  –  (isterico, lanciandogli addosso la bacchetta) … siete una massa di incapaci … per trovarlo non basta saper scavare, bisogna dover dimenticarsi di avere la pala!  –

 

Un altro ancora  –  (giustificato) Ma come facciamo a dimenticarcene se è proprio per scavare che ci serve?  –

 

Effodio  –  Ve la dovete dimenticare, punto. Come ve la siete procurata quella pala?  –

 

Lo stesso  –  (basito) Che domanda è, come ve la siete procurata quella pala?(mostrando la pala con orgoglio) Lo sanno tutte che questa pala è di tutte, che ci appartiene di diritto, che ce l’hanno tramandata le nostre antenate lavorando come bestie da soma per tutta la loro misera vita, e che …  –

 

Effodio  –  (provocatorio) … quindi?  –

 

Lo stesso  –  (indignato) Quindi cosa?  –

 

Effodio  –  Quindi vi appartiene e nessuno ve lo può togliere, giusto?  –

 

Altri due  –  (solenne, all’unisono) Più che giusto!  –

 

Un altro ancora  –  E’ vero …  –

 

Effodio  –  (interrogativo) … se è vero che è così giusto, quelle che non sono nate nell’Alveare allora, anche loro non …  –

 

Lo stesso  –  … sono affari loro, noi non …  –

 

Effodio  –  … no, sono anche affari nostri, perché se non le aiuteremo a entrare nell’Alveare dimenticandoci della pala che ci hanno tramandato prima o poi scompariremo sia noi che l’Alveare … e ora forza, datevi da …  –

 

Pecunia  –  (imbarazzato, entrando da una delle due quinte laterali) … ehm … che cosa state cercando?  –

 

Lo stesso  –  (sarcastico, uscendo con la pala, seguito da una dozzina di fuchi selvatici)L’acqua, in mezzo al mare!  –

 

Pecunia  –  Ho detto qualcosa che non dovevo dire?  –

 

Il portavoce dei fuchi selvatici  –  (esasperato) Sono la bellezza di quaranta millesimi di buon secondo che siamo qui, al servizio di questo, di questo …  –

 

Effodio  –  … non c’è nessuno che vi trattiene, potete tranquillamente andare dietro a quelle che sono appena uscite.  –

 

Il portavoce  –  (a Pecunia, riferito a Effodio) Fa sempre così : promette, promette, e non mantiene mai niente di quello che dice.  –

 

Pecunia  –  Che cosa vi aveva promesso e perché? Che cosa stavate cercando?  –

 

Il portavoce  –  (indignato) Qualcosa di introvabile, qualcosa che c’è, ma che non si vede … con tutto quello che si sente e che si vede in giro ci mancava soltanto questo! (poi, commiserevole) Soltanto delle ingenue come noi potevano sprecare tutto questo tempo prezioso dietro a qualcuno che per ricompensa era disposto addirittura a offrirci il suo tronco d’albero cavo. (poi, alle altre, uscendo con tutte le altre) Venite, andiamo …è arrivato il momento che questo fanfarone se lo cerchi da solo quello che vuole trovare.  –

 

Pausa.

 

Effodio  –  (rassegnato) E’ inutile … all’inizio sembrano sempre essere tutte d’accordo, poi però, non appena scoprono che il sacrificio per trovarlo è enorme, mi mollano e se ne vanno beate per la loro strada.  –

 

Pecunia  –  (rassicurante) E va bene, anche se non mi vuoi dire che cosa stavi cercando io … diciamo che continuerò ad essere della tua idea, d’accordo?  –

 

Effodio  –  Tu che cosa vorresti cercare?  –

 

Pecunia  –  (enfatico) Ce ne sono di cose che vorrei cercare! Sono talmente tante che mi verrebbe voglia di vivere mille altri secoli di buon secondo, se proprio lo vuoi sapere …  –

 

Effodio  –  (disilluso) Allora cerca pure di goderti le ultime frazioni di millesimo, visto il Fango che ci circonda.  –

 

Pecunia  –  Anche tu sai che cosa vogliono fare gli entomonarchi, vero?  –

 

Effodio  –  Ribelli° a parte, conosci per caso qualcun’altra che non lo sappia?  –

°altra variante del gergo selvatico per definire le addomesticate

 

Pecunia  –  (persuasivo) Effodio, so quanto sia difficile ammetterlo, ma arriverà il giorno che per il bene comune dell’Alveare saremo costrette a rivolgerci proprio a loro, che ormai direbbero addirittura che la Grande Conversione non è mai esistita. Non possono togierci anche il nettare divino. I fuchi come te e come me sanno di non avere alternative se non quella di cercarlo nei bulbi …  –

 

Effodio  –  (indignato) … ma come faremo ad andare sottoterra se non c’è più nessuna di noi che è disposta a scavare? Per fare un lavoro simile ci vorrebbero almeno diecimila fuchi. E poi, chi ti dice che lo troveremo?  –

 

Pecunia  –  Abbi fede Effodio, abbi fede.  –

 

Effodio  –  E’ proprio questo il punto … io comincio a non avercela più, comincio a pensare che chi dice di averla è perché o è prossima al trapasso oppure è perché non vuole rendersi conto che una volta trapassati tutto finisce come se tutto non fosse mai iniziato.  –

 

Pausa

 

Pecunia  –  Ogni volta che il disincanto si manifesta semina distruzione, ogni volta che invece si manifesta l’incanto crea il raccolto. Io mi rendo solo conto che sono queste tue ultime domande che fanno la differenza quando si pensa al trapasso.  –

 

Sipario

 

 

ATTO SECONDO

A sipario aperto

 

Un bel prato verde (una superficie sintetica che occupa l’intero palcoscenico) con dei splendidi e variegati fiori che si stagliano (i fiori sono finti e numerosi, e poggiano ognuno su ogni singolo piedistallo). Cielo azzurro, senza nuvole, proiettato sia sulla quinta di fondo che sulle quinte laterali. Canto allegro di uccellini (melodico) registrato.

Mesogene e Paleonice, due giovani api addomesticate, hanno appena consumato il loro ennesimo e lauto pasto quotidiano.

 

Paleonice  –  (sospirato) … qui è tutto così meraviglioso che ti verrebbe voglia di fermare il tempo, se soltanto ne avessimo la possibilità … pensa che questa mattina, a colazione …  –

 

Mesogene  –  (deduttivo) … vieni qui a fare colazione eh … e magari ti ci porti dietro anche i tuoi venticinque …  –

 

Paleonice  –  (basito) … certo che me li porto dietro … i miei mielini vengono sempre con me … perché non dovrei portarmeli scusa?  –

 

Mesogene  –  (giustificato) Perché? Ma perché ogni buona famiglia che si rispetti non si azzarderebbe mai a superare il Limite, ecco perché!  –

 

Paleonice  –  Parli così giusto perché i tuoi mielini sono solo dieci … vorrei vedere se ne avessi il doppio che cosa diresti …  –

 

Mesogene  –  … qualcuno ti ha forse ordinato di metterne al mondo venticinque? Potevi fermarti prima!  –

 

Paleonice  –  (esasperato) Ma dai … ma che discorsi sono? Lo sanno tutte che il Limite cambia a seconda della Regina di turno , no?  –

 

Mesogene  –  Già … supponiamo però che questa volta la Regina non dovesse …  –

 

Paleonice  –  … non dovesse cosa?  –

 

Mesogene  –  (sommesso) Che non dovesse obbedire agli ordini … (sottovoce,

comprensibile) che fosse una … che fosse una selvatica, si.  –

 

Paleonice  –  (sconcertato) Chi ti ha detto queste cose? Sai benissimo che sarebbe impossibile! E poi, come … voglio dire, anche se fosse possibile l’impossibile, al massimo il Limite non lo abbasserebbe, anzi, lo aumenterebbe di sicuro visto l’odio che le selvatiche nutrono nei confronti dei nostri benefattori …  –

 

Mesogene  –  in questo modo però tu potresti trarne giovamento …  –

 

Paleonice  –  (giustificato) … giovamento? Ma da cosa, dalle decisioni prese da una Regina selvatica forse? (poi, provocatorio) Scommetto che anche tu eri tra quelle che hanno osato spingersi oltre i confini dell’Inverosimile.°  –

°La Palude, denominata in modo reverenziale nel gergo delle addomesticate

 

Mesogene  – (indignato) Io? Proprio io? Ma tu guarda che cosa devo sentirmi dire! Io, che ho dedicato la vita intera a un onorato servizio …  –

 

Paleonice  –  … è proprio chi ricopre certi ruoli che ha la possibilità di passare dalla parte del nemico senza farsene accorgere. Tu sei sempre stata affidabile nel controllare l’acustica del Ronzio, ma chi è che ti controlla quando sei al lavoro?  –

 

Mesogene  –  (fiero) Prima di tutto il nostro non è un lavoro, è una missione …  –

 

Paleonice  –  … parla.  –

 

Mesogene  –  Io sono controllata da Onniade, che oltre a verificare se gli Alti e i Bassi del Ronzio vengono immagazzinati sequenzialmente da me nei condotti dei Gangli delle Larve Palustri, si occupa anche di scegliere quali e quanti di questi Alti e di questi Bassi devono essere immagazzinati. Onniade a sua volta è controllata da Fillostrata, la quale, oltre a tener d’occhio Onniade, ha l’incarico di trasmettere tutta l’acustica immagazzinata direttamente a Endogene, che una delle dodici responsabili dei Gangli delle …  –

 

Paleonice  –  … so benissimo chi è Endogene, non c’è bisogno che …  –

 

Mesogene  –  … quindi saprai anche che ha la facoltà di ignorare la Regina prendendo ordini addirittura da Musca …  –

 

Paleonice  –  … se è per questo anche Fillostrata ha la stessa facoltà e prende ordini direttamente da …  –

 

Mesogene  –  …lo so, lo so, ma per come la vedo io Crabro è destinato a soccombere. La Palude sarà guidata da un’unica …  –

 

Paleonice  –  … senza Crabro Culex non andrà molto lontano. Chi è stato a mettere il Limite, Crabro o Culex ?  –

 

Mesogene  –  Culex lo avrebbe messo lo stesso se fosse stato al posto suo, altrimenti molte di noi sarebbero morte di fame. (poi, incuriosito) Cosa c’è, chi è che … (poi, nel vedere entrare Onniade, a Onniade) e tu che ci fai qui? Non è che per caso ora è anche proibito comunicare con delle crabroniane?  –

 

Onniade  –  (a Paleonice) Ti spiacerebbe posarti su un altro fiore? Ho bisogno di stare da sola con lei.  –

 

Paleonice esce visibilmente contrariata.

 

Mesogene  –  Allora?  –

 

Onniade  –  (turbato) Le selvatiche stanno scavando anche qui, in questo paradiso terrestre.  –

 

Mesogene  –  (basito) Quindi?  –

 

Onniade  –  (autoritario) Hanno bisogno di aiuto. Raduna tutte le tue più fedeli collaboratrici e …  –

 

Mesogene  –  (sconcertato) … cosa?  –

 

Onniade  –  Gli ordini sono ordini. E questo è un ordine di Culex! Io stessa l’ho ricevuto! Devi recarti immediatamente da Apodemo …  –

 

Mesogene  –  … io? Perché non ci vai tu da chi ha avuto l’incoscienza di organizzare questo Affronto?  –

 

Onniade  –   Perché Culex sa che tu sei l’unica in grado di sintonizzarti sulle frequenze di Apodemo. Nessuno ti aveva ordinato di rimuovere tutte quelle ali spezzate, eppure, nonostante questo, hai preso quella iniziativa di tua spontanea volontà e insieme a cinque tue collaboratrici avete subito sgombrato …  –

 

Mesogene –  (giustificato) … ma qualcuno lo doveva pur fare! Quelle ali spezzate rappresentavano il simbolo dell’Affronto …  –

 

Onniade  –  … non trovare scuse, avrebbe potuto farlo chiunque … eravate in due milioni e mezzo ad assistere passivamente a quello scempio! Se Apodemo non è ancora stata giudicata è stato solamente perché serve da esca per le selvatiche, che con tutta la loro buona volontà, non riusciranno mai, da sole, a raggiungere i bulbi.  –

 

Mesogene  –  Non capisco perché Culex dovrebbe volere che le selvatiche raggiungano i bulbi, tutto qui … (sommesso) non dovrebbe impedirlo?  –

 

Onniade  –  (esasperato) Ci vai o non ci vai?  –

 

Mesogene  –  (rassegnato) Ci vado, ci vado …  –

 

Onniade  –  (allusivo al tono di Mesogene) … non ho capito bene …  –

 

Mesogene  –  (enfatico) … ti ho appena detto che ci vado, figurati se non ci vado! Che cosa dovrei …  –

 

Onniade  –  (basito) … sei impazzita? Come ti permetti di usare il condizionale in simili frangenti?  –

 

Mesogene  –  (imbarazzato/ravveduto) Che cosa devo riferire?  –

 

Onniade  –  Che le selvatiche devono essere aiutate.  –

 

Mesogene  –  (sarcastico) E se per puro caso mi dovesse chiedere perché, io cosa …cosa devo dire?  –

 

Onniade  –  Che le selvatiche intendono unirsi a loro per organizzare un nuovo Affronto, e che in questo nuovo Affronto parteciperai anche tu e tutte le tue numerose collaboratrici. Ti bastano 85 favi per convincere Apodemo?  –

 

Mesogene  –  (enfatico) 85 favi? (poi, riflessivo) Però … come posso convincere …  –

 

Onniade  –  … è un problema tuo … (uscendo) … sappi solo che se entro cinque grossi minuti° non riuscirai ad eseguire l’ordine con successo sarò costretta a passare l’incarico a qualcun’altra.  –

°Il grosso minuto è l’unità di misura temporale delle addomesticate.

Dopo qualche attimo di esitazione Mesogene esce dalla parte opposta. A seguire, il cielo azzurro proiettato sulle quinte diventa progressivamente nuvoloso, cupo (nel video successivo si assiste all’evolversi di un temporale, con tanto di tuoni amplificati che danno una connotazione verosimile al fenomeno atmosferico). Silenzio. Dissolvenza circolare (genere di dissolvenza che si protrae più a lungo rispetto ai brevi istanti di dissolvenza, ottenuta riaccendendo semplicemente le luci di continuo) durante cui vengono rimossi dal palcoscenico tutti i fiori finti, con i relativi piedistalli, e la superficie sintetica da svariate comparse, travestite chi da goccia di pioggia, chi da chicco di grandine e chi da fiocco di neve. Buio. Pausa. Con il ritorno delle luci in scena il palcoscenico riassume l’aspetto originario. Apodemo, un giovane fuco addomesticato, dallo spirito intraprendente, compare mentre sta cercando di sovrapporre una maschera (il volto sorridente e identico della nota associazione popolare che per licenza creativa è stata rinominata ala spezzata) alla propria.

 

Mesogene  –  (sommesso, entrando) Sei tu, Apodemo?  –

 

Apodemo  –  (brusco) Sono io. Tu chi saresti?  –

 

Mesogene  –  Mi chiamo Mesogene, lavoro per …  –

 

Apodemo  –  (deduttivo) … so per chi lavori, sono loro che hanno contribuito a vanificare i nostri sforzi per impedire che entrassimo in Palude. Che cosa vuoi?  –

 

Mesogene  –  Io ero presente all’Affronto …  –

 

Apodemo  –  (indignato) … cosa vuoi?  –

 

Mesogene  –  Vengo da parte di Pecunia … anche se, a dire il vero, non lo sa ancora …  –

 

Apodemo  –  … chi è questa Pecunia?  –

 

Mesogene  –  Un fuco selvatico …  –

 

Apodemo  –  … come fai tu, che sei più servile di un cane, a conoscere una selvatica?  –

 

Mesogene  –  E tu, che nemmeno mi conosci, come fai ad apostrofarmi?

(dopo una pausa) Comunque, qualche grosso minuto fa, mentre stavo immagazzinando nel condotto 416, quello più ricettivo di tutti i Gangli esistenti, una serie piuttosto cospicua di Bassi, sono venuta a sapere che questa Pecunia, con l’aiuto di molti altri fuchi selvatici, tra cui risulta esserci anche un certo Effodio …  –

 

Apodemo  –  … non mi interessa un elenco di fuchi selvatici, vieni al dunque.  –

 

Mesogene  –  Ci stavo arrivando … in pratica stanno cercando di scavare  sottoterra un po’ ovunque, nella speranza di trovare del nettare nei bulbi, ma siccome non sono abbastanza attrezzate per farlo avrebbero intenzione di chiedere a te e ai tuoi …  –

 

Apodemo  –  (risoluto, mostrandole con disprezzo “l’ala spezzata” che tiene ancora in mano) … zitta, non dire altro … guarda, guardala! Chi ti ha dato l’ordine di spostarla?  –

 

Mesogene  –  (imbarazzato) Nessuno, ma … allora sapevi chi ero …  –

 

Apodemo  –  … peggio ancora. Vuol dire che hai convinto le altre a spostarle tutte …  –

 

Mesogene  –  … no, non è andata così, devi credermi … non è che ho voluto spostarle per dimostrare di essere la più veloce nell’intuire l’ordine, che era sottinteso, è che, vista la motivazione dell’Affronto, se quelle ali spezzate fossero rimaste ancora un po’ davanti alla soglia della Palude, Endogene avrebbe capito che qualcuna di noi era d’accordo con te …  –

 

Apodemo  –  … sei scaltra Mesogene, ma con me non attacca. Se davvero le avessi spostate per questa ragione perché allora tu e tutte le altre continuate lo stesso ad abitare in doppi, tripli, se non addirittura quadrupli favi usufruendo oltretutto del polline superfluo? (sull’esitazione di Mesogene) Dunque, perché non rispondi subito quando …  –

 

Mesogene  –  … perché non mi piace dare risposte insensate giusto per far vedere di averne una pronta. Ognuna di noi fa una sua scelta. Tu perché hai scelto l’Affronto quando sapevi che senza l’aiuto delle selvatiche non avresti ottenuto che rinvii a giudizio?  –

 

Apodemo  –  (indignato, scaraventando a terra “l’ala spezzata”)

Perché quel gesto avrebbe dovuto essere il primo passo per convincere te e tutte quelle come te che è arrivato il momento di non eseguire più gli ordini, perché un Alveare costituito da uno sciame succube e inerme, pronto soltanto a seguire il regime alimentare imposto, non può e non deve più esssere chiamato Alveare, perché …  –

 

Mesogene  –  (pacato) … unite le forze allora … ti posso assicurare che se aiuterai le selvatiche lo farò anch’io …  –

 

Apodemo  –  … non mi fido di te e di tutte quelle come te. Chi mi dice che non sei stata mandata qui da qualcuno che avrebbe ovviamente anche provveduto a pagarti il disturbo.  –

 

Mesogene  –  Per convincere me e tutte quelle come me bisogna fidarsi se si vuole …  –

 

Apodemo  –  … per diventare efficace questo Affronto avrebbe dovuto richiamare almeno cento milioni in più di api pronte all’estremo sacrificio pur di entrare in Palude, invece, come al solito, non appena le culaxiane° sono intervenute con gli sputasangue*abbiamo dovuto assistere all’ennesima fuga generale. La fuga è l’unico elemento che ci può accomunare, purtroppo. Invece di combattere noi scappiamo, e non soltanto da quelle circostanze : scappiamo dal denunciare gli abusi che si ripetono regolarmente nell’Arnia Reale, dall’evitare di mostrare poca enfasi nel partecipare al funzionamento dell’Alveare per paura di risultare troppo deluse agli occhi dei nostri persecutori, o meglio, di quelli che ormai sono diventati i nostri carnefici, da tutto scappiamo, perfino da noi stesse, e questo le selvatiche lo sanno, sanno che per …  –

°Zanzare addette a ripristinare l’ordine pubblico all’interno dell’Alveare

*Oggetti offensivi contundenti che imbrattano e ricoprono interamente di sangue le vittime fino a farle soffocare se non viene immediatamente rimosso con l’acqua

 

Mesogene  –  … se restiamo unite il Ronzio cambierà. Questo nuovo Affronto darà una svolta definitiva alle nostre paure, e se, come credo, riusciremo a entrare in Palude da api libere la trasformeremo in quel fiume fertile e prosperoso che era, e ognuna di noi, a turno, guiderà il suo corso e pulirà periodicamente il suo greto da tutte le impurità al fine di renderlo ancora più fertile e prosperoso per tutto l’Alveare.  –

 

Apodemo  – Per tenere fede a certi principi bisogna essere capaci di dimostrarli con i fatti assumendosene una piena responsabilità, e l’unico modo che avete per dimostrarlo, te e tutte quelle come te, è di presidiare il condotto 416 senza apparente motivazione ovviamente prima di un nostro eventuale incontro con le selvatiche.  –

 

Mesogene  –  (giustificato) Ma …  –

 

Apodemo  –  … nessun ma. Queste sono le mie condizioni : il minimo che potevi aspettarti visto il genere di Affronto che intendiamo attuare.  –

 

Dissolvenza. Buio. Ronzio progressivo e roboante. Proiezione simultanea (su ogni quinta) del video amatoriale dell’orrida zona palustre. Silenzio.

 

Voce di Crabro  –  (sprezzante) … muoversi, muoversi … quell’agglomerato avreste già dovuto finirlo di costruire prima ancora di aver ricevuto l’ordine … per cosa credete che vi pago? Volete fare la loro stessa fine? Guardate che non ci metto molto, anche se siete dei calabroni … muoversi, avanti … (poi, pacato, a Culex) con questo ritmo direi che manca davvero poco per l’inaugurazione … (ravveduto) nessuna cerimonia, è vero …

Ma perché stavo quasi per dimenticarmene?  –

 

Voce di Culex  –  Perché nonostante questo nuovo Alveare sia quasi ultimato credi ancora che qualche selvatica possa sfuggire al Trattamento e infiltrarsi tra i Gangli per tentare una sorte impossibile. (poi risoluto, a Musca) La situazione?  –

 

Voce di Musca  –  (sollevato) Tutto come previsto. Il Ronzio è talmente cambiato che si è stabilizzato su livelli inudibili, per noi palesemente inaccettabili. Di conseguenza l’inimmaginabile coalizione tra selvatiche e addomesticate sta per …  –

 

Voce di Culex  –  (esasperato) … finalmente! Ora non ci resta che dare inizio al Trattamento. Non appena tutte le selvatiche si saranno nutrite con una quantità di prostrarsimolo pari al triplo di quello presente nelle foglie e nei rami, verranno indirizzate senza più alcun indugio alla Scuola dell’Obbligo. L’ottimo lavoro pregresso, svolto da i nostri impareggiabili educatori con le addomesticate, dovrà essere intensificato e modificato nei seguenti termini : materie quali aritmetica atemporale e idolatria comparata entreranno a far parte del programma preparatorio fin da subito, senza dover attendere gli esiti di inutili introduzioni. Le prime manifestazioni di gradimento facilmente tracciabile, una per tutte quella del polline superfluo, dovranno essere usate non soltanto per orientarne il consumo, ma anche per stabilire un’appartenenza, in modo da semplificare e ottimizzare il complesso lavoro di classificazione.  –

 

Voce di Crabro  –  Il Trattamento non garantirà a priori l’impossibilità  del formarsi di eventuali coalizioni tra le nuove e le vecchie addomesticate.   –

 

Voce di Culex  –  Il Trattamento cancellerà definitivamente sia le coalizioni che queste forme di scetticismo in quanto la sua efficacia, superiore alla potenza di una nube piroclastica, sarà tale da non poter permettere ad alcuna futura addomesticata di poter risalire ad alcuna causa devastante, pertanto, considerati gli effetti imminenti, il nuovo Alveare soddisferà alla perfezione ogni nostra esigenza.  –

 

 

Luce/Sipario

 

 

ATTO TERZO

A sipario aperto

 

 

 

Tre gigantografie panoramiche, proiettate una su ogni quinta, dei  posti a sedere in galleria (la prospettiva, sia per gli spettatori della galleria che per quelli della platea per quanto riguarda la disposizione a semicerchio dei suddetti posti a sedere è aerea). Tappeto rosso che ricopre l’intera superficie del palcoscenico. Numerose api addomesticate disposte a emiciclo, a ridosso di ogni quinta. Endogene è nel mezzo, in procinto di presiedere l’ultimo Consiglio dei Gangli delle Larve Palustri.

 

Endogene  –  (discriminatorio) … hanno usato quelle ali spezzate per focalizzare l’attenzione sull’uso del polline superfluo, nell’assurdo tentativo di evocare vane conquiste e con l’unico scopo di gettare del prezioso Fango su epoche remote. Si sono dimenticate di come hanno potuto vivere e riprodursi grazie a una crescita continua, basata sullo sviluppo globale. Eppure, nonostante tutti questi pericolosi Affronti che si sono susseguiti in questi duecento, duecento cinquanta grossi minuti, noi non siamo ancora state in grado di varare e di ratificare una riforma guida capace di tutelare non soltanto i nostri miseri interessi, ma anche e soprattutto di salvaguardare l’inestimabile patrimonio genetico delle nostre specie di riferimento. In qualità di Presidente di turno responsabile degli Alti e dei Bassi del Ronzio, che sono stati immagazzinati in quest’Arnia Reale, è quindi mio dovere fare appello al Primo Emendamento, che, lo ricordo ancora alle nuove forze, oltre a garantire la certezza di un ulteriore mandato dopo essersi dimesse da un qualsiasi incarico ricoperto, prevede anche la condivisione reciproca delle norme che regolano l’espetamento delle stesse riforme guida. (a Fillostrata, che ha appena fatto un passo avanti uscendo dalla parte destra dell’emiciclo circostante) Venerabile Fillostrata, ne ha facoltà.  –

 

Fillostrata  –  Per quanto concerne la tutela di beni  quali l’approvvigionamento straordinario di polline superfluo o l’elargizione gratuita di arnie faraoniche, gentilmente concessa a nostra totale insaputa da figure integerrime delle nostre specie di riferimento … mi si consenta di elencarne almeno due di questi beni … la nostra proposta si azzarda a voler decurtare la permanenza in volo delle Operaie libere, stimata secondo le più recenti statistiche di Impollinazione intorno ai quattordicimila grossi minuti, al fine di assicurare migliori condizioni esistenziali durante il loro intero arco lavorativo …  –

 

Onniade  –  (indignato, all’interno dell’emiciclo, ma dalla parte opposta rispetto Fillostrata) … addirittura! Come se avessero il diritto di fare e disfare tutto quello che vogliono a seconda dei loro porci comodi, come se i nostri interessi non esistessero …  –

 

Endogene  –  (autoritario) … la smetta venerabile Onniade … le ricordo che questo è il secondo richiamo, al terzo sarò costretta a farla espellere dall’Arnia Reale.  –

 

Fillostrata  –  (provocatorio) Inoltre, in questa delicata fase di commissariamento, che non ha di fatto semplificato l’iter elettivo di una nuova Regina, strumentalizzare il volo delle Operaie libere significa semplicemente fare della volgare demagogia …  –

 

Onniade  –  (furioso, a Fillostrata, uscendo dall’emiciclo con il pungiglione° rivolto verso Fillostrata) … chi avrebbe strumentalizzato cosa? Muori fedifraga …  –

°Un pugnale estratto da sotto la manica

 

Endogene  –  … rientri immediatamente nei ranghi …  (mentre da dietro le quinte entrano tre culaxiane armate di sputasangue immobilizzando Onniade, la quale, dopo essere stata disarmata non oppone alcua resistenza)  –

 

Onniade  –  (a Endogene) … quello che stai facendo a me ora lo faranno a te quando al posto tuo ci sarà lei (riferito a Fillostrata) perché ognuna di noi sa che chiunque accusi di demagogia chi vuole in effetti aiutare le Operaie libere sa anche che lo dimostrerà ingannandoci una per una, di volta in volta, perché, quando si tratta di Impollinazione, non avrebbe altri argomenti per sostenere tesi contrarie, e che quindi, quando torneremo finalmente tutte alle Urne, prima diventerà un’accusata perché le farà comodo e poi presiederà questo Consiglio.  –

 

Endogene  –  (infastidito, alle culexiane, che eseguono tempestivamente l’ordine) Portatela via … (poi, a Fillostrata) proceda …  –

 

Fillostrata  –  … come è noto, il Primo Emendamento …  –

 

Dissolvenza. Buio. Ronzio sommesso, a intermittenza, progressivamente più acuto. Sovrapposizione di voci indistinte. Luce. Scenario essenziale. Un nutrito gruppo di addomesticate sul proscenio, di fronte al pubblico (le prime due file di poltroncine della platea sono ancora occupate dalle comparse della claque, ora tutte in  veste di culaxiane). Mesogene è dietro di loro.

 

Mesogene  –  (autoritario, rivolgendosi a tre addomesticate in procinto di fare dietro front) Ho detto che non dovete muovervi, per nessun motivo. Tornate ai vostri posti.  –

 

Una delle tre  –  (bloccandosi, a differenza delle altre due, le quali obbediscono) Io non mi espongo a certi rischi.  –

 

Mesogene  –  Tu sei pagata per esporti a questi rischi …  –

 

La stessa  –  … ci sono cose che valgono più di qualsiasi retribuzione.  –

 

Mesogene  –  Quali cose?  –

 

La stessa  –  Rifiutarsi di restare qui davanti mantenendo fede a sani concetti palustri, per esempio.  –

 

Mesogene  –  Non ti ho certo obbigata io a venire.  –

 

La stessa  –  Era l’unico modo che avevo per esprimere il mio dissenso.  –

 

Mesogene  –  Il solo fatto di essere qui davanti significa che sei d’accordo con noi. A loro non interessa che cosa vuoi esprimere.  –

 

Voce di Apodemo  –  A loro interessa solo che la Palude prosperi, sia senza che con le nostre ali spezzate e imputridite.  –

 

All’apparire di Apodemo, che entra seguita da una folta schiera di api addomesticate contemporaneamente all’ingresso di Pecunia ed Effodio, che entrano con altrettante selvatiche dalla quinta opposta, metà delle addomesticate che erano sul proscenio escono inorridite, in preda al panico, guidate dalla stessa che ha avuto il diverbio con Mesogene. Il Ronzio è assordante. Il caos, totale, si attenua progressivamente fino all’invasione delle culaxiane (che salgono sul palcoscenico dalle scalette poste ai lati del proscenio) armate di sputasangue. Dissolvenza. Buio. Pausa, relativamente prolungata. Canto allegro di uccellini (la stessa melodia registrata sentita all’inizio del secondo atto) Silenzio. Ancora buio.

 

Voce di Onniade  –  … l’ordine per liberare il condotto 416 è partito da Endogene, la responsabilità è sua, soltanto sua, di nessun’altra.  –

 

Voce di Mesogene  –  E’ per questo che ti sei fatta espellere dall’Arnia Reale?  –

 

Voce di Onniade  –   La mia espulsione non verrà soltanto giudicata come offensiva nei riguardi di una fedelissima, verrà anche presa in considerazione come virtù necessaria per ricoprire cariche più importanti.  –

 

Voce di Mesogene  –  Questo è ancora da vedere. Nel prossimo Consiglio Endogene dimostrerà la sua estraneità a questi fatti dichiarandosi serena e disponibile a sottoporsi alle inchieste prelminari.  –

 

Voce di Onniade  –  Secondo quanto afferma Culex invece, inchieste che risulteranno fondate sotto ogni punto di vista.  –

 

Pausa. Ronzio ridondante, continuo. Scavi ritmati.

 

Voce di Apodemo  –  (esausto) Secondo voi quanto ci vorrà ancora?  –

 

Voce di Effodio  –  (enfatico) Dovremo esserci …  –

 

Voce di Pecunia  –  (stesso tono) … si, ormai si dovrebbero intravedere …  –

 

Penombra. Nove sagome scure (dell’altezza di circa quattro metri e dal diametro di un metro, in pratica degli enormi palloncini gonfiabili trattenuti con un fermo) approssimativamente equidistanti, disposte a caso, prive di qualsiasi simmetria, che rappresentano i bulbi.

 

Voce di una selvatica  –  (entusiasta) … eccoli!Eccoli!  –

 

Poco dopo entrano le selvatiche (in numero identico alla scena precedente)  e le addomesticate (in numero inferiore) tutte esauste, ognuna con il proprio attrezzo da scavo in dotazione, comprese Pecunia, Effodio e Apodemo.

 

Pecunia  –  (a Effodio, che sta già tentando di “incidere” un bulbo bucando un palloncino) Fermati! Non abbiamo mica fatto tutta questa strada per sperare di trovarlo in un bulbo qualsiasi.  –

 

Effodio  –  (sarcastico) Forza allora … tira fuori la mappa del tesoro.   –

 

Apodemo  – (a Pecunia) Perché gli hai impedito di …  –

 

Pecunia  –  … perché ci sono troppe cose che non mi sono chiare.  –

 

Apodemo  –  Esempio?  –

 

Pecunia   –  Il comportamento di Mesogene …  –

 

Apodemo  –  … si  è attenuta agli accordi, ha pagato con la reclusione in Cella Stagna. Che altro doveva fare?  –

 

Pecunia  –  Chi ti dice che sia ancora in Cella Stagna? Chi ti dice che non ci stia spiando proprio in questo momento?  –

 

Effodio  –  (indignato) E no, mi dispiace, io non ci sto … arrivati a questo punto non possiamo più tirarci indietro, neanche se lo volessimo … ma cosa ti passa per la testa? Non capisci che potremo anche non farcela a risalire in superficie senza un minimo di nutrimento?  –

 

Pecunia  –  E’ lo stesso rischio che abbiamo corso prima di avventurarci …  –

 

Effodio  –  (furioso) … ma che ragionamento è? Perché non lo chiedi a loro (riferito sia alle selvatiche che alle addomesticate) se sono d’accordo a restare senza mangiare prima di rimetterci in cammino e ripercorrere la stessa strada che ci ha portate tutte qui seguendo un’idea che oltretutto è partita proprio da te?  –

 

Pecunia  –  Perché invece non ti chiedi che cosa potrebbe succedere se una minoranza di loro dovesse assistere alle fasi una Conversione mille volte più terrificante della Grande Conversione? Oppure preferiresti che lo assaggiassimo tutte insieme, simultaneamente?  –

 

Apodemo  –  Tu … davvero pensi che …  –

 

Pecunia  –  … io penso che abbiano pianificato tutto nei minimi particolari, dalla farsa della Manifestazione davanti al condotto 416 al nostro incontro tra virgolette segreto al Prato Verde, al solo scopo di illuderci di trovare il nettare divino naturale per poterci convertire alla sottomissione palustre una volta ingerito quel veleno.  –

 

Effodio  –  (esasperato) Che facciamo allora, dobbiamo morire di fame?  –

 

Pecunia  –  Dobbiamo invadere la Palude tutte unite, così come siamo … ora!  –

 

Reazione contraria, sia da parte delle selvatiche che da parte delle addomesticate, le quali giudicano la presa di posizione di Pecunia come folle e irresponsabile alternando ingiurie e imprecazioni.

 

Apodemo  –  (risoluto, placando gli animi) Calmatevi. Serve a nulla protestare, dobbiamo discuterne. Prima di tutto la colpa è soltanto nostra se ci troviamo in queste condizioni, dobbiamo riconoscerlo. Non avremo dovuto lasciare che il polline superfluo diventasse indispensabile, tanto per cominciare … ovviamente mi riferisco a quella parte di noi che è stata obbligata a fare simili concessioni … e comunque anche la parte di noi più ribelle ha le sue colpe, ha le sue colpe perché il disinteressamento totale ai problemi dell’Alveare non ha potuto fare altro che favorire la perfida visione palustre. Quindi è necessario approfondire ciò che pensa (riferendosi alla congettura di Pecunia) per impedire ciò che senz’altro faranno, visto che si tratta della sopravvivenza di noi tutte …  –

 

Un fuco  selvatico –  … invece di continuare a discutere all’infinito perché non cominciamo a vedere se c’è o se non c’è, visto che tanto non lo sappiamo ancora? (minacciando di bucare con la pala uno dei nove bulbi)  –

 

Apodemo  –  Fermo! Per vedere se c’è basta sentire se è vuoto o se è pieno, e nel caso ci fosse basta fare una piccola incisione, altrimenti andrebbe tutto perduto … (dopo che tutti i bulbi sono stati presi d’assalto e avendo constatato che sono quasi tutti pieni) … ora che abbiamo appurato che c’è, ed è anche in grande quantità a quanto pare, questo dovrebbe farci riflettere su ciò che …  –

 

Effodio  –  … avrebbe dovuto esserci in tutti i bulbi se ce lo avessero messo apposta, non credi?  –

 

Apodemo  –  No. Io credo invece che abbiano fatto apposta a non mettercelo in tutti i bulbi proprio per farci credere che non ce l’hanno messo loro.  –

 

Effodio  –  (esasperato, in generale) Sentite … per quel che mi riguarda  esiste un solo modo per sapere se quello che dice Pecunia è vero o è falso, e cioè ci vuole qualcuno disposto a sacrificarsi per il bene dell’Alveare.  –

 

Un altro fuco  selvatico –  Perché non la fai tu la cavia?  –

 

Un fuco addomesticato  –  Visto che lo hai proposto …  –

 

Apodemo  –  … calma, per favore … –

 

Un altro fuco addomesticato  –  (furioso) … queste cose non si possono mica risolvere con la calma … sarebbe come piantareil pungiglione senza motivo cercando di mantenerla viva, questa calma …  –

 

Pecunia  –  … Effodio ha ragione, e visto che sono stato io a portarvi tutte quaggiù, mi assumerò io il compito di …  –

 

Effodio  –  (sconcertato) … saremo costrette a sopprimerti nel caso …  –

 

Pecunia  –  (risoluto) … è deciso, evidentemente questo deve essere il mio destino.  –

 

Apodemo  –  Non esiste il destino. Perché non cerchi invece di argomentare ciò che pensi per capire perché erano tutte contrarie a invadere la Palude?  –

 

Pecunia  –  Perché io non so argomentare, perché io so soltanto che quegli insetti schifosi che hanno rovinato la vita sia a noi che che a molte altre generazioni che verranno dopo di noi non meritano altro che essere schiacciati.  –

 

Apodemo  –  Non si sconfiggeranno mai schiacciandoli, perché morti loro altri della loro  specie avranno già imparato come districarsi nel Fango. Per combattere contro di loro e riuscire a vincere ci vuole coraggio, ma non quel genere di coraggio che induce alla violenza e che quindi finirà inesorabilmente per trasformarsi in incoscienza, mi riferisco a un coraggio innato, il coraggio di chi sa che se vuole vIncere contro questi insetti deve far funzionare l’Alveare come ha sempre funzionato, prima ancora che scorresse il Grande Fiume, prima ancora che esistesse la Palude, senza curarsi dell’impopolarità di certe decisioni e senza fare alleanze con quelle che diranno di essere dalla vostra parte, ma accettando di buon grado tutto ciò che serve al funzionamento dell’Alveare anche e soprattutto se verrà proposto da quelle che diranno di essere contro di voi.  –

 

Un fuco selvatico  –  (provocatorio) Quindi ora cosa fai, lo assaggi tu?  –

 

Apodemo  –  (risoluto, avvicinandosi a un bulbo) Io sono pronto …  –

 

Effodio  –  (sprezzante, al fuco selvatico) Perché non ci provi tu? (poi, tragico, ad Apodemo, dopo averlo visto succhiare dal bulbo) Spero per te che Pecunia si sbagli.  –

 

Qualche istante dopo Apodemo è delirante : il suo ronzio è diventato improvvisamente adulatorio nei confronti degli Insetti della Palude. Nell’obbedire a un triste cenno del capo da parte di Pecunia, cinque fuchi selvatici si assumono la responsabilità di abbattere Apodemo colpendolo svariate volte con la pala. Pausa. Silenzio.

 

Pecunia  –  (autoritario) Che questi suoi ultimi pensieri possano diventare le vostre prossime azioni … che questo suo sacrificio possa renderci ancora più unite nel combattere gli entomonarchi … noi non invaderemo la Palude con la forza, perché qualsiasi pratica invasiva con la forza non potrà che generare altro Fango. Noi presidieremo i Gangli delle Larve Palustri e chiederemo di farci entrare nell’Arnia Reale, e fino a che non …  –

 

Un fuco selvatico  –  (sarcastico) … fino a che il sangue non ci imbratti le ali.  –

 

Pecunia  –  (autorevole) Proprio così. E fino a che l’ultima di noi non avrà le ali intrise di sangue noi non ci muoveremo da lì per nessuna ragione al mondo, nemmeno se l’istinto ci guidasse verso la vicina Vecchia Fontana. E così in quello stato sfileremo davanti all’Arnia Reale fino a che Endogene, o chiunque altra ricopri il suo incarico in quel dato momento, non sia costretta dalle circostanze a dover dimostrare a tutte le api la Sacra Vocazione dell’Arnia Reale per ogni singola addomesticata e ogni singola selvatica facendoci immediatamente ripulire dalle stesse culaxiane proprio nella vicina Vecchia Fontana, consentendoci così di entrare …  –

 

Un fuco addomesticato  –  … e una volta entrate, che cosa vorresti fare?  –

 

Pecunia  –  Per prima cosa ammettere tutte le nostre colpe : noi non siamo mai state in grado di presenziare l’Arnia Reale perché per noi non è mai stato importante prendersi cura della condizione e della salute delle nostre simili, e la ragione sta nel fatto che abbiamo sempre e solo pensato a star bene noi come singole api …  –

 

Un altro fuco selvatico  –  (sarcastico) … quelle che ora stanno nell’Arnia Reale invece non pensano mai a loro stesse, sono talmente altruiste che a volte fanno perfino i turni  per sostituire le Operaie libere nelle varie fasi di Impollinazione.  –

 

Pecunia  –  Lo so che non è assolutamente facile, ma è proprio per questo che dobbiamo prendere il loro posto. Ma per prendere il loro posto dovremo cominciare con il proporre di riformare il Primo Emendamento, però, per poter riformare il Primo Emendamento sarebbe necessario conoscere almeno quali sono state tutte le proposte precedenti che hanno portato all’approvazione di questo Primo Emendamento e per conoscere tutte le proposte precedenti bisognerebbe aver presenziato l’Arnia Reale per almeno mille vite, se non di più, quindi, se vogliamo prendere il loro posto, dobbiamo cancellare tutti questi buoni propositi e concentrarci esclusivamente su ciò che potrebbe rendere migliore la condizione di tutte le nostre specie all’interno dell’Alveare.  –

 

 

Un fuco addomesticato  –  Qualcuna di quelle che sono ancora nell’Arnia Reale ha tentato di farlo, ma la pressione degli entomonarchi è troppo forte perché possano mai pensare di riuscire di venirne a capo.  –

 

Pecunia  –  Le dodici responsabili dei Gangli delle Larve Palustri dipendono completamente dagli entomonarchi, questo è vero, ma è anche vero che per avere una piena responsabilità dell’Arnia Reale è necessario saper togliersi il Fango dalle ali.  –

 

Un fuco selvatico  –  (canzonatorio) Come, facendolo essiccare?  –

 

Pecunia  –  Se dovessi rispondere a questa tua domanda passerei per una addomesticata pronta ad obbedire a ciò che Crabro le avrebbe imposto di rispondere, vale a dire fingendo di denunciare qualsiasi azione mirata a promuovere lo sporcarsi le ali con il Fango in modo da apparire pulita agli occhi di tutte quelle che mai se le sporcherebbero. Se invece non dovessi risponderti, eludendo la tua domanda con abili trucchetti verbali, probabilmente avrei già le ali sporche, quindi mi limito a constatare che per saper togliersi il Fango dalle ali non basta pulirlo, bisogna farlo ridiventare acqua corrente, e per farlo ridiventare acqua corrente ci vorrebbe …  –

 

Lo stesso  –  (provocatorio) … bisognerebbe scioglierlo in un apposito acido.  –

 

Pausa carica di tensione

 

Pecunia  – Se volevi suscitare una certa reazione davanti al cadavere di un Martire della Libertà non hai centrato l’obiettivo. La smentita è stata corale. Grazie al Cielo noi siamo state educate a rispettare il dolore degli altri (mentre altri fuchi selvatici seppelliscono Apodemo coprendolo con stracci e indumenti logori che sono a ridosso della quinta di fondo prendendoli con la pala, come fosse terra).  –

 

Lo stesso  –  (giustificato) Il mio riferimento era al Fango, non al cadavere!  –

 

Pecunia  –  E per cosa è diventato cadavere, se non per il Fango che ha cercato di togliersi dalle ali? Perché si sarebbe sacrificato, se non per cercare di salvare noi dal veleno che volevano somministrarci?  (dopo una pausa) Noi non abbiamo bisogno di essere educate …  –

 

Un altro fuco selvatico  –  … ma se hai appena detto che siamo state educate a rispettare il dolore degli altri!  –

 

Pecunia  –  E lo ribadisco. Penso che sia il principio di ogni buon insegnamento. Ciò non toglie però che non abbiamo bisogno di essere educate a pensare come vorrebbero farci pensare gli entomonarchi.  –

 

 

Pausa

 

Effodio  –   Che cosa faresti per risolvere le continue emergenze dell’Alveare se fossi a capo dell’Arnia Reale nel caso non avessi più la possibilità di ripetere questa verità?  –

 

Pecunia  –  Se non avessi più la possibilità di ripetere questa verità  rischierei di essere come gli entomonarchii, quindi non penso che risulterei affidabile alla guida dell’Arnia Reale. Penso piuttosto che le continue emergenze possano limitarsi solo con una collaborazione reciproca a tutte quelle forme di …  –

 

Un fuco addomesticato  –  … quindi di risposte non ne hai?  –

 

Pecunia  –  No, io no … e voi, anche se siete a digiuno, ve la sentite di risalire?  –

 

Sipario